Se Cristo non è risorto, vuota è anche la nostra fede

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Sepolcro vuoto

L’Editoriale

Questa notte il suono delle campane delle nostre Chiese ci ha destati. Una lunga veglia, un fuoco ardente nel buio, un cero acceso per squarciare le tenebre, un canto di giubilo – il Gloria in excelsis Deo – mai così opportuno. Ed è mattino, luce piena: è Pasqua. Anche quest’anno.

È stata una notte di Veglia per la Chiesa intera e per tutti i credenti, in ogni angolo del mondo, per ripercorrere insieme le tappe che hanno dato forma e sostanza alla storia della Salvezza. Non c’è stato verso, parola o preghiera che non abbia espresso il senso di questo “vegliare”, richiamando quanto scritto nel libro dell’Esodo: “Questa sarà una notte di veglia in onore del Signore … di generazione in generazione” (Es. 12,42).

Siamo ancora in tanti a non sapere cosa sia la Pasqua. È la festa più importante per i cristiani, ma quasi il 50% della popolazione identifica il clou della memoria cristiana in altre festività religiose, in particolare nel Natale, emotivamente più coinvolgente. Sono dati frutto di ricerche statistiche, ovviamente, ma  ci offrono un’idea di quanto si stia indebolendo la cultura religiosa, pur in una nazione in cui la grande maggioranza della gente (l’85%) continua ancor oggi a dichiararsi «cattolica». È il segnale chiaro di uno sfilacciamento del tessuto religioso di un intero Paese.

Eppure il nocciolo del Cristianesimo è qui,nella Resurrezione. La Risurrezione di Cristo dai morti è la garanzia della risurrezione dei cuori dalla morte del peccato e dal male. Cristo è vivo: è presente nella Chiesa e agisce nel mondo fino alla fine dei tempi (cfr. Mt 28, 20). Cristo risuscitato dai morti è vicino a ogni uomo, contemporaneo a ogni uomo.

Mi piace ricordare, qui ed oggi, la frase lapidaria, che il curato di Torcy dice al giovane «curato di campagna» nell’omonimo romanzo di Georges Bernanos: “Il contrario di un popolo cristiano è un popolo triste”. E suonano come avvertimento tutt’altro che scontato le celebri parole di Friedrich W. Nietzsche, rivolte ai cristiani: “Se la vostra fede vi rende beati, datevi da conoscere come beati! Se la lieta novella della vostra Bibbia vi stesse scritta in faccia, non avreste bisogno di imporre così rigidamente la fede”.

Alla luce di questo, comprendiamo l’insistenza di papa Francesco: “Non fuggiamo dalla risurrezione di Gesù, non diamoci mai per vinti, accada quel che accada”.

Il messaggio evangelico non lascia spazio a dubbi: “Non è qui: è resuscitato”.

Sono parole di straordinaria bellezza per chi vive, crede e spera in una vita oltre la morte. Il silenzio, forse, è la risposta più eloquente di fronte a tanta bellezza: un silenzio per contemplare la luce che proviene dal sepolcro vuoto, un silenzio di stupore, di adorazione, di commozione. Perché, che sia Pasqua o no, ad ognuno spetta la sua resurrezione. Chiunque abbia portato una croce, ha diritto a risorgere. E non serve un miracolo. Il vero miracolo è continuare ad amare la vita, nonostante le sofferenze che ci riserva.

È sempre l’amore la chiave di ogni resurrezione. Perché l’amore vince tutto, è forte come la morte e nulla è difficile a chi ama. L’amore è bellezza, irradiamento di quella bellezza oggi celebrata nella risurrezione del Nazareno; l’amore è la radice della fede, della speranza, della preghiera, del valore della sofferenza, della bontà d’animo, della dignità dell’uomo.
Perché l’amore vince perdonando. Non la vendetta, ma il perdono è vittoria. Il perdono è l’espressione più alta dell’amore. Chi ama, perdona. Ce lo dice quel Cristo appeso ad una croce …

Una Pasqua non può essere uguale ad un’altra. Ognuna si inserisce in un momento unico e irripetibile per la storia personale e collettiva. Ognuna porta con sé una domanda ed una risposta specifica, chiede una decisione di fede o una sua verifica particolare. Il discepolo che Gesù amava ha creduto alla risurrezione osservando alcuni indizi particolari nel sepolcro. Noi dobbiamo credere basandoci sull’annuncio di coloro che Gesù ha costituito suoi testimoni. Tuttavia, il sepolcro vuoto, le apparizioni, i segni compiuti dal Nazareno sono testimonianze, ma, se manca la fede, sono lettera morta. Giovanni, sulla soglia del sepolcro, “vede e crede”. Tra il “vedere” e il “credere” non ci sono spazi vuoti, non c’è spazio per riflessioni o ragionamenti. Il “vedere” non ammette discussioni. In altre parole l’amore è sempre la strada più corta per giungere alla fede.

Se per una volta cancellassimo l’odio, se abbracciassimo con l’anima ogni colore e religione, se alzassimo bandiera bianca davanti ad ogni provocazione, se guardassimo oltre al buio dell’egoismo, potremmo vivere appieno il vero senso della Pasqua, che è fatto di pace e serenità, perché per mezzo della sua Risurrezione, Cristo è diventato la nostra pace (cfr. Ef 2, 14), il fondamento della condizione di figli di Dio, e la fraternità tra gli uomini.

Auguri a tutti, dunque. Riconciliamoci con la gioia. La Pasqua dissipi e frantumi le nostre paure mostrandoci le tristezze, le malattie, i soprusi e perfino la morte, dal versante giusto: quello del “terzo giorno”.

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