Il colpo di testa di Godìn all’81’ suona come una sentenza irrevocabile: l’Uruguay batte l’Italia con un 1-0 dai pochissimi acuti tecnici, abbastanza ascrivibile ad una classica partita tirata e avara di spunti tecnici dove le due compagini si giocavano il proprio destino mondiale. L’Italia ha fatto il gioco dell’Uruguay, esponendosi alle incursioni sudamericane soprattutto nella ripresa, specialmente dopo l’espulsione di Claudio Marchisio. Per due volte Gigi Buffon ha sbattuto la porta in faccia a Suarez, ma il portierone azzurro non ha potuto far nulla sul vantaggio, giunto per l’ennesima volta su calcio piazzato. L’episodio dell’espulsione del centrocampista juventino, misto al morso di Suarez su Chiellini non visto dall’arbitro Moreno Rodriguez, non deve però fungere da giustificazione: l’Italia, ahinoi, ha lasciato meritatamente il Mondiale. Le dimissioni di Prandelli e Abete, annunciate dopo il match, sono sintomatiche del fallimento italiano, il secondo consecutivo al Mondiale dopo l’uscita ai gironi nel 2010.
Un’identità mai raggiunta – Gli Azzurri non hanno mostrato una piena identità di gioco: Cesare Prandelli ha cambiato per tre volte gli interpreti dell’undici iniziale e, nell’ultima partita contro l’Uruguay, ha snaturato il suo primario principio dell’unica punta. La coabitazione tra Mario Balotelli e Ciro Immobile, seppur per soli 45 minuti, è apparsa difficile per ovvi motivi di poco affiatamento tra la nuova punta del Borussia Dortmund e “Super-Mario”, ancora sul banco degli imputati per l’assenza ingiustificata dalle parti di Muslera. L’impianto di gioco italiano non è mai apparso illuminante nelle tre partite di questo mondiale: se l’unica punta con un centrocampo folto è bastata a domare la nazionale inglese (a sua volta intenta a giocare a viso aperto nell’esordio mondiale), la soluzione è sembrata improbabile nella partita con il Costa Rica, vero scivolone di questo mondiale. Contro i Ticos, Prandelli ha dimostrato di avere troppa paura dell’avversario, rinunciando a Verratti per Thiago Motta e non inserendo una seconda punta, lasciando Mario Balotelli da solo contro i tre centrali costaricensi. Il match di ieri ha visto poi l’ennesimo cambiamento di pelle, con un Ital-Juve schieratasi con il 3-5-2 basato sull’intero assetto arretrato della Juventus Campione d’Italia ma annebbiata in Europa. Tutto questo disordine di moduli e interpreti non ha potuto dare benefici alla causa italiana, con la Nazionale mandata sull’aereo del ritorno dalla capocciata di Godìn, uomo decisivo nei match importanti dopo il gol nello scontro che ha dato la Liga all’Atletico Madrid e la segnatura dell’illusione dei colchoneros nella finale di Champions League.
Morsi e “rossi” – Una svolta importante del match di ieri è stata al minuto 59, quando Marchisio, entrato in ritardo su Arevalo Rios, è stato punito dall’arbitro Rodriguez con il cartellino rosso. L’entrata del “Principino” juventino sull’ex palermitano, brutta e in ritardo, ha contornato una prova, quella dello juventino, certamente insufficiente per intensità e precisione in fase di passaggio. Le proteste italiane, all’apparenza giustificate anche data l’importanza della partita, riflettono quella piega sempre ripresa nelle apparizioni europee dei calciatori italiani: il metro di giudizio in campo internazionale è diverso dalle consuetudini arbitrali della Serie A italiana. A rafforzamento di questo concetto c’è anche una situazione fotocopia vissuta lunedì sera: un intervento simile del croato Ante Rebic sul messicano Carlos Pena è stato sanzionato dall’arbitro con il cartellino rosso. Un altro episodio che ha fatto andare su tutte le furie gli azzurri è stato il morso di Luis Suarez a Giorgio Chiellini in un contatto d’area in conclusione di match. Il deplorevole gesto, non notato dal fischietto messicano, non è una novità per il forte attaccante del Liverpool, ora passibile di prova TV. Nel 2010, con indosso la maglia dell’Ajax, l’uruguagio addentò Bakkal, allora centrocampista del PSV Eindhoven, e si prese 7 giornate di squalifica. Lezione sufficiente? Ma anche no. Anche nella Premier League, precisamente in un Liverpool-Chelsea della stagione 2012-2013, Suarez morse il difensore dei Blues Ivanovic e si prese 10 giornate di squalifica. Stando ai precedenti, si può dire che c’è qualche probabilità che il mondiale di Suarez si rivelerà già finito prima dell’ottavo di finale tra la Celeste e la Colombia.
Partita persa anche sulla scacchiera – Lo spareggio di ieri con l’Uruguay è stato, purtroppo, letto male da Cesare Prandelli. Il tecnico di Orzinuovi ha optato per l’inserimento di Parolo per sostituire il claudicante Balotelli, acciaccato dopo lo 0-0 dei primi 45’. La carta Parolo, nonostante la bella partita per quantità del centrocampista in forza al Parma, è apparsa un segnale chiaro di chiusura in difesa già dopo il primo tempo. Un’Italia chiusa in difesa per l’intera durata della ripresa ha fatto il gioco dell’Uruguay di Tabarez, accorto nei primi 45’ e pronto a giocarsi il tutto per tutto nella ripresa. La solitudine cronica nella quale si è trovato Ciro Immobile è stata sintomatica di un credo tattico, quello di Prandelli, finalizzato alla difesa strenua del pareggio. Il capocannoniere dell’ultima Serie A ha corso come un matto lungo tutto il fronte offensivo e ha dovuto lasciare il campo al 71’ perché non aveva più birra nelle gambe. La sostituzione di Ciro Immobile è stata l’altro cambio discutibile: Prandelli ha inserito Cassano per mantenere il possesso del pallone a centrocampo quando sarebbe stata più proficua una soluzione dal passo facile come Cerci o Insigne, soluzione che si sarebbe rivelata importante anche nel disperato forcing finale dopo il vantaggio di Godìn, per giunta arrivato anche dopo il terzo cambio italiano (Thiago Motta per il bravissimo Verratti). In questo contesto di pochezza tecnico-tattica, il nome di Florenzi, centrocampista con il vizio del gol e con tantissima quantità da apportare alla squadra, riecheggia forte nelle orecchie degli addetti ai lavori. In più, le condizioni fisiche di “Pepito” Rossi erano peggiori di quelle di Cassano? Domenico Criscito è definitivamente tagliato fuori dal gruppo azzurro? Sarebbe stato il caso pensare a una naturalizzazione di Jonathan, tra i migliori terzini della Serie A? Dalle risposte a questi interrogativi, e dai giovani rampanti dei settori giovanili in progetti a lungo termine, deve ripartire la nostra Nazionale, a oggi senza vertice e senza allenatore.
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