Lecce – Nella provincia di Lecce ci si ammala troppo di cancro, così come dimostrano i dati resi dalla Lilt (Lega Italiana per la lotta ai tumori), aggiornati al 2011 e pubblicati sulla rivista dell’associazione. Nell’ultimo ventennio (dagli anni 90 fino al 2011) c’è stato un sensibile incremento, pari al 38%, della mortalità per cancro, tanto che è la provincia di Lecce a detenere questo poco invidiabile primato nazionale.
Nel solo 2011 sono 2.200 i decessi per cancro nella provincia salentina. Le nuove emergenze riguardano il polmone e la vescica.”Siamo aggrediti da agenti tossici provenienti dai rifiuti interrati nelle discariche, – è scritto nella nota -dai fumi di Cerano/Ilva e dalle tante ciminiere illegali presenti nel territorio, dai veleni presenti nei terreni agricoli che finiscono in falda”. Pertanto, oltre alle direttrici dell’inquinamento industriale, da sempre concause del danno ambientale e della salute dei cittadini, si è aggiunta, sin dalla fine dello scorso anno, quella dei rifiuti tossici, prima probabilmente, poi sicuramente tombati nel salento. Tra ottobre e novembre del 2013, la notizia di rifiuti tossici interrati sui nostri territori ha cominciato a circolare, dopo che il segreto istruttorio relativo agli atti della Commissione Parlamentare Antimafia sulle dichiarazioni rilasciate da uno dei pentiti del clan dei casalesi non è stato più tale. Il salento e il brindisino infatti venivano indicati come territori “infettati”, per usare lo stesso termine del collaboratore di giustizia Carmine Schiavone nelle deposizioni dinanzi alla Commissione parlamentare d’inchiesta nel 1997, dai rifiuti tossici interrati dalla camorra che, negli anni ’90, si sarebbe messa in affari con la Scu per il tramite del fasanese, Giuseppe D’Onofrio, alias Bicicletta e del leccese, Lucio Di Donna. Dei traffici di droga, armi e sigarette si sapeva. Che la Scu s’interessasse anche alle scorie provenienti dal nord Italia e dal resto d’Europa, invece, è stato un particolare del tutto nuovo, emerso dopo che è caduto il segreto sugli atti di 16 anni fa. Rifiuti chimici, ospedalieri, farmaceutici e fanghi termonucleari, stando a quanto sostiene lo stesso Schiavone, cugino del più noto Francesco detto “Sandokan”. Parole, quelle del pentito Schiavone, che poi i fatti hanno certificato essere corrispondenti alla realtà, tratteggiando uno scenario inquietante: anche in Puglia, oltre che per i veleni industriali, forse si muore a causa dei fusti tossici interrati, in aperta campagna o nelle discariche autorizzate come in Campania, dalle organizzazioni criminali associate. Le informazioni del pentito Schiavone, in un primo momento, sono state giudicate dalla Procura di Lecce troppo generiche e troppo datate, poiché riferite a diversi anni prima e prive di indicazioni precise su smaltimenti illeciti nel Salento, inutilizzabili già all’epoca; tanto che, ancorché secretati,gli atti della Commissione parlamentare antimafia, contenenti le rivelazioni dell’ex cassiere dei Casalesi, non sono mai stati inviati a Lecce. Mentre da Lecce si considerava chiuso il capitolo rifiuti, i magistrati della Procura di Bari adottavano un comportamento diametralmente opposto, con una motivazione precisa: “Non ci sono concrete evidenze di un rischio per la salute dei cittadini pugliesi, ma abbiamo il dovere di dare una risposta certa sullo stato di salute della regione”, argomentò il pm barese Pasquale Drago. Sulle indicazioni fornite, invece, nel 2005 dal collaboratore di giustizia Galati, si è innescato un meccanismo che ancor oggi sembra non sia ancora giunto a conclusione. Nel 2004, l’ex malavitoso confessò di aver sotterrato nel comune di Supersano scarti di un’azienda del settore della produzione e cromatura per scarpe e fibbie. Parole poi effettivamente “riscontrate” attraverso il sistema Mivis a raggi infrarossi, come sostenuto dallo stesso Motta nel 2008 di fronte alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Da allora non se ne è saputo più nulla fino a fine 2013. L’appello della magistratura di stare tranquilli ai salentini non è affatto bastato. Sono nati comitati, si sono svolti incontri, fiaccolate, sono venuti a galla nuovi sospetti, ricostruiti dalla stampa. Si è fatto rumore, fino ad arrivare alla pubblicazione on line sul sito diBeppe Grillo delle mappe dei luoghi in cui Galati avrebbe ‘tombato’ i rifiuti. “Siti già bonificati”, si è detto all’ inizio secondo il Procuratore Capo, ma ciò è sembrato quantomeno anomalo visto che operazioni di risanamento ambientale non risultavano e non risultano al Comune di Supersano, indicato nelle dichiarazioni del Galati, se non in una semplice ex discarica di rifiuti solidi urbani. L’avvio di nuovi controlli è diventato inevitabile. Motta lo ha riconosciuto a suo tempo rilasciando la seguente dichiarazione “Quanto fatto avrebbe già dovuto rasserenare, ma credo che un accertamento ulteriore possa dare maggioretranquillitàai cittadini. Oggi esiste una strumentazione più precisa di quella impiegata all’epoca, nel 2004. Così potremo appurare eventuali allarmi, evitando che si trasformino in panico”. Al posto del sistema Mivis, che rileva semplici anomalie sui terreni, ne verrà impiegato uno di aerofotomagnetometria, installato sugli elicotteri in uso al Corpo Forestale dello Stato, ai carabinieri del Noe e alla Guardia di Finanza, le tre forze di polizia giudiziaria delegate alle indagini. In questo modo, si potrà rilevare la presenza sotto terra di eventualifusti metallici. “Non riapriremo processi già definiti, ma verificheremo eventuali interramenti sulla base di notizie di reato derivanti da fonti giornalistiche o da segnalazioni di amministrazioni comunali”. Dopo la pubblicazione delle mappe secretate da parte del senatore Buccarella del Movimento cinque stelle nei mesi che vanno da novembre ad oggi l’inchiesta ha letteralmente preso il volo, avvitandosi letteralmente in una ridda di conferme e di smentite, ma alla fine ciò che forse non doveva essere conosciuto per non generare allarmismo è venuto fuori in maniera inaspettata, basta guardare la cronologia degli avvenimenti succedutisi con una trama che neanche il grande Hitchcock avrebbe lontanamente potuto immaginare.
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I siti al vaglio della magistratura, oltre a Supersano, sono ormai tanti, Alessano, Tricase, ed a macchia d’olio in tutto il capo di Leuca. Non vi è giorno o quasi di cui non si abbia notizia di nuovi filoni di inchiesta che coinvolgono un pezzo di questa terra. Questo è quello per sommi capi ciò che riguarda il capitolo rifiuti tossici, sicuramente causa insieme all’inquinamento industriale, del moltiplicarsi delle morti a causa di carcinomi. In una nota della LILT apprendiamo che “Diversamente da quanto sta avvenendo in tutto l’Occidente sviluppato e negli USA, dove già da circa un decennio la mortalità per cancro è in diminuzione, nel sud Italia si registra una pericolosa controtendenza, tale da portare ormai i tassi di mortalità molto vicini a quelli del nord. In questo modo, in circa un ventennio, il sud Italia ha visto vanificarsi quel gap virtuoso di circa il 20-25 % che differenziava la mortalità per cancro al sud rispetto al nord Italia. Abbiamo voluto aggiornare le nostre tabelle di mortalità, utilizzando i dati ISTAT disponibili fino al 2008. Siamo consapevoli dei limiti tecnici del dato sulla mortalità. L’incidenza, che si utilizza invece nei registri di popolazione, fotografa il fenomeno cancro sicuramente meglio, includendo anche tutti i casi di pazienti guariti e che oggi arrivano a rappresentare il 45-50 % di coloro che si ammalano. Pur tuttavia, in mancanza di dati sull’incidenza spalmati su un periodo di tempo sufficientemente lungo (il Registro Tumori di Lecce è attivo solo da pochi anni), siamo dell’avviso, in accordo con tante altre scuole di epidemiologia e statistica medica, che il dato di mortalità, se adeguatamente studiato e contestualizzato su un lungo periodo di tempo, reso omogeneo da una fonte di dati costante e ben strutturata, quale può essere l’ISTAT, pur con tutti i limiti insiti nel sistema di raccolta dati (sottostimati), possa rappresentare un semplice e poco costoso sistema di indagine, in grado di fornire un quadro d’insieme sulla evoluzione del fenomeno oggetto di studio. Per questo, da circa un ventennio, la LILT di Lecce ha continuato a “monitorare” la mortalità per cancro in provincia di Lecce, rapportandola a quella di altre province pugliesi, della stessa regione Puglia, di altre regione del nord, del centro e dell’Italia in generale. Questo ci ha permesso di osservare le diverse tendenze di evoluzione del fenomeno cancro e di lanciare qualche allarme in maniera tempestiva e documentata. E non ci è stato difficile, sulla base delle esperienze storiche maturate 30-40 anni prima in altre regioni del mondo civilizzato, puntare il dito sulla grave esplosione dell’incidenza della malattia, tanto grave da annullare quasi del tutto i faticosi successi ottenuti dalla medicina oncologica negli ultimi anni.
È l’incidenza con il suo drammatico aumento la responsabile del sempre crescente numero di morti per cancro al sud. In pratica, si ammala sempre più gente di quanta non si riesca a guarire. Quanto avviene nelle nostre regioni era già avvenuto 20-30 anni fa in nord Europa e negli USA. E, come dice l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), laddove la mortalità per cancro è diminuita, questo risultato è avvenuto semplicemente perché l’incidenza si era ridotta (vedi il caso del polmone in Inghilterra ed altrove !). I dati disponibili continuano a dirci che per vincere il cancro non basta investire sempre più risorse in un efficiente sistema di servizi (pure indispensabili, per offrire le migliori opportunità di cura a chi ha avuto la sfortuna di ammalarsi), ma occorre agire con determinazione sui fattori di rischio e sulle cause di malattia, che sono alla base dell’aumento dell’incidenza. Laddove simile coscienza è maturata da tempo e si sono rivoluzionati errati modelli di sviluppo socio-economico, oggi si registrano straordinari risultati in termini di riduzione di mortalità per cancro (Europa occidentale, USA, nord Italia). I numeri ammoniscono noi del sud a tenere presente quanto è già avvenuto altrove qualche decennio fa e a trarne la giusta lezione.” Non è nostro compito dispensare ricette, fare proclami o generare falsi allarmismi. Nostro compito è quello di informare con riscontri oggettivi sulla reale situazione della terra del “Lu sule, lu mare, lu ientu” e purtroppo anche molto altro. Essere attenti a quanto succede nel nostro territorio non è un diritto da esercitare in maniera estemporanea, ma continuamente senza strumentalizzazioni di parte, che svilirebbero qualsiasi forma di lotta contro i continui abusi cui siamo sottoposti inconsapevolmente.
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