Ci apprestiamo a festeggiare il secondo anno! Il viaggio continua e l’embrione sul quale abbiamo costruito il nostro progetto, sta diventando uno splendido fanciullo.
Il numero dei visitatori aumenta ogni giorno e questo ci dà la carica per fare sempre meglio. Un successo che dobbiamo principalmente ai lettori, che hanno apprezzato la nostra voglia di fare approfondimento e non solo informazione, che hanno saputo rendere reali gli incontri annunciati virtualmente.
La rassegna “Mi racconti un libro?” è diventata fiore all’occhiello della nostra linea editoriale ma, come sempre, vogliamo volgere lo sguardo al futuro. Ciò che è stato non è meta ma trampolino di lancio verso un’offerta sempre più ricca e analitica per voi.
Facciamo giornalismo in un’epoca complicata. I motivi sono tanti. Il più difficile da superare è la morsa della crisi economica che miete vittime ogni giorno (e non solo in senso figurato purtroppo). Continuiamo a resistere mossi dalla profonda passione, convinti che il giornalismo sia un mestiere “diverso” con un potere sociale forte che non dobbiamo mai sottovalutare. Abbiamo tra le mani uno strumento potentissimo che ci permetterebbe di “tenere per la gola” politici, amministratori, imprenditori, mafiosi, terroristi. Invece questo affascinante mestiere è sempre più svilito da un insano clientelismo, logorato da leccapiedi, guidato dall’ipocrisia.
L’ipocrisia: il cancro del nostro Bel Paese che ha raggiunto il guinnes dei primati grazie (o per colpa) agli ultimi avvenimenti.
Charlie Hebdo non sapevamo neanche cosa fosse, da una settimana invece siamo tutti francesi. E non parlo del fatto di cronaca in sé, tale barbarie farebbe gelare il sangue a chiunque. Parlo di come noi italiani sappiamo reagire al terrorismo, quello che colpisce gli altri però.
Il giorno dopo eravamo tutti Charlie, potevamo tatuarcelo in fronte. Se la collega di scrivania però è palesemente vittima di mobbing, facciamo spallucce. Se il vicino di casa imprenditore strozzato dallo Stato si arrampica sul balcone per farla finita, al massimo ci facciamo un selfie col suicidia.
L’Italia è il Paese che il giorno prima è Charlie e il giorno dopo guarda commosso le immagini dell’ultimo saluto di Re Giorgio Napolitano, che lo ringrazia (delle fantasiose bestemmie che è riuscito a tirarci fuori a cena).
Che tristezza. Il terrorismo con i kalashnikov non ci fa paura, a quello che lentamente distrugge la nostra Costituzione ci pieghiamo come foglie al vento. Per difendere la legittimità del nostro voto (perché abbiamo ancora il diritto al voto) non ci appendiamo alcun cartello con su scritto “je suis un elettore”. Intanto sparano sulla nostra Costituzione, a suon di giacca e cravatta, il resto dell’Europa non scende in piazza per noi, al massimo ci ride dietro.
Il morbo malefico di questa ipocrisia si diffonde tramite le testate giornalistiche. Quelle che potrebbero “tenere per la gola” i politici, si prostrano per un finanziamento in più. La crisi economica? No, un sistema malato che va avanti da decenni, anche quando qualche soldo girava.
Noi non siamo Charlie, noi siamo Paisemiu.com e ci proviamo con le unghie e con i denti a difendere la nostra indipendenza. Nel nostro piccolo, tra i nostri confini geografici, ci impegniamo a non essere lacchè ma portavoce di chi voce ne ha poca.
In questi due anni vi abbiamo raccontato di cronaca, politica, economia ma soprattutto di cultura. Per farlo vi abbiamo tirato per la giacchetta e trascinato in piazza, a teatro, in ogni luogo dove si potesse parlare di libri. Lo abbiamo fatto convinti che solo e soltanto la cultura ci potrà liberare dalle catene dell’ipocrisia.
Vogliamo evitarvi la brutta figura di essere Charlie e di non essere stati Grillo o Luttazzi.
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