E tu faresti il “Chicken sexers”? (2)

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Chicken sexersIn un periodo in cui si parla tanto di crisi e disoccupazione a livello mondiale è singolare apprendere dai media  che esistono “lavori che nessuno vuole fare”.

Stiamo parlando del “Chicken sexers”, ossia di colui il quale passa le giornate (esattamente 12 ore al giorno) a selezionare maschi e femmine tra decine di migliaia di teneri pulcini negli allevamenti delle galline ovaiole. Siamo in Gran Bretagna e, il settore avicolo, a causa della carenza di candidati in questo ramo, fatica ad andare avanti nonostante si offra ai più “coraggiosi” uno stipendio di ben 55mila euro l’anno.

È, dunque, un lavoro che nessuno vuole fare e, chi lo fa, si vergogna a dirlo. Ma perché?

È umiliante dire in giro che il proprio mestiere è quello di guardare  i genitali di ogni pulcino per stabilire se si tratterà di un gallo o una gallina o piuttosto è una triste realtà quella di dover “lanciare” in un tritacarne  i pulcini maschi, in quanto non saranno futuri produttori di uova?

Dal punto di vista etico-filosofico la “questione animale” in chiave moderna è stata sollevata dal libro di Peter Singer, Animal liberation; la discussione è poi continuata, e continua tuttora, attraverso centinaia di articoli e libri nonché numerosi convegni sull’argomento. Vi sono due impostazioni principali del problema della tutela morale e giuridica degli animali. L’una, di stampo utilitaristico e consequenzialista, è basata sulla considerazione delle conseguenze delle azioni in termini di piacere e di pena, e quindi è rivolta soprattutto a dimostrare che esiste il dovere di non infliggere sofferenze, non solo all’uomo ma a qualsiasi altra creatura sensibile. L’altra è incentrata invece sull’affermazione dell’esistenza di veri e propri diritti naturali di tutti gli esseri viventi.
Il grosso scoglio da superare per permettere agli animali di entrare a pieno titolo nel regno dell’etica è rappresentato tradizionalmente dalla concezione cartesiana dell’animale-macchina. Contro Cartesio è ormai facile osservare, sulla base delle innumerevoli prove fornite dagli etologi, che gli animali, o quantomeno gli animali superiori, possiedono consapevolezza.

Tale concezione è stata chiamata “tesi della crudeltà”, ed è tuttora molto diffusa. È pur vero che essa concede un qualche rilievo morale agli animali: tuttavia viene considerata poco ‘garantista’ nei loro confronti. Infatti non è detto che sempre, necessariamente, essere crudeli verso gli animali comporti il diventarlo anche con gli esseri umani. Nella maggior parte dei casi si riesce facilmente a stabilire a livello psicologico una distinzione tra ciò che si compie nell’esercizio di una certa attività e nei confronti di una categoria di esseri da ciò che si compie invece all’interno di altri rapporti.

Chicken sexers 2La linea che divide gli esseri che sono degni direttamente, per loro stessi, di considerazione morale da quelli che non lo sono, non passa attraverso la ragione o la capacità di parlare. Se così fosse, allora anche numerosi esseri umani dovrebbero venire esclusi: i neonati, i cerebrolesi, i matti. Si tratta dell’argomento cosiddetto ‘dei casi marginali’, molto usato nel dibattito animalista contemporaneo.

Sarebbe d’altronde tautologico affermare che gli umani marginali sono comunque soggetti morali in quanto esseri umani: ciò che si deve individuare è appunto la caratteristica che rende gli uomini soggetti morali. Bisogna stare attenti a non cadere nello specismo, ovvero nella discriminazione in base alla specie di appartenenza (così come il razzismo è la discriminazione in base alla razza di appartenenza e il sessismo quella in base al sesso). Affermare che solo gli esseri umani sono degni di considerazione morale in quanto esseri umani, è la stessa cosa che affermare che i bianchi sono superiori ai neri in quanto bianchi, o gli uomini superiori alle donne in quanto uomini.

Fin qui si è parlato soltanto di doveri: un problema ulteriore consiste nel chiedersi se gli animali possiedano anche dei veri e propri diritti. Secondo la prospettiva che abbiamo per brevità chiamata utilitaristica o per meglio dire consequenzialista, i diritti non sono se non l’altra faccia dei doveri. Se esiste il dovere di non far soffrire gli esseri sensibili, si può dire che essi hanno il diritto di non patire sofferenze causate da altri. In altri termini, con la parola ‘diritti’ non ci si riferisce a realtà o qualità oggettive, preesistenti ai doveri, bensì vengono indicati quei trattamenti che determinati soggetti, uomini e animali o più in generale tutti gli esseri forniti di sensibilità, dovrebbero ricevere sulla base del principio etico fondamentale che impone di non causare sofferenza.
Esiste però anche una prospettiva di stampo giusnaturalistico, il cui massimo rappresentante è l’americano Tom Regan. Secondo questo autore tutti gli esseri viventi e sensibili hanno un valore intrinseco, che come tale va rispettato in maniera assoluta e da cui deriva una serie di diritti fondamentali, naturali e inalienabili: alla vita, al rispetto, alla non sofferenza, alla libertà. Sottovalutati.

È tuttavia necessario gettare un ponte tra le diverse specie, soprattutto in considerazione del fatto, di cui troppo spesso ci si scorda, che tra l’uomo e gli altri animali oltre ai rapporti di conflitto sono sempre esistiti anche quelli di cooperazione. La salvezza dell’uomo è legata a quella delle altre specie e va vista come inserita nella biosfera, nell’ecosistema globale. “Nessuna specie è un’isola”.
Non bisogna dimenticare infatti che stiamo assistendo nel mondo contemporaneo e all’interno della nostra civiltà al fenomeno della sensibilità in espansione: si sta verificando un progressivo allargarsi della coscienza morale che ci spinge a uscire non solo dai confini della nostra etnia o razza, ma anche da quelli della nostra specie, fino ad abbracciare tutti gli esseri viventi, animali, piante e la natura in genere.  

Gli argomenti, le tematiche e le teorie su ciò che concerne il rapporto uomo-natura-animali sono talmente tante e contrapposte che non sarebbe possibile citarle tutte, ma ovviamente si lascia a tutti i lettori la facoltà di dire il proprio parere e avere argomenti su cui fermarsi a riflettere.

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