E’ stato presentato oggi a Palazzo Carafa il “Centro di accoglienza per persone senza fissa dimora”. Si tratta dell’ex Masseria Ghermi, confiscata alla Sacra Corona Unita
Lecce – E’ stato presentato oggi a Palazzo Carafa il “Centro di accoglienza per persone senza fissa dimora: progetto Koinè”. Il progetto – reso possibile grazie ai fondi previsti del Pon Sicurezza 2007-2013 – ha posto l’attenzione sul recupero di una masseria abbandonata (Masseria Ghermi) e del relativo terreno circostante, da destinare a una struttura di accoglienza per persone senza dimora e per ex-detenuti avviati a un percorso di inserimento sociale.
L’immobile fa parte dei beni confiscati alla mafia trasferiti dall’Agenzia del Demanio al patrimonio indisponibile del Comune di Lecce. La struttura si trova atta fine di via Adriatica, sulla traversa per Surbo, ubicata a pochi chilometri da Lecce. È composta da un terreno di quasi 30.000 metri quadrati sul quale erano presenti tre fabbricati in totale stato di abbandono. Non si tratta di una masseria agricola vera e propria ma solo di alcuni ruderi risalenti agli anni 80 che si affacciano su tre enormi piazzali di cemento. La proprietà era finalizzata alla produzione artigianale di mattoni forati di calcestruzzo; era di proprietà di Angelo Vincenti, il boss della Scu di Surbo che viene ritenuto il mandante dell’ordigno al treno Lecce-Zurigo. Il 5 gennaio 1992 una bomba posta su un cavalcavia ferroviario esplose pochi minuti dopo il passaggio del treno per Zurigo, con più di 700 passeggeri a bordo.
L’obiettivo del progetto è quello raggiungere una serie di risultati: soccorrere concretamente chi si trova in grave stato di bisogno e lotta quotidianamente per sopravvivere all’indigenza e alla precarietà; rendere fruibile un edificio confiscato alla criminalità organizzata per destinarlo ad un uso di benessere sociale; promuovere un’alternativa alle logiche mafiose che possa passare attraverso un’azione di riconquista del territorio e di creazione di una cultura condivisa della legalità; contribuire a spezzare il circuiti economici della mafia riappropriandosi delle risorse che sono state sottratte alla collettività attraverso pratiche illegali; innescare processi di sviluppo sul territorio che partano dal concetto di utilizzo di un bene comune secondo percorsi di legalità; assicurare il graduale reinserimento nella vita produttiva dei soggetti già sottoposti al regime carcerario e/o a misure alternative alla detenzione; sottrarre dal rischio di reclutamento da parte delle organizzazioni criminali i soggetti che versano in grave stato di indigenza e disperato bisogno; trasmettere la convinzione che una città più solidale è anche una città più sicura.
All’iniziativa hanno preso parte il sindaco Paolo Perrone, gli assessori Gaetano Messuti (Lavori Pubblici) e Carmen Tessitore (Servizi Sociali) e il dirigente Maurizio Guido.