Lecce – A Lecce, Lo.ft – Locali fotografici ospiterà dall’8 al 22 dicembre, la personale di Robert Herman intitolata “The Phone Book solo exhibition”. Curata da Roberta Fuorvia, la mostra presenta – per la prima volta in Italia – un’accurata selezione di 30 immagini a colori realizzate con l’iPhone e tratte dal libro “The Phone Book”, pubblicato ad ottobre 2015 da Schiffer Publishing.
Le foto documentano l’evoluzione di stile di Robert Herman, che utilizzando un iPhone, riesce a muoversi celermente nelle città per cogliere la vivacità e l’essenza dei luoghi visitati in giro per il mondo. In ogni foto sono indicati luogo, data, ora, latitudine e longitudine. È un modo questo per attribuire una propria identità alle immagini e per “tracciare una mappa del mondo fatta di luci e colori, di eccitazione e trasparenza, di illusioni e speranze”.
Robert Herman inizia la sua carriera come street photographer al termine degli anni ’70,quando, “armato” di una Nikon F, comincia ad esplorare New York ed i suoi quartieri più caratteristici, migliorando negli anni la sua tecnica. Le foto su pellicola a colori Kodachrome scattate a New York dal 1978 al 2005 sono raccolte nella sua prima monografia “The New Yorkers” e testimoniano come la città abbia subito negli anni importanti cambiamenti, fino a diventare la metropoli spettacolare che conosciamo oggi.
La sua seconda pubblicazione, dalla quale è tratta la mostra, si intitola “The Phone Book” e raccoglie oltre 120 fotografie scattate da Herman tra il 2000 e il 2015 durante il suo peregrinare in giro per il mondo. Considerato uno dei primi libri fotografici interamente realizzati con Hipstamatic – una delle migliori app di fotografia per iPhone – , accompagna l’osservatore in un viaggio emozionale da Napoli a Bilbao, da Johannesburg a New York .
“Tra le fotografie esposte ci sono alcuni scatti inediti considerati dall’autore non adatti, per ragioni editoriali, alla pubblicazione ma meritevoli di un posto all’interno della mostra. Questa scelta è stata pensata e voluta per due ragioni. La prima: “riabilitare” alcuni “scarti” dell’autore offrendo al pubblico immagini di cui non avrebbe potuto altrimenti godere; la seconda, più prettamente tecnica: il processo di editing delle immagini destinate ad un libro fotografico è ben diverso da quello dell’allestimento di una mostra fotografica e spesso le ‘pause’ ed i ‘respiri’ impiegati nel contesto di uno spazio espositivo differiscono da quelli necessari all’interno dell’ “oggetto libro”. (Dal testo critico di Roberta Fuorvia)