In questi ultimi anni si fa un gran parlare del Salento; è come se a un tratto si fossero accesi i riflettori e, nel bene e nel male, ci siamo ritrovati ad essere proiettati sulla ribalta nazionale e non solo. Così è iniziato un vero e proprio processo di riscoperta e riqualificazione non solo del territorio ma anche della nostra cultura e delle nostre tradizioni più care; anche noi, che questa terra crediamo di conoscerla bene, alcune volte, rimaniamo sorpresi e incantati dalla sua peculiare bellezza che si racchiude nei monumenti, nelle piazze, nei paesaggi mozzafiato, narrata e cantata con amore e passione da quegli artisti che, con il loro talento, hanno racchiuso in una frase, in un verso l’essenza stessa che da sempre la anima.
Venerdì scorso a Squinzano, abbiamo avuto il piacere di incontrare e ascoltare Mino De Santis, un artista come pochi che, al di là della pizzica, con le sue canzoni, ha trovato un modo nuovo di cantare il Salento, facendo rivivere un mondo a noi vicino e caro, carico di giocosa ironia che diventa mordace descrizione di situazioni e personaggi che, almeno una volta nella vita, abbiamo incrociato. “Fondamentalmente nelle mie canzoni racconto di esperienze personali – ci spiega, riferendosi ai testi delle canzoni – Quindi le ho pensate e scritte con l’idea di parlare di me e del piccolo mondo che mi circondava. Invece poi ho scoperto che, senza accorgermene, ho espresso sensazioni, idee, ricordi comuni, in qualche modo generazionali, e questa cosa mi ha fatto molto piacere”.
Se pensiamo alla musica e al Salento pensiamo subito alla pizzica, ma Mino ha dimostrato che c’è un modo altrettanto magico e coinvolgente che riesce a esprimere il valore intrinseco di noi salentini. “Ci sono tanti autori e gruppi musicali eccellenti che suonano e cantano la pizzica. E poi è un genere musicale che ho sempre amato solo ascoltare. Io ho pensato di fare qualcosa di diverso. Quando scrivo divento un osservatore, uno spettatore di ciò che mi circonda e accade; sforzandomi di non perdere in spontaneità e originalità, esprimo quello che sento, per come sono capace, con i miei limiti e i miei pregi, sforzandomi di sfuggire a facili cliché e luoghi comuni; poi se arriva, arriva se no pazienza”.
Ma proporre qualcosa di nuovo non è tanto facile, può capitare di incontrare una certa resistenza ad essere accettati da parte degli altri artisti. “All’inizio mi guardavano con diffidenza – ci conferma – C’è una categoria di puristi della tradizione per cui tutto ciò che se ne discosta è visto con sospetto. In seguito però credo che mi abbiano capito. Inoltre ho avuto l’onore e il piacere di collaborare con grandi artisti quali Nando Popu a cui voglio bene non solo come artista ma anche come persona e Dario Muci, un vero cultore della tradizione, che ha in qualche modo accettato di fare delle cose con me”.
Nel modo di fare musica di Mino si sente riecheggiare un grande della musica italiana scomparso ahimè troppo presto. “Io non amo questi paragoni perché non ho nessuna pretesa di paragonarmi a De Andrè – mette subito in chiaro – In ogni caso credo che tutti abbiamo dei punti di riferimento; poi chiaramente ognuno ci mette il suo valore aggiunto che è la sua sensibilità, la sua esperienza, la sua capacità di mettere giù dei versi, di cantare e suonare”.
Bisogna osare quindi, imparare a seguire la propria ispirazione, senza paura uscire dal convenzionale, per trovare la propria dimensione artistica, un personale modo di esprimere la propria musica avvalendosi anche del dialetto se serve. “Ci sono alcune canzoni che non possono essere cantate in italiano. Ho scritto la canzone Salento che, se cantata in italiano, perderebbe senso e significato. Però francamente non è un problema che mi pongo quello della lingua, può capitare che una canzone scritta in italiano abbia delle sfumature dialettali e viceversa. Non lo vedo come un limite, l’importante è che arrivi il messaggio”.
E, a giudicare dal pubblico della serata, il messaggio è arrivato forte e chiaro. È bello vedere l’entusiasmo e la gioia dei fan di Mino De Santis che non si sono lasciati sfuggire questo appuntamento squinzanese. Prima di salutarlo gli chiediamo dei progetti futuri. “Al momento stiamo registrando il prossimo CD che uscirà in primavera – Ci dice carico di entusiasmo – Le canzoni le ho scritte di getto, cogliendo al volo l’ispirazione. Inoltre per questo CD posso contare su delle collaborazioni preziose, come quella di Marcello Zappatore e Stefano Rielli. Questa volta oltre la chitarra ci sono altri strumenti come l’arpa, il mandolino, la fisarmonica e il contrabbasso”. Non aggiunge altro al riguardo, ma indubbiamente l’attesa per questo nuovo lavoro è tanta. Mino ci saluta, imbraccia la chitarra pronto ad andare in scena.