Nel leccese si comincia a prendere coscienza che il sistema socio-economico salentino si configura come un vero e proprio distretto culturale naturale, spontaneo, che si contrappone a quelli calati dall’alto come, ad esempio, nel caso barese. Nei processi conoscitivi di questa nostra realtà passi in avanti ne sono stati fatti molti, soprattutto con riferimento al mondo del libro e degli scrittori. Qui, invece, si vuol porre l’attenzione al mondo dell’arte, della pittura e della scultura, con riferimento soprattutto alle dinamiche socio-organizzative.
Al riguardo, ne parliamo con Monica Lisi, nota pittrice leccese, che, sebbene molto discussa per le sue posizioni intransigenti, ha un’esperienza e un orizzonte conoscitivo e cognitivo molto sviluppato e tali da farla rientrare senza alcun azzardo tra gli osservatori privilegiati del mondo dell’arte della nostra Terra.
Ciò che Monica, sin dalle prime battute del nostro incontro – interessante e molto ricco sotto il profilo culturale – ha voluto precisare è che l’arte non è una “zona franca”. In altre parole, non si possono definire tutti i prodotti pittorici e scultorei opere artistiche. Monica, infatti, pone dei distinguo tra arte, pittura e scultura. L’arte, scultorea o pittorica, è caratterizzata, per lei, dal fatto che a monte del prodotto v’è un processo noumenico, e cioè che l’arte è prima di tutto pensiero e riflessione, meglio ancora se sui grandi temi dell’umanità e dunque di stampo universalistico. Non rientra nell’arte, quindi, il descrittivismo, l’art therapy, il “bricolage” e tutto ciò che è puro diletto e passatempo. Dietro un quadro, che è l’oggetto comunicante, vi deve essere l’uomo nel senso più autentico del termine. Da qui è facile giungere al fatto che l’artista si avvale del pennello o dello scalpello per comunicare e diffondere i propri valori.
Ciò detto, il grande sviluppo che si è avuto in provincia di Lecce negli ultimi trent’anni, per Monica, non è da intendersi in modo incrementativo. Lei, al riguardo, paventa dei processi regressivi anche verso il dilettantismo, che hanno allontanato profondamente l’incedere artistico leccese, a tal punto che giunge a definire Lecce, sotto questi profili, città sempre più piccola e provinciale. Idee, a parer di chi scrive, discutibili, che tuttavia non si possono non tener di conto. E ciò anche perché se il distretto culturale leccese sotto il profilo quantitativo si presenta come una realtà di sicuro rilievo, sotto i profili più strettamente qualitativi occorre necessariamente avere un visione critica, cui contribuisce positivamente ed in maniera importante Monica Lisi.
Con riferimento agli aspetti più strettamente sistemico-organizzativi, Monica pone una netta cesura nella storia recente dell’arte leccese, che fissa intorno alla metà degli anni ’90. Un momento peraltro importante anche per il mondo del libro in provincia di Lecce. La linea spartiacque dell’arte leccese prima e dopo il 1995 è dovuta all’avvio delle attività di Mauro Marino e di Ambra Biscuso, che in tali anni istituirono dei contenitori capaci di far rifluire i prodotti artistici dagli atelier ad un pubblico più o meno vasto: una novità a Lecce, fino ad allora per lo più povera di gallerie e spazi espositivi. Insomma, due attori culturali che hanno contribuito in maniera significativa a far conoscere molti artisti leccesi noti e meno noti.
Un processo, quello su citato, che tuttavia non pare abbia avuto molto successo, perché ancora oggi, nonostante negli ultimi vent’anni, i contenitori d’arte si siano decuplicati, gli artisti, quelli storici ed i nuovi, per questioni prevalentemente politiche non riescono ad avere la giusta visibilità. E Monica ha voluto mettere in luce come anche l’attuale amministrazione comunale di Lecce segua orientamenti non chiari, ambigui, poco comprensibili, se non addirittura versano nella confusione, dove anche uno spiccato particolarismo fa la parte del leone, senza mettere in mostra una coscienza collettiva e sociale particolarmente spiccata. Una posizione forse, deprecabile anche perché oramai Lecce è diventata una città altamente internazionalizzata, a seguito dello sviluppo del turismo, gran parte del quale manifesta la necessità di conoscere l’arte leccese contemporanea, soffermandosi, invece su prodotti artistici discutibili e spesso di scarsissimo valore.
Monica, in tale direzione, spezza una lancia in favore di Dores Sacquegna, che fino al 2015 ha mantenuto in vita Primo Piano-Living Gallery, uno spazio espositivo con aperture sia internazionali sia internazionalizzanti, dando, per quello che da sola ha potuto, un lustro di sicuro interesse alla città di Lecce, nodo centrale nella cultura della provincia, e a molti artisti leccesi.
Al di là di ciò, molto altro vi sarebbe da riportare circa la mia lunga conversazione con Monica Lisi, ma occorre rinviare, ad altro pezzo giornalistico, gli approfondimenti e l’espansione di quanto sin qui riportato, al fine di esplicitare meglio il pensiero della nostra critica.