Parlare di arte e di Lecce è certamente complicato. Il rischio altissimo è quello di essere fraintesi mentre si punta il dito su ciò che non va e si evidenzia il vuoto artistico che sta vivendo una città definita città d’arte. La grande occasione mancata che ci siamo lasciati alle spalle è senz’altro la candidatura a Lecce capitale europea della cultura 2019, spiazzati da Matera anche lei tragicamente avviata ad un processo di svuotamento di bellezza e autenticità.
Forse sarebbe utile tornare indietro, molto indietro nel tempo, andando a nominare quegli artisti che hanno segnato un’epoca di fermento quale la stagione anni 60 è stata. In tal senso Toti Carpentieri e Marina Pizzarelli, critici d’arte del territorio e Lucio Galante docente di storia dell’arte presso l’Unisalento, potrebbero tracciarne una linea chiara, essendo stati testimoni in prima linea di quella stagione fertile e poetica. Uccio Biondi, Vittorio Balsebre, Nino Rollo, Vito Mazzotta, Caterina Gerardi, Pietro Liaci, Romano Sambati, Vittorio Di Mastro Giovanni, Damiano Tondo, Fernando De Filippi, Antonio Mazzotta, Corrado Lorenzo ed ancora Raffaele Spada, Renato Centonze, Saverio Dodaro, Pietro Fanigliulo, Annamaria Massari che con le artiste Rosa Maria Francavilla Maritati, Rita Guido, Marina Romano e Pina Sparro avevano fondato il gruppo Terra d’Otranto.
La stamperia Torchio d’Arte la stella nel nome di Pasquale Urso che ha formato generazioni di incisori. Non dimenticando il cuore grande di Edoardo Di Candia e le visioni surreali di Ezechiele Leandro. Ciò significa che la nostra terra è fertile, nutre con la sua bellezza gli artisti visivi che qui producono – il più delle volte nel silenzio dei loro studi dislocati nel territorio – si confrontano, sopravvivono. Ma le istituzioni troppo spesso sono assenti, sonnacchiose, indifferenti. Non si accorgono in tempo reale degli studi d’artista, patrimonio da tutelare onde non disperdere la produzione che inevitabilmente verrà frammentata.
Oggi, come ieri, la città non avvia alcun progetto mirato, nessuna tutela e men che meno valorizza. Non esiste un museo permanente dove trovare un archivio e opere degli artisti, non esiste un luogo preposto alla valorizzazione dei giovani artisti, pur esistendo in città un’Accademia di Belle Arti. La maleducazione artistica cresce, si fa confusione a riconoscere l’arte da ciò che non lo è, essendoci stato in passato una curiosa gestione dei contenitori culturali, non essendoci un comitato scientifico preposto alla scelta degli artisti da far esporre. Dunque ci si poteva imbattere in una mostra ai Teatini come a S.Anna di artisti di dubbio valore, come si poteva vedere il mese successivo una mostra di alto livello artistico. Ciò ha generato caos nel tempo ed anno dopo anno tutto è diventato sempre più confuso. Grazie a spazi privati e a numerose associazioni è stato possibile continuare a parlare di arte ed a vederla.
Cosa sta succedendo ora non è chiaro, vedremo che fine farà l’arte, dove esporranno gli artisti salentini e non. Una città cresce se cresce il livello culturale, se ci si educa alla poesia, alla bellezza, alla cultura, all’arte. Una città bella non è solo una città pulita, o una città dove il passato la fa da padrone come il Barocco. Lecce urla contemporaneità, urla spazi deputati alle arti dove i giovani artisti possano costruire i loro sogni e continuare a sperare, dove gli artisti anziani si vedano finalmente riconosciuti, valorizzati, in una sola parola amati. E se non c’è l’amore per l’arte e per gli artisti dobbiamo dirci sconfitti e parte di un processo inarrestabile che ci vedrà tutti fagocitati in dimensioni economiche dove chi si arricchisce è l’imprenditore, chi gestisce le grandi faccende quali viabilità, rifiuti, energia. E chi declama poesia, da forma a sogni e a visioni, costruisce una possibile utopia morirà, ucciso dall’indifferenza di una città che potrebbe essere vera e bella insieme, ricca e stimolante, portatrice sana di luce e colore. Speriamo che la neonata amministrazione tenga conto di questo cratere culturale e si ricordi degli artisti che da sempre sono la cartina al tornasole della società. Che gli si dia la possibilità di esporre, riservando, insomma, un contenitore alla faccenda arte. Una gran bella faccenda.