La storia si interpreta o si costruisce? In ambedue i casi Pompea Vergaro rappresenta nello scenario salentino colei che, assieme a Mauro Marino, Ambra Biscuso e Stefano Donno, ha dato un colpo robusto al sistema culturale leccese, il quale fino al 1995 ha insistito su schemi accademici, elitari e tradizionali. E tutto ciò imprimendo a questo un senso – come direbbe Stefano Donno – militante, di piazza, per tutta la gente, dove però lei ama affermare, invece, che la cultura è per tutti, sottolineando una differenza che la pone decisamente, e a giusta ragione, nella contemporaneità.
Pompea, dunque, rivoluzionaria, una delle colonne storiche della cultura leccese degli ultimi venticinque anni
Lei, una donna, allo stesso tempo, decisa, resistente, solida eppure che non perde la sua femminilità, la sua dolcezza, la grazia di chi sa interpretare al meglio il “sesso debole”. E ciò nonostante il mondo della cultura leccese sia spietato e competitivo, con i suoi colpi bassi, con i suoi esercizi di potere fini a se stessi, e che lei conosce bene e sa tenere a bada.
Una carriera lunga quella di Pompea Vergaro, che nasce nel brindisino, ma che la vede sin da principio impegnata a Lecce. E Pompea nel “deserto leccese” fa nascere il Caffè Letterario Mimose nel 1996, in una soluzione moderna, spiccatamente innovativa, che non aveva niente a che vedere con gli schemi precedenti, peraltro noiosi e posticci. Nel 1994 diventa giornalista, così nel suo caffè presenta libri, artisti, musicisti, saggisti, danzatrici in serate ricche di cultura briosa. E a Lecce va in giro di bar in bar con la sue formule nuove, mai viste nel capoluogo salentino. Il successo è immediato, ma lei, quarantenne, non ha vita facile, date le resistenza conservatrici dell’ambiente leccese. Ciò che la sorregge e non le fa perdere quella leggerezza che la contraddistingue è la passione per la cultura, che intende nella prospettiva della conoscenza, della speculazione, dell’esercizio estetico, del nuovo. Una passione forte, inscalfibile, che le ha consentito di scavalcare tutti gli ostacoli per farla giungere sino ad oggi ad un’attività culturale ed artistica serena ed appagante, placida. Lo esprime il suo volto disteso e sempre sorridente, disponibile, dove un’occasione culturale nuova le fa brillare ancora gli occhi.
Così, molti sono gli artisti che con lei si avviano in percorsi ed esperienze nuove sia di tipo pittorico che di scultura, sempre all’insegna della novità e della ricerca.
Esprime bene la personalità di Pompea la sua casa editrice, L’Officina delle Parole, che, sorta nel 2005, si connota per la produzione di testi di nicchia, molto curati, molto ricercati nella grafica; piccoli e preziosi scrigni di cultura, in cui traspare il suo essere e il suo gusto per tutto ciò che è bello. E così è Pompea, mai eclatante, pirotecnica, ma sempre sobria ed elegante, dove la levità ne fa di lei una persona estremamente gradevole, soprattutto nelle conversazioni che sa sempre condurre con raffinatezza, evitando qualsiasi appesantimento inutile.
Sicuramente, va precisato che lei, come moltissimi attori del mondo culturale leccese, è una prima donna, cui però la classe e la ponderazione rendono il suo incedere senza rumori o scossoni, eppure progressivo ed incisivo.
Una donna che ha saputo interpretare bene il ’68 e il conseguente svecchiamento della società, dove l’amore per la vita – intesa come passione e ricerca per il nuovo – ha saputo trovare in lei il giusto passo, la giusta misura. Pompea, infatti, tra le donne mature, è una delle migliori interpreti della modernità e il suo animo prova ancora stupore e meraviglia per l’esistenza e tutto ciò che è arte e cultura, e dunque per tutto ciò che è gusto, raffinatezza, sommo in termini speculativi e conoscitivi.