«Lecce gentile e beddha» ricorda un suo figlio illustre, conosciuto nel mondo, nella recente mostra «Tito Schipa – L’usignolo di Lecce», inaugurata il 16 giugno a San Francesco alla Scarpa.
Il ricordo del grande tenore di particolare ingegno evidenzia una caratteristica non abbastanza indagata: la sua singolare versatilità.
Schipa è stato cantante, compositore, direttore d’orchestra, didatta e attore; caratteristiche queste non comuni tra i cantanti.
Nel periodo barocco il compositore Alessandro Stradella fu cantante e polistrumentista, nell’800 la leggendaria Maria Malibran fu definita da Rossini: «Celebre compositrice, Cantatrice, Suonatrice, Pittrice, Fiorista, Sartrice, Declamatrice, Danzatrice, etc. etc.».
Convinti che «le stelle lucevano rare», in tempi più vicini il pensiero volge al grande tenore Placido Domingo, direttore d’orchestra e attore.
Ritornando a Schipa, in principio fu il canto, ovvero la voce angelica del piccolo “Titu” che si esibiva nelle chiese. Ben presto – notato ed apprezzato dal vescovo di Lecce, mons. Trama – il piccolo cantore entrò in Seminario dove iniziò gli studi musicali.
Vista la sua naturale inclinazione, il giovane completerà la sua formazione anche nel pianoforte e nella composizione con Alceste Gerunda, concludendo l’iter formativo con Emilio Piccoli a Milano.
Il debutto a soli 21 anni (1909) con Traviata, segna l’inizio di una carriera folgorante in tutto il mondo. Ai successi nei più importanti teatri italiani (San Carlo di Napoli, Teatro alla Scala di Milano, ecc.) seguiranno quegli europei, in Russia e in America, proclamandolo uno dei più importanti tenori di tutti i tempi.
Particolarmente legato al Werther di Massenet, l’opera diventerà la sua “guida poetica” grazie alla quale matureranno germi di sentimentalismo e di individualismo contro le convenzioni sociali e le passioni.
Nel 1915 Schipa, con Caruso e altri artisti, partecipa ad alcune rappresentazioni organizzate da Toscanini al Teatro Dal Verme di Milano pro-musicisti disoccupati a causa della guerra.
Benché tombeur des femmes ebbe due matrimoni (con la soubrette Antoinette Michel d’Ogoy, da cui avrà le figlie Elena e Liana e con l’attrice Teresa “Diana” Borgna, da cui avrà Tito junior) e si divise tra il canto e il cinema (Tre uomini in frac, Vivere, Cavaliere del sogno, ecc.).
Voce talmente duttile si prestò anche alla canzone come l’amata Vivere senza malinconia. (https://www.youtube.com/watch?v=hXFoi6Vwk5o), colonna sonora degli Anni Trenta, «Perché la vita è bella/La voglio vivere sempre più».
Dall’Archivio Schipa emerge una cospicua raccolta di sue composizioni che spaziano dall’operetta (Mimì, musical comedy americana, La Principessa Liana, ecc.), al genere sacro (Ave Maria; Messa di gloria a 4 voci pari; la Messa per voci e orchestra composta in onore di S. Oronzo, dedicata a mons. Trama, cantata dall’Autore nel 1920 nella Cattedrale leccese, ecc.), fino a Marce, Tanghi, Canzoni e trascrizioni varie.
L’attività direttoriale è incentrata sull’esecuzione di suoi lavori (l’edizione radiofonica italiana del 1938 a Roma de La Principessa Liana), e quella didattica sarà svolta negli ultimi anni della sua carriera.
L’esistenza del “tenore di grazia” è stata intensa, affascinante e ricca, come si evince dalla bella e ben documentata biografia curata dal figlio Tito Jr. (2004). Grazie ai fratelli e musicisti leccesi Francesco e Matteo Spedicato, ora è raccontata anche ai più giovani, (Tito – Il cantante piccoletto), nell’intento di «ridar vita a un personaggio purtroppo arrivato ai più sotto forma di antiche immagini in bianco e nero o registrazioni audio», (2016) la cui storia è definita da Beatrice Rana «una favola, una delle più sbalorditive della nostra terra, della nostra cultura».