Ugalberto de Angelis è un personaggio singolare come lo stesso nome. Nato a Milano, diventerà fiorentino d’elezione. Proveniente da una famiglia con antiche tradizioni musicali, artistiche e letterarie, la madre, Albertina Foresi, era una pianista, il cugino Giulio de Angelis, saggista e famoso per la sua traduzione in italiano dell’Ulisse di Joyce, mentre il fratello minore Marcello è un noto musicologo.
Il giovane Ugalberto aveva idee molto chiare sul suo avvenire artistico, tanto che a 17 anni dichiarerà alla madre: «Guarda che io farò il compositore». Sono anni in cui al primo approccio da autodidatta subentra lo studio sistematico della musica diplomandosi in corno nel 1958 presso il Conservatorio fiorentino per poi entrare come collaboratore con l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino.
Pur continuando a suonare in alcune occasioni il suo strumento, oltre ad esercitare la professione di consulente musicale alla Rai, la sua natura musicale era la composizione. Apprenderà la dottrina da Roberto Lupi e da Luigi Dallapiccola, due importanti musicisti ed intellettuali del dopoguerra. Se il primo lo avvicinerà alla musica dei secoli XIV – XVI, oltre alle teorie antroposofiche steineriane, il secondo lo “educherà” alla severità della dodecafonia, a quella stessa severità dello studio cui fa riferimento l’amico Riccardo Muti: «Il Sud in cui sono cresciuto credeva nella severità del lavoro». Forte di una grande curiosità e di una sicura dottrina, sapeva muoversi con una tale libertà di scrittura tale da permettersi di spaziare dai linguaggi compositivi antichi a quelli contemporanei passando dalle arcaiche modalità alla più ferrea tecnica dodecafonica, all’uso del nastro magnetico, ecc. Il suo era un autentico artigianato artistico e il pubblico e la critica lo avevano compreso subito. Il pensiero dominante era: «Io scrivo per i morti […]. Per quelli che sono considerati morti dalla società contemporanea. La mia è veramente musica funebre […] è una musica per altre dimensioni umane».
Leggendo alcune testimonianze, la sua musica sembra trovare lontane ascendenze nella boeziana musica humana, oltre che richiamo ad un arcano mondo spirituale. Il suo catalogo, riferendoci alle opere complete, ne comprende circa cinquanta, spaziando da alcuni pezzi per strumento solo (Episodio n. 1 per violino; Raga Alfa per flauto; Invenzioni per pianoforte, ecc.) alla musica da camera (Melos per flauto dolce contralto e chitarra; Permutazioni per violino, pianoforte, violoncello; Quartetto n. 1 «delle memorie per archi»), alla sola orchestra, ma anche per strumento solista e/o voce (Concerto per corno e orchestra; A long time ago, Epicedio II per orchestra e voce di baritono, ecc.), al Coro (I cori dell’ora meridiana per voci miste a cappella, ecc.). Ha composto anche Pietra su Pietra, azione coreografica in un tempo, collage n. 1 per nastro magnetico e tanta altra musica.
Tra i lavori incompiuti ricordiamo un’opera di grande profondità e umanità, Passione secondo uomini per ogni uomo, oratorio drammatico per soli, coro e orchestra che Muti aveva intenzione di eseguire con la Philadelphia Orchestra. A fare una perfetta sintesi del personaggio ancora una volta è l’amico illustre: «Ugalberto de Angelis, uomo riservato, schivo come la sua musica così profonda, pudica e assolutamente aristocratica. Amico gentile di cui ricordo lo sguardo febbrile, intenso e una frase: “Scrivo in una piccola stanza dove nemmeno posso rigirarmi, ma vedo l’orizzonte lontano”».