Percorrendo la Superstrada che da Lecce conduce a Gallipoli si viene ammaliati da un riflesso verde smeraldo che stranamente riluce anche la notte.
E’ la cupola della barocca Chiesa di San Vito Martire, patrono di Lequile, cittadina dell’hinterland leccese, dove sorgono ormai edifici residenziali, molto ambiti ed appetibili da coloro che rifuggono il caos cittadino e preferiscono la riservatezza del piccolo centro.
Il Santo, venerato in 11 Comuni d’Italia anche come San Vito di Lucania, nato – da padre pagano – a Mazara del Vallo nel III secolo e martirizzato giovanissimo in Lucania il 15 giugno 303, viene festeggiato dai cittadini di Lequile in ben tre date: il 13 febbraio (Festa del Patrocinio o di Santu Itu Piccinnu); il martedì di Pasqua (Festa della traslazione della reliquia o Santu Itu Menzanu) e la 4^ domenica di giugno (Festa del Patrono o Santu Itu Ranne) in maniera solenne con una processione per le vie del paese, accompagnata dalla banda, e una fiera-mercato anche di animali.
Le ossa del Santo (che è uno dei 14 Santi Ausiliatori insieme ad Acacio, Barbara, Biagio, Caterina d’Alessandria, Ciriaco, Cristoforo, Dionigi, Egidio, Erasmo, Eustachio, Giorgio, Margherita, Pantaleone), dopo il martirio pare siano state gettate nel fiume Sele; ma alcuni ritrovamenti portano a credere che egli sia stato invece seppellito nei pressi della Chiesa di San Vito al Sele.
L’edificio di culto, di stile barocco, è stato costruito tra il 1661 ed il 1670 su progetto di Salvatore Miccoli ed ha un prospetto molto elegante con capitelli corinzi legati fra loro da ghirlande di frutta; mentre, la statua del Santo si trova in cima al timpano triangolare sopra il portale centrale.
Il portone è fiancheggiato da due nicchie vuote e la grande cupola emisferica, che tanto attrae lo sguardo anche da lontano, è posta dietro il frontone circolare ed è ricoperta da squame di ceramiche policrome; ma è l’interno del luogo ad essere pure maestoso: otto altari e nove grandi tele con storie di Santi sorprendono i numerosi devoti, che ivi si recano a chiedere intercessione all’Ausiliatore.
Nel timpano superiore quattro pilastri racchiudono due nicchie con le statue di San Pietro, con in mano le chiavi del paradiso, e di San Paolo, con in mano la spada; mentre, sul finestrone è posto il cartiglio dove il popolo lequilese ha scritto al suo patrono: D.O.M. DIVO PATRONO LEQUILENSIUM PIETAS AUGUSTIUS INSTAURAVIT A.D.1670.
Ma quella cupola verde smeraldo, che riluce come un prezioso cabochon e che si ammira dalle terrazze dei tanti moderni palazzi, sorti alla periferia del tranquillo paese, racchiude simbolicamente i voti dei tantissimi che amano e pregano San Vito, chiedendone l’efficace intercessione nelle malattie e in situazioni di specifiche necessità.
E, a questo proposito, leggenda (o, meglio ancora, diceria) vuole che chi ammiri o fotografi la cupola del bel tempio guarisca dalle proprie pene d’amore.