David Bellugi (Rochester, New York, 5 settembre 1954 – Firenze, 7 giugno 2017)
Tutti conserviamo percezioni e ricordi singolari, non di rado associati agli affetti. Tra i miei, eccoun episodio risalente al settembre del 2001. Mi trovavo a Otranto, in casa di Carmelo Bene, per “Otranto Musica”.
A introdurmi fu David Bellugi che, per l’occasione, partecipava al concerto all’interno della manifestazione. A parte l’accoglienza dell’artista salentino, ricordo un particolare molto curioso: mentre i musicisti definivano gli ultimi dettagli, l’attore, quasi a voler metter in atto quella distanza tra pubblico e spettacolo teatrale, cercava di ‘convincere’ tutti ad indossare la cravatta.
L’episodio è citato per iniziare a parlare di David, un musicista straordinario che amava il Salento e tutta la Puglia ed era capace di affascinare tutti suonando, come risulta da La Gazzetta del Mezzogiorno di Bari: «Bellugi incanta con il suo flauto».
In realtà, David era un virtuoso di flauto dolce e negli ultimi tempi si esibiva anche come direttore d’orchestra, oltre che esperto di Sound Designer; per tutti comunque era semplicemente David.
Riceve una formazione musicale completa studiando musicologia, flauto, composizione, direzione d’orchestra per poi dedicarsi alla musica antica a Parigi con A. Geoffroy – Déchaume. Arrivato alla fine degli anni Settanta in Toscana, raggiunge il padre, direttore d’orchestra, che lo introduce nel mondo musicale e intellettuale fiorentino.
Ben presto, per le sue straordinarie capacità musicali e umane, si fa notare come solista dalla musicalità elegante, suonando con molte orchestre italiane ma anche europee e di altri continenti.
Il critico de La Nazione di Firenze, Leonardo Pinzauti, scrive: «Se David Bellugi fosse stato un pianista o un violinista probabilmente si parlerebbe di lui quanto di Pollini o di Perlman…Un virtuoso eccezionale del suo strumento (e anzi dei suoi strumenti, che vanno dal flauto subbasso, grande come una canna d’organo, ad un piffero che sembra una penna stilografica) ed un eccellente musicista».
Molti compositori gli dedicano loro lavori (Luciano Berio, Nuccio D’Angelo, Ugalberto De Angelis, Kamran Khacheh, A. Riccardo Luciani, Boris Porena, Carlo Prosperi e Giulio Viozzi) e non tardano ad arrivare giudizi molto lusinghieri come, per esempio: «David Bellugi è un musicista straordinario: sono uno dei suoi tanti affezionati ed entusiastici ammiratori» (Luciano Berio) oppure «Un sogno musicale» (Ennio Morricone).
Poi il ‘sogno musicale’ a causa di un brutto male – a soli 63 anni – si spezza. Fino all’ultimo (28 maggio), pur molto provato dalla malattia, tiene concerti in duo con il fisarmonicista Ivano Battiston, partner ideale, offrendo ancora una volta il suo incondizionato servizio alla musica.
A distanza di poco più di due anni dalla scomparsa, lo voglio ricordare anche per un’altra sua straordinaria dote come si evince dalla sintesi di Paolo Zampini, Direttore del Conservatorio «Luigi Cherubini» di Firenze: «Dal 1979 [David] insegnava al Conservatorio Cherubini di Firenze, alimentando una scuola di talenti formatisi proprio sul suo contagioso entusiasmo e ovviamente trascinati dalla sua sicura competenza. David Bellugi […] è stato un docente esemplare. Era colto, preparatissimo, generoso, disponibile, affettuoso».
Per chi, come me, lo ha avuto come maestro, poi è stato suo assistente e amico fraterno, con cui si sono condivise diverse esperienze, evidenzio ulteriori dettagli tratti da un mio intervento del 10 giugno 2017, in occasione dell’ultimo saluto presso Villa Favard, sede staccata del Conservatorio, dove era stata allestita la camera ardente.
«Carissimo David, erano gli inizi degli Anni Ottanta – quando ci siamo conosciuti – e la tua presenza sul territorio toscano, in particolare presso la Scuola di Musica di Fiesole e il Conservatorio di Firenze, porta nuova linfa nel mondo della musica. Accanto ai grandi nomi del concertismo internazionale appare un giovane musicista che da subito incanta e attira l’attenzione di importanti compositori, musicisti, ma anche gente comune.
Con la tua dolcezza e la tua persuasione hai iniziato una sorta di evangelizzazione musicale e, nella lunga schiera di allievi, hai avuto studenti di ogni età sia dilettanti che professionisti nelle più diverse discipline, offrendo sempre una generosità encomiabile. Per certi aspetti sembravi ispirarti al Collegium Musicum diretto (1729) dallo stesso Bach.
Ogni tuo concerto era un evento straordinario e già i programmi dal Medioevo al Barocco con il Trio fiorentino portavano a tutti noi una ventata di musica nuova. Poi le tue dita hanno iniziato a volare cimentandosi in concerti con orchestra e sei riuscito a dimostrare che il flauto dolce poteva andare oltre, elevandolo alla dignità e importanza che tutti conosciamo. Prendendoci per mano siamo stati guidati in un lungo viaggio musicale fino alla musica contemporanea, comprese incursioni nelle musiche di tutto il mondo, facendoci scoprire tesori che difficilmente potevamo conoscere nelle sedi istituzionali. Caro David, sappi che le tue idee, i tuoi insegnamenti, i tuoi sentimenti e i tuoi valori, continuano a vivere e si rigenerano attraverso tutte le persone che hanno avuto la fortuna di incontrarti. Non è il momento per sottolineare il tuo contributo nella storia dell’interpretazione musicale, ma sappi che il tuo concepire la musica come scientia, attraverso le tue riflessioni teoriche, ti ha permesso di avvicinarti ai misteriosi enigmi della musica di Bach, il più grande, come tu lo avevi definito nell’ultimo concerto.
Il congedo da questa vita terrena è soltanto un’interruzione, un silenzio, ma anche un invito affinché altri possano continuare dal punto in cui ti sei fermato: qualcosa che somigli alla brusca interruzione del Contrapunctus XIV, nell’Arte della fuga.
Umile e al servizio della musica, fino all’ultimo, siamo convinti che essa ti abbia eletto musicus per la tua instancabile ricerca, attraverso quel Quaerendo invenietis di quella bellezza e di quei valori universali vicini all’immortalità. Grazie, Maestro, e sit tibi terra levis».