Il 2 novembre, ricorrenza dei defunti, il pensiero volge ai propri cari e, come da tradizione, le persone si recano ai cimiteri portando qualche fiore e/o lumino sulle tombe. Citando il Pascoli: tutti i fiori sono ora là: li accoglie / quel camposanto. […] e hanno petali che vedranno, / urna per urna, tutto il chiuso.
Parliamo dei crisantemi, i fiori che nella nostra cultura sono associati a questa ricorrenza. Si conoscono in una varietà di colori e non è un caso se con questi fiori si possano realizzare dei bouchet interessanti e belli come nell’omonimo dipinto di Monet o nell’altro, più dettagliato, Donna con crisantemi di Degas.
Crisantemi, inoltre, costituisce anche il titolo di una composizione per quartetto d’archi (1890) scritta in una notte da Puccini e dedicata alla memoria di Amedeo di Savoia (duca d’Aosta). La partitura, pur realizzata nella versione strumentale, conserva le caratteristiche dell’elegia mantenendo la sua natura malinconica e triste di “lamento funebre” e i due temi verranno riutilizzati dal compositore nell’ultimo atto di Manon Lescaut, rimarcando la loro coinvolgente commozione.
Scritta nella tonalità di do diesis minore (Andante mesto), all’interno di una struttura ternaria (A – B – A), la composizione esprime una continua fluttuazione di armonie e di intrecci tra le quattro voci evidenziando altresì un melos molto struggente. Conclusa la prima parte (A) con la riproposizione dell’incipit ascendente e cromatico da parte del primo violino, pur con la risoluzione sull’accordo di tonica dopo un ritardo lungo un’intera battuta, la resa è sempre mesta.
Nella parte centrale (B) il melos suonato p e con molta espressione, nella tonalità di fa diesis minore, cambia colore dando l’impressione di aprire verso una nuova speranza, proiettandosi altresì verso un pathos cangiante. L’incisività del tema viene ribadita dalla riproposizione un’ottava sopra insieme al violoncello, a distanza di tre ottave, affidando un accompagnamento ostinato di semicrome alla viola e successivamente al secondo violino. Il ritorno di A ripresenta alcune imitazioni, i movimenti paralleli e/o per moto contrario (tra i due strumenti più estremi) fino ad arrivare in fondo, ancora una volta, con la riproposizione dell’incipit (I violino) che risolve sull’accordo finale della tonalità d’impianto. Finalmente, raggiunta la pace con l’armonia d’impianto (per ben otto battute), in un pianissimo accompagnato dal rallentando, il compositore ci traghetta in quel perdendosi, insieme alle pause che seguono, autentico silenzio che si trasfigura in mistero.