Spesso capita di incontrare persone che dedicano del tempo dilettandosi in qualche disciplina: chi coltiva il teatro, la poesia, la pittura, la musica, la danza o lo sport, ecc. Trattasi di investimento del proprio tempo in attività che generano piacere e diletto. La stessa televisione offre esilaranti kermesse con la Corrida–Dilettanti allo sbaraglio ove ogni concorrente, di qualsiasi età e proveniente dai luoghi più diversi, può esibirsi e sottoporsi al giudizio del pubblico e all’ironia del conduttore. Per molti diventa l’occasione per apparire in TV e godersi un breve momento di celebrità, ma non è escluso che per qualcuno possa essere l’inizio di un importante progetto. Televisione a parte, concentrando la nostra indagine sulla musica, il diletto per l’arte dei suoni ha origini molto lontane, toccando ogni genere di individui al di là della propria cultura, estrazione sociale, ecc. e non mancando, anche tra i personaggi celebri, esempi che hanno coltivato la passione esprimendosi ad libitum con uno strumento. Solo per fare due nomi della nostra epoca, ricordo Albert Einstein suonatore di violino, mentre Umberto Eco ascoltava qualsiasi genere musicale, dal classico al jazz, fino alla musica contemporanea ed era un grande appassionato di musica antica tanto che si “dilettava” con il flauto dolce in una specie di ‘traduzione semiotica’ della musica rinascimentale e barocca.
Se il lemma dilettare da un lato orienta verso gli effetti scaturiti dall’attività di svago, dall’altro invita a riflettere e a ripensare intorno ad una concezione trasformatasi nel tempo e che, probabilmente, non soddisfa del tutto il significato oggi attribuitole. Infatti la differenza tra il musicista dilettante e il professionista è abbastanza netta, benché nel passato la distinzione non sia stata così chiara attribuendole significati variabili.
Si pensi, per esempio, ad un personaggio come Federico II di Prussia, monarca illuminato, intellettuale e grande appassionato di musica, il quale, pur essendo stato un flautista e compositore, in molte fonti moderne si continua a etichettarlo come dilettante di musica senza comprendere se si tratti o meno di una diminutio meramente lessicale.
Guardando in casa nostra, un musicista del XVIII secolo, Benedetto Marcello, nelle sue 12 Sonate per flauto e basso continuo, come in altre opere, si definisce dilettante di contrappunto, componendo autentici capolavori, o Tomaso Albinoni musico di violino dilettante veneto.
Nel libretto del conte Carlo Pepoli per I Puritani di Bellini, opera rappresentata al Civico Teatro di Tortona (1841), nell’organico orchestrale troviamo come Primo Fagotto e Primo Trombone un certo «Sig. N.N. Dilettante». A chiarire ulteriormente una simile dicitura e a dimostrazione che i dilettanti erano molto stimati nell’Ottocento riporto un passo tratto da La Gazzetta Musicale di Milano del 1853: «La classe dei dilettanti di musica è rispettabile, non tanto pel il numero quanto pel merito. I professori trovano nell’esercizio la noia, i dilettanti vi trovano la soddisfazione; i professori coltivano l’arte per mestiere, i dilettanti la coltivano per piacere; i professori eseguiscono per forza, i dilettanti per amore. I dilettanti insomma (come suona il vocabolo) amano l’arte, e l’arte, alla sua volta, mostra amare i dilettanti, a preferenza dei professori, per singolar ricambio di gratitudine e di dovere».