A ricordare la liberazione dei deportati dai campi di concentramento, con l’abbattimento dei cancelli di Auschwitz e di altri luoghi di sofferenza, tra le tante iniziative sparse per il mondo, ecco una riflessione sul Giorno della Memoria nel nostro Paese (27 gennaio).
Nonostante l’approvazione dell’ONU nella celebrazione della ricorrenza e l’intervento di voci molto autorevoli, non mancano episodi di antisemitismo.
L’antidoto alla cultura dell’odio trova spazio nella rievocazione che diviene altresì esigenza come emerge dalle parole di Primo Levi rivolte ai reduci: «è un dovere: essi non vogliono dimenticare, e soprattutto non vogliono che il mondo dimentichi, perché hanno capito che la loro esperienza non è stata priva di senso, e che i Lager non sono stati un incidente, un imprevisto della Storia». Si tratta di espressioni che si contrappuntano con quelle di Liliana Segre: «I giovani devono conoscere quello che è realmente accaduto: è l’unico modo per porre un argine alla violenza presente e futura».
Per dirla con Manzoni «dando sottovoce ora un ricordo ora un altro, ora all’uno, ora all’altro fratello» ecco che, tra le tante iniziative realizzate nei Conservatori italiani, gli studenti del «Morlacchi» di Perugia sono protagonisti di concerti con musiche afferenti al tema.
Il progetto, curato dal Dipartimento di Musica da Camera, negli anni è diventato un appuntamento importante sia per l’Istituzione che per la città, coinvolgendo e facendo dialogare giovani musicisti in un’amabile conversazione goethiana che, in tale contesto, diventa condivisione di valori universali come la fratellanza e l’amicizia, imprescindibili per una convivenza civile tra i popoli.
Quanto emerge dalla lettura dei programmi è una cura dettagliata nella scelta dei brani, senza allontanarsi dal tema della giornata. Pertanto le singole composizioni si trasformano in pensieri senza tempo, esplicitati attraverso vibrazioni sonore che mutano in vibrazioni dell’anima.
Kol Nidrei, op. 47, di Max Bruch, con il canto espressivo del violoncello, si ispira alle melodie ebraiche, mentre nel lied Mein Herz ist schwer ! op. 25 n. 15 di Robert Schumann, si cerca un cuore che può ancora sperare. Non potevano mancare le Deux mélodies hébraiques di Maurice Ravel, usate anche come capo d’accusa per dimostrare la non arianità del compositore francese.
Negli anni in cui il nazismo spargeva odio contro gli Ebrei, Marc Chagall ne La Crocifissione Bianca (1938) riesce, mediante una simbologia significativa, ad incarnare le sofferenze delle vittime.
Fra i compositori eseguiti anche Dmítrij Shostakovich, autore del Trio per violino, violoncello e pianoforte n. 2 op. 67 in memoria di Ivan Sollertinskij e il celebre A survivor from Warsaw op 46 di Arnold Schoenberg, composto nel 1947 in memoriam delle stragi perpetrate nei confronti di innocenti, compresa la morte del nipote in un lager.
Sono state eseguite liriche dai Songs of wandering per soprano e chitarra di Mario Castelnuovo Tedesco, su testi del poeta spagnolo Moses-Ibn-Ezra, con allusioni ad una intimità fragile che non nasconde rassegnazione verso un mondo di errori che, a tratti, evocano queste parole di Anna Frank: «Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ci ucciderà, partecipo al dolore di migliaia di uomini, [poi con la speranza e l’ottimismo dei giovani] eppure quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene».
Si notano, infine, pagine significative come An den Wassern zu Babel per coro misto e organo di Arvo Pärt e due numeri del Requiem K 626 di Wolfgang Amadeus Mozart nella versione Carl Czerny per voci e pianoforte a 4 mani. Il Lacrimosa, brano finale dell’edizione 2020, ricorda i colpevoli autori di quella brutta pagina della storia dell’umanità in quanto, pur implorando la pietà di Dio, dalle opere della Legge «non verrà mai giustificato nessuno». (Galati 2,16).