La liturgia del Venerdì Santo mette in primo piano la Croce, espressione autentica dell’amore di Dio che salva l’umanità (Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno).
Quasi Giano bifronte, ancora una volta il mistero della morte diventa anche quello della risurrezione poiché Cristo, morendo, transita dal mondo terreno a quello celeste (Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito) così come anche noi passiamo dalla morte del peccato alla vita eterna. Agli uomini non resta che chiudersi in silenzio per riflettere su questo simbolo della sofferenza di Gesù Cristo (Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato) che lo porta a sora nostra morte corporale, cuore pulsante per tutti i credenti.
La meditazione sul contenuto teologico, attraverso la narrazione degli avvenimenti, è interpretata ne La Passione di Gesù Cristo scritta da Pietro Metastasio ed intonata da molti compositori soprattutto nella forma dell’oratorio. Solo per citare qualche esempio, tra i musicisti italiani, ricordo le versioni di Antonio Caldara (1730), Niccolò Jommelli (1749), Antonio Salieri (1776), Nicola Zingarelli (1787), Francesco Morlacchi (1811).
Particolarmente interessante, e non molto conosciuta, è anche quella del tarantino Giovanni Paisiello che la compose nel 1783 per la corte di San Pietroburgo, eseguita a marzo dello stesso anno con molto successo.
Si propone, dalla Parte Prima, l’ingresso del Coro (n.3), una pagina intensa di pathos ove testo letterario e musica si incontrano in quel dolore della Sconsigliata Umanità, dolore senza tempo che ogni anno si ripete per rievocare la morte di Gesù Cristo.
Coro de’ seguaci Quanto costa il tuo delitto / Sconsigliata Umanità! /
Parte del coro All’idea di quelle pene, / Che il tuo Dio per te sostiene, /
Tutto geme il mondo afflitto, / Sola tu non hai pietà. /
Coro de’ seguaci Quanto costa il tuo delitto / Sconsigliata Umanità!