Da sempre c’è chi del tempo possiede una concezione più astratta e chi più soggettiva. Tempus fugit inesorabilmente tanto che la sua organizzazione e gestione è uno dei problemi da sempre molto dibattuti. Sprecarlo non ha senso perché significa non attribuirgli il giusto valore e, non a caso, un antico proverbio ricorda: «il tempo è denaro».
Nella sua razionalizzazione probabilmente bisognerebbe privilegiare le cose essenziali e concrete della vita perché, richiamando ancora la filosofia popolare con un vecchio adagio «Chi ha tempo, non aspetti tempo», significa agire subito senza tergiversare.
Siamo arrivati a metà di ottobre, un mese, per dirla con Cardarelli, che va «componendo» la sua stagione e, considerando le piogge abbondanti, possiamo ricordare ai cercatori di funghi che: «Se Ottobre è piovarolo, è pure fungarolo».
Si tratta del decimo mese del calendario gregoriano, ottavo per quello romano (october) donde la derivazione del nome, visto che per gli antichi l’anno iniziava a marzo.
A celebrare questo mese ci hanno pensato poeti come Gabriele D’Annunzio, Ada Negri, e altri ancora ma anche molti artisti che, attraverso le loro opere, ci hanno restituito i molteplici aspetti di questo mese autunnale.
In terra salentina ricordo il bellissimo mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto realizzato da alcuni artisti guidati dal monaco Pantaleone (1163-1165) all’interno del ciclo dei mesi e collocato a circa metà della navata centrale, prima del presbiterio.
Dal punto di vista iconografico la simbologia è abbastanza eloquente. Iniziando dall’alto si nota una mano che regge una bilancia (il segno zodiacale) con due bracci uguali e due piatti appesi all’estremità ove si legge il nome del mese (OCTO BER). Il contadino, a piedi nudi, vestito con una tunica e un copricapo, evidenzia la fatica del lavoro dei campi guidando un aratro tirato da due buoi per preparare il terreno alla nuova semina.
Quasi a completamento del mosaico descritto segue la miniatura di ottobre tratta da un Codice miniato (1412-1416), opera dei fratelli Limbourg.
In sostanza sotto la lunetta con il calendario e il segno zodiacale (a sinistra la bilancia), si staglia il castello del duca di Berry, opera da lui commissionata, ai suoi piedi la Senna (notare la ricchezza dei dettagli sia nel fiume che sulle rive anche per la presenza di persone) e in primo piano alcune operazioni relative al lavoro dei campi. All’interno di uno sfondo paesaggistico più luminoso troviamo un’elegante e dettagliata rappresentazione dei soggetti, probabilmente gli stessi nobili intenti a dedicarsi ai lavori della campagna intesi come passatempo.
In primo piano un uomo, in sella ad un cavallo, traina un attrezzo con un sasso ben visibile al centro per tenerlo aderente al terreno nel lavorarlo; un altro è intento a spargere le sementi nei solchi appena realizzati. La scena si arricchisce anche per la presenza di uccelli che non esitano a beccare pur in presenza di uno spaventapasseri tanto da poter affermare, usando un’espressione romana, che abbiano fatto “er botto”, espressione che corrisponde curiosamente ad una lettura in retrogrado del nome del mese.