La donna per essere felice deve conquistare il cuore dell’uomo dei suoi sogni, da qui il termine “domina”, padrona. A fronte di ciò l’uomo deve realizzare le sue aspirazioni. Da qui l’annoso conflitto della specie umana. Sono esseri che si incontrano e che si scontrano mai paghi di vita.
Ma si festeggia la donna l’8 marzo di ogni anno, non c’è una festa dell’uomo. Eppure vi sono più morti di donne che di uomini, alcuni lo chiamano “delitto d’onore” o comunque da mano maschile (abolito in Italia nel 1981). E poi ci sono i suicidi di genere-uomo che ingrossano le fila della cronaca nera, rispetto alle donne che si tolgono la vita in misura infinitesimale. Ciò induce a pensare molto…
E’ in un certo qual modo insolito in percentuale che l’uomo vada sic et simpliciter dallo psicologo, in taluni casi predilige un professionista al femminile: la psicologa e spesso a lei viene condotto dalla moglie o madre. In ciò si riassume la centralità della vita della donna nella vita dell’uomo. L’uomo dà tutto di sé, si “consegna” e se le cose non vanno bene nella coppia o malauguratamente “perde” la partner va alla ricerca della “costola” che gli è stata sottratta dal Creatore a suo tempo per dare vita ad un altro essere, che è poi la sua “compagna” nel mondo.
Non si può stabilire con il peso della bilancia chi approfitti di più della posizione del “sesso debole” e quale poi lo è dei due? Lo sfruttamento e l’utilizzazione per fini ignobili di qualsiasi natura butta, vogliasi usare un eufemismo, “discredito” sull’uomo. Ciononostante sarebbe bieco generalizzare. O ancora per una fascia di maschi che vilmente tratta la donna come un asino che deve tirare il carretto, ce n’è un’altra di grandi che inneggiano alla parità e la solennizzano come su di un altare. Tuttavia sfugge alla stragrande maggioranza di ambedue i sessi che la filogenesi segue l’ontogenesi, ovvero la storia evolutiva della vita in generale e la singolarità dell’essere nel regno dei viventi. In ogni caso la donna tiene in sé una peculiarità sacra, la maternità. La donna non smette mai di essere madre, con l’uomo, con la prole, con gli animali da compagnia. Quando il suo rapporto coniugale o simil si sfascia, se non si possiede il corredo della cultura, come si evince dalla casistica, scatta l’istinto di base. Ma facciamo qualche passo indietro, per secoli la donna ha dovuto consolidare equilibri di famiglia, siglando l’accordo con matrimoni combinati o accedendo ad uno status. A ciò si contrappone l’amore libero, non incasellato in categorie, figlio appunto della libertà e non del dominio, e il filo dei ricordi porta il pensiero al Divin Poeta. Egli nell’Inferno incontra Francesca da Rimini, ne resta subito colpito, sensibilizzato, intenerito, dal suo tipico essere femminile che avanza narrando ciò che vive e ancora pulsa nel suo organo più nobile, il cuore, per il quale ha avuto quella altresì altrettanta bruciante sorte. Memorabile, calzante contestualizzare richiamando le parole “amor che al cor gentile ratto s’apprende “ o andando al ventiseiesimo canto della stessa Cantica “fatti non foste a viver come bruti ma seguir virtute e conoscenza”. Ciò che distanzia e avvicina i due esseri agli antipodi nell’universo è il moto profondo dell’animo, che può essere l’emozione, stato mentale- affettivo intenso di breve durata o il sentimento, più strutturato che prevale nel tempo. L’uomo per essere al passo con la donna deve emanciparsi da ella, penalizzato da un’impari emotiva evoluzione. Ma per cogliere queste finezze alcuni rappresentanti del sesso maschile devono imparare ad immergersi nella realtà interiore eterosessuale per comprendere appieno la delicatezza della seduzione, dove il significato vuol dire esattamente condurre, e questo cade più spesso nel destino femminile che agisce senza contropartita. Un gioco di chiaroscuri e di imprescindibilità della relazione a due ci viene offerta dal mito greco di Eros e Psiche. I due innamorati che sono alla mercè di una crudele fatalità che dopo si rivela fortunosa per l’” Anima”- Psiche e per l’Amore “Eros”. Infatti prima la donna contravviene al patto di guardare nella notte Eros, il quale glielo proibisce, mentre sul corpo dell’amato cade una goccia di olio bollente dalla lampada. Così lei lo perde ma lo ritroverà e in seguito ricongiunti si guadagnano l’immortalità. Quindi, che cosa unisce , che è di più di quello che divide, un uomo da una donna?, è l’amore platonico o completo, che è il sale dell’esistenza. Questo pone fine alla tenebra del dolore, alla moda del protagonismo imperante, all’incomunicabilità. E’ tutto nella storica frase cinematograficata negli anni ’70, “ amare vuol dire non dover mai dire mi dispiace”.