Sono state cinquantaquattro le piazze in cui un’Italia fresca di gioventù e libertà è scesa a chiedere l’approvazione della legge contro omotransfobia, misoginia e abilismo. Segno, quello di sabato 15 maggio, che sul nostro territorio è presente una vastissima fetta della popolazione che crede nell’amore in tutte le sue forme e soprattutto nella libertà di essere chi si vuole e come si vuole, senza la paura di doversi portare addosso l’angoscia di non poter essere se stessi.
Perché la discriminazione sussiste ed è di ogni tipo.
È fisica, psicologica e verbale, e spesso è frutto di pregiudizi e convinzioni che si fa fatica a debellare da un immaginario collettivo profondamente arcaico.
Le piazze italiane si sono unite in un unico abbraccio – a prescindere dal partitismo – per ribadire l’urgenza che la legge sia approvata il prima possibile, per fondare un paese evoluto che purtroppo è ancora in forte ritardo in materia di diritti civili, ma soprattutto per demolire una coltre di bugie e per levare il velo dagli occhi di chi non vuol vedere.
Sabato 15 maggio un’eco altisonante si è spalmata su tutta l’Italia in nome di una comunità che vuole proseguire verso un mondo libero e sciolto dagli stereotipi, dai retaggi e persino da un linguaggio retrogrado e patriarcale dal quale occorre prendere le distanze.
Perché “Chi parla male pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste. Le parole sono importanti”, ce lo ricorda il maestro e regista Nanni Moretti.
Perché per chi sostiene i diritti umani, la lotta e la corsa all’uguaglianza sono diventate estenuanti: la richiesta è semplice, banale, elementare. L’approvazione della legge non divide, non squalifica diritti, non discrimina. Aggiunge, moltiplica, aiuta, dona a chi non ha.
Si nasce col diritto sacro ad essere felici e una caterva di manifestanti, attivisti e cittadini chiede che questo diritto sia davvero tutelato, in nome di minoranze che non possono patire più la sfortuna di vivere in una società che non riconosce un’uguaglianza incontrovertibile e indiscutibile.