“La città delle donne” esce nel 1980. Si tratta di un film che ha attirato critiche soprattutto da parte dei movimenti femministi dell’epoca, e che ha ricevuto importanti riconoscimenti come il Nastro d’Argento.
Marcello Mastroianni interpreta in modo impeccabile il ruolo di un uomo maturo da un lato, e incapace dall’altro, di comprendere rivendicazioni scontate da parte di donne che vivevano in una società di stampo profondamente patriarcale. Quello che compie è un viaggio in una surreale “città delle donne” dove viene in contatto con eventi assurdi che vanno a sottolineare allegoricamente aspetti maschilisti di una società non ancora matura in termine di uguaglianza dei sessi.
Fellini sembra quasi lo scrittore di una poesia piena di significati nascosti che lo spettatore riesce a percepire, se si tiene conto di un contesto storico non troppo lontano. È grottesco, ma non nasconde la realtà. Personaggi bizzarri accompagnano il donnaiolo Marcello Snàporaz per giungere alla fine di un percorso che si rivelerà sorprendente per lo spettatore. Lascia destabilizzati e fa riflettere su temi importanti che, rappresentati in un film, possono portare a consapevolezze purtroppo non scontate. Donatella Damiani, Bernice Stegers accompagnano Marcello Mastroianni in una pellicola caratterizzata da belle trovate sceniche, e allo stesso tempo da un grottesco che racconta la relazione complessa e difficile tra uomo e donna. È tanto comico quanto drammatico, e differenti sono state le visioni critiche riguardo la natura del film. C’è la denuncia di una contemporaneità maschilista o Fellini è stato criticato per una nostalgia della vecchia donna?
“La città delle donne” è stato sicuramente controverso, ma si è fatto mezzo di una riflessione necessaria.