Dal Vangelo secondo Giovanni (6, 41-51)
In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».
Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
La mormorazione dei Giudei nei confronti di Gesù non è tanto il parlare male come quando si decide di additare e giudicare e condannare una persona. In quel caso le dicerie sulle presunte malfatte corrono di bocca in bocca attraversando piazze, vicoli e stradine fino a giungere sulle soglie di case che spalancano le porte solo per accogliere o diffondere pettegolezzi tanto spesso infondati, possibilmente edulcorati e ricamati.
La mormorazione dei Giudei assomiglia di molto a quella messa in atto costantemente per quarant’anni dai loro padri nel deserto nel cammino dell’Esodo. Nel mentre, infatti, Dio, con Mosè, prova a scrivere l’epopea di un popolo riscattato che avanza come un prode verso il compimento della promessa di là da compiersi, quelli uomini e quelle donne continuamente trovano pretesti per lamentarsi contro Dio e contro Mosè.
La mormorazione raccontata dalla Scrittura è vera e propria mancanza di fiducia in Dio. È pensare di poter fare a meno di Dio per realizzare la propria vita. È non essere pronti ad aprirsi allo stupore di incontrare un Dio che anziché condannare e giudicare si fa dono e offerta, pane da mangiare. È non riuscire a scorgere tra le rughe umane di un volto, quello di Gesù, l’avvento di Dio che scende dal suo Cielo perché la Terra sia baciata dallo Spirito. È non riconoscere che Dio si rivela e si fa conoscere non più con i tuoni e i fulmini e il terremoto di un tempo, quello della Prima Alleanza, ma attraversando il grembo di una donna – Maria – e lascandosi accarezzare e reggere e guidare da mani callose di falegname, quelle di Giuseppe.
La mormorazione è data dallo scandalo di un Dio piccolo e fragile, profumato di Cielo, ma imbrattato dalla polvere della Terra, fatto di farina ricavata da tanti chicchi di grano frantumati e che tra mani laboriose è diventata pane da dividere e condividere, pane da mangiare: Pane vivo disceso dal Cielo.
L’invito di Gesù, di ieri e di oggi, a noi come per i Giudei di un tempo è di mettere a tacere le mormorazioni e dare credito e ascolto agli annunci che vengono dal Cielo e diventano annunci di speranza e di futuro, annunci di notizie liete e belle che riempiono il cuore e l’anima.
Il primo annuncio di bellezza è sapere che c’è un Dio che mi attira a Sé, mi attrae esercitando su di me una forza che dà orientamento alla vita. Non dipende dalle nostre più o meno comprovate capacità la possibilità di stare in Dio. È il Dio che ci viene incontro perché sa bene che i nostri passi sono incerti e titubanti. Potremmo domandarci a cosa serva stare in Dio?
Qui il secondo annuncio di bellezza: la morte non è più l’ultima parola. C’è una vita oltre la vita. Chi si lascia attrarre da Lui non potrà mai cadere nell’oblio della morte e del disfacimento. Anzi, nell’ultimo giorno dei giorni suoi e del cosmo, sarà risuscitato.
Fare la comunione, celebrare l’Eucaristia, nutrirsi del Pane vivo disceso dal cielo (Parola e Pane) significa entrare nell’orbita gravitazionale di Dio. Ed è una costellazione che non avrà mai fine, e la sua luce brillerà per sempre. E sarà gioia eterna.