Il conflitto russo ucraino giunge proprio mentre ci troviamo al terzo anno di pandemia da Coronavirus che ha già destabilizzato la salute mentale di tanti, generando un notevole aumento di disturbi da stress da pandemia, nebbia cognitiva post covid che va a inficiare le capacità mentali di chi ha avuto il Covid, indipendentemente dalla gravità della malattia e dall’età. La sensazione di avere il “cervello annebbiato” si manifesta con stanchezza mentale, difficoltà di concentrazione, disorientamento, amnesie, a tutto ciò si aggiungono gli effetti della perdita di tanti posti di lavoro, la disperazione, la povertà.
I danni psicologici della guerra in Ucraina vanno a sommarsi all’emergenza sanitaria tutt’ora in corso.
La Prima Guerra Mondiale fu portatrice, nell’ambito della psichiatria moderna, di nuovi stress, i soldati venivano colpiti da una sindrome caratterizzata da palpitazioni, tremori, insonnia, isteria, talvolta il livello di stress nel vedere e vivere tanta sofferenza si manifestava con la perdita della parola, difficilmente recuperabile per alcuni, da qui si diffuse il termine “scemi di guerra” o “ automi”.
Chi ha vissuto, ha assistito o si è confrontato con un trauma, in genere attiva una risposta emotiva caratterizzata da intensa paura e sentimenti di impotenza. Tuttavia la maggior parte delle persone riesce a trovare dentro di sé le risorse per reagire ma, se ciò non avviene, si sviluppa un disturbo post traumatico da stress come conseguenza ed insorge per vari motivi. Basti pensare che nelle trincee, coloro che presentavano tali sintomi, potevano venire accusati di essere dei simulatori, infatti furono allestiti dei servizi psichiatrici che, attraverso l’applicazione dell’elettroshock, obbligavano i soldati a rientrare sul campo. In seguito alla Grande Guerra, l’unica soluzione era rinchiudere i pazienti soldati nei manicomi che tutto erano in termini di tortura dell’essere umano degradato ad oggetto immondo, tranne luoghi di cura.
I danni psicologici relativi alla situazione bellica, non riguardano solo chi è direttamente coinvolto nel conflitto, ma tutti. Esistono, infatti tantissime cause secondarie. E oggi ci risiamo, mentre ci lecchiamo le ferite dalle perdite subite e vissute a causa di una Pandemia che ha messo in discussione persino le relazioni, e va da sé che a distanza di quasi tre anni abbiamo dimenticato cosa voglia dire stringere una mano, abbracciare; abbiamo disimparato a darci gli auguri stampandoci due baci su entrambe le guance e non sappiamo più relazionarci se non dietro uno schermo che ci ripara dal virus.
Nel 2022, secondo la regola dei corsi e ricorsi storici, la Russia dichiara Guerra all’Ucraina e da una guerra nessuno si salva, mai! Neanche chi guarda. Le parole di Gino Strada risuonano più attuali che mai “Spero si rinforzi la convinzione che le guerre, tutte le guerre sono un orrore. E che non ci si può voltare dall’altra parte per non vedere le facce di quanti soffrono in silenzio”.
L’Italia, d’altra parte, ha spalancato le sue porte alle famiglie in fuga dall’Ucraina, le nostre scuole, i nostri medici, i cittadini, figli di un’Italia generosa e accogliente, seppur sofferente, con guanti e mascherine, ha teso le braccia alla popolazione ucraina. Ed ora proviamo a considerare e ad intervenire sui danni psico sociali di un bambino, di una famiglia sradicata dalla sua vita di origine e trapiantata in una nuova realtà e prepariamoci ad affrontare ed accogliere la loro sofferenza con la necessaria empatia ma anche con lucidità mentale.