Nuove specie rimpiazzano gli ulivi seccati da Xylella
Al lavoro una rete di 50 ricercatori, 75 aziende, 35 tecnici coordinati dal Distretto Agroalimentare di qualità Jonico Salentino
Una straordinaria squadra di ricercatori, agricoltori, agronomi, tecnici in campo per la Rigenerazione sostenibile dell’agricoltura nei territori colpiti da Xylella. Si è tenuta venerdì 6 maggio la prima riunione ufficiale del Piano di Rigenerazione in un affollato open-day, nelle sale hi-tech del Centro euromediterraneo sui cambiamenti climatici (CMCC) di Lecce, in via Biagi.
A presentare il Piano, il presidente del DAJS, Pantaleo Piccinno, il coordinatore del Piano, Fabrizio De Castro, il componente del comitato tecnico scientifico del DAJS, professor Teodoro Miano ed i rappresentanti dei 6 enti di ricerca coinvolti nel progetto: Università del Salento (UNISALENTO), Istituto Agronomico Mediterraneo (CIHEAM), Centro euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), Centro Nazionale Ricerche (IPSP – CNR), Università degli Studi di Bari (UNIBA), Politecnico di Bari (POLIBA).
Una vera e propria “corazzata della conoscenza” quella che rinverdirà i circa 7mila chilometri quadrati di campagne tra Lecce, Brindisi e Taranto colpite da Xylella fastidiosa. Un super-team composto da 23 unità di ricerca per un totale di 50 ricercatori, 75 aziende agroalimentari, 32 tecnici agronomi che saranno il termometro delle singole aziende pilota. Le 75 imprese che hanno aderito al progetto targato DAJS diventano vere e proprie “officine di innovazione” in cui sarà elaborata la visione dell’agricoltura sostenibile del futuro.
La rigenerazione prevede in particolare, al posto degli uliveti secchi, nuove coltivazioni nei settori vitivinicolo (53%), cerealicolo (1%), frutticolo (31%), orticolo (15%).
Una squadra di tecnici è poi al lavoro per la creazione di una piattaforma informatica grazie alla quale tutti i partner del Piano potranno conoscere in tempo reale informazioni e risultati del progetto e condividere le competenze.
“L’eccellenza della ricerca pugliese è riunita in questo ambizioso progetto – commenta il presidente del DAJS Pantaleo Piccinno, presente all’open day assieme al direttore Maurizio Mazzeo – La sfida è quella di connettere sapere e imprese. Aziende che hanno il compito sociale di restituire il beneficio finanziario ottenuto, diventando pioniere di nuovi modelli positivi e sostenibili per la rinascita del Salento”.
“Il Piano di Rigenerazione – precisa il coordinatore del Piano Fabrizio De Castro (DAJS) – non è importante solo per gli investimenti alle aziende ma perché la pianificazione strategica dell’agricoltura del Salento. Un’occasione straordinaria per riprogrammare il futuro dell’areale vasto colpito da Xylella: le tre province, Lecce, Brindisi e Taranto per un totale di 7mila chilometri quadrati. Abbiamo la responsabilità di dare al mondo agricolo una visione del futuro che possa consentire la rinascita del territorio”.
A tenere il filo degli interventi scientifici è stato il professor Teodoro Miano che ha sottolineato l’importanza della creazione di “una comunità di aziende che potranno condividere esperienze e conoscenze in merito all’innovazione agricola. Da oggi cominciamo a rinsaldare i rapporti con le aziende per effettuare interventi in campo”.
Dalle produzioni alternative all’olivo alla gestione sostenibile del suolo e dell’acqua, dalla “smart agriculture” alla redditività energetica, dalla biodiversità al “carbon neutral”: ecco i punti salienti della ricerca scientifica nell’ambito del Piano di rigenerazione spiegati dagli stessi protagonisti:
Damiano Petruzzella (Ciheam Bari): “Celebriamo un Innovation day, un primo momento di ricognizione corale importante per mettere a fuoco tre obiettivi: l’analisi di fabbisogni delle imprese con l’organizzazione di 10 world-cafè e la creazione dell’open innovation community; la formazione di “innovation coach”; l’attivazione di laboratori. Vogliamo creare una cerniera feconda tra mondo della ricerca e aziende per la creazione di una infrastruttura sociale dell’innovazione nel Salento”.
Pierfederico Lanotte (IPSP CNR BARI): “Compito del team di IPSP CNR sarà quello di aiutare le aziende nella scelta e pianificazione di alternative arboree all’ulivo, scelte pertinenti rispetto a reddito, paesaggio, copertura e tutela del suolo, resilienza dell’agroecosistema. Il Salento può puntare sulla precocità di alcune varietà, tenendo però sempre a mente le condizioni climatico-ambientali e le risorse idriche. Penso a kiwi, mirtillo (che si coltiva fuori suolo), agrumi, mandorlo, noce, pecan, pino da pinoli (frutta in guscio), cappero in sinergia con altre colture, foraggi di natura arborea per aziende zootecniche, forestazione produttiva, foraggere arboree (fico d’india, gelso). Siamo impegnati anche in test di patogenicità: verifichiamo che le specie e varietà da impiantare non siano sensibili a xylella. Guardiamo territori con caratteristiche simili a quelle del Salento per poter poi guidare gli imprenditori nelle scelte più pertinenti nell’ottica della rigenerazione”.
Carmine Summo (Università di Bari): “Il nostro task riguarda il supporto alle aziende nell’innovazione dei prodotti della filiera agroalimentare, nel segno della sostenibilità. È importante puntare su prodotti funzionali, nutraceutici, appetibili. Un esempio? Il melograno. Il mercato stima una prospettiva di crescita del 14% annuo di questo frutto proprio per le sue proprietà nutraceutiche. A Castellaneta abbiamo già un’azienda che trasforma questa coltura. È importante fare sistema e poter contare sul supporto per il processo tecnologico di trasformazione”.
Luigi Ricciardi (Università di Bari): “Il mio dipartimento si occuperà di biodiversità e nuove specie coltivabili. Lavoriamo da anni sulle risorse genetiche. Nel Salento stiamo portando avanti una ricognizione di germoplasma, di varietà locali, di ecotipi agrari che intendiamo valorizzare: cavolo riccio, cipolle, cime di rapa, sponsale, cece nero. Un team di 35 ricercatori si occuperà specificamente del progetto di ricerca e sviluppo dei Piano di rigenerazione, dalla meccanica agraria ai sistemi agronomici e forestali”.
Donato Mondelli (Ciheam): “Il nostro task sarà quello di studiare la gestione sostenibile del suolo e dell’acqua. La raccolta dei dati esistenti sulle caratteristiche dei suoli e dell’acqua nel Salento è stata deludente: i dati sono scarsi e obsoleti, anche di 20 anni fa. Sarà dunque importante effettuare un campionamento dei suoli, delle risorse idriche non convenzionali, come le acque reflue dei depuratori civili. Installeremo prototipi nei punti di emungimento per effettuare un controllo continuo delle caratteristiche chimiche dell’acqua irrigua e per monitorarne la salinità. Sarà un campionamento capillare a griglie dall’ampiezza di 5 chilometri, con una particolare attenzione alle aziende interessate al progetto e agli uliveti distrutti da Xylella. Possiamo già ipotizzare due problematiche: la carenza di sostanza organica dei terreni salentini e, in molte aree, la salinità, problemi causati da emungimenti eccessivi e da infiltrazioni di acqua marina. Per questo sarà importante sollecitare l’adozione di corrette pratiche agricole, dal sovescio alla riduzione delle lavorazioni del suolo, agli ammendamenti organici. Dobbiamo impegnarci nella messa in atto di strategie di lungo periodo per poter avere risultati soddisfacenti”.
Vincenzo Verrastro (Ciheam): “Daremo il nostro contributo sulle conoscenze entomologiche per la gestione fitosanitaria dei nuovi impianti. Xylella ci ha insegnato quanto siano importanti questi aspetti. Daremo poi un supporto alle imprese sulla gestione della C02, ovvero sulla emissione di gas serra e sulla vendita\acquisto di crediti di carbonio. Abbiamo infatti realizzato come Istituto, in sinergia con la Croazia, una piattaforma per poter monitorare e dunque gestire la C02 nell’ottica della smart agriculture”.
Arturo de Risi (UniSalento): “Con il nostro team siamo impegnati nello studio della redditività energetica, un tema di grande attualità ed importante supporto per la progettazione di una agricoltura sostenibile”.
Vincenzo Lorusso (Ciheam Bari): “Il nostro apporto nel Piano di rigenerazione è quello di implementare un’agricoltura sostenibile e resiliente. Una sostenibilità che implica rotazioni, colture, compost e altre tecniche per la redditività del terreno. Definiremo insieme uno standard, ovvero un documento che conterrà le regole da rispettare per un nuovo modello di agricoltura rigenerativa”.