Il 18 marzo 1981 la Rai mandava in onda la prima puntata di “Quark”, un programma, pur a carattere scientifico, alla portata di tutti. Già la sigla (piccola perla, l’Air, incastonata e II movimento all’interno dell’Ouverture n. 3 in re maggiore per orchestra, BWV 1068) catturava l’attenzione. Aver scelto una composizione di Bach in qualche modo sembrava voler proiettare verso l’approccio scientifico della musica.
È noto a tutti, fin dall’antichità, il legame tra musica e matematica(non è un caso se nel Medioevo faceva parte del Quadrivium) e, riferendoci più in particolare all’ambito compositivo, nel corso dei secoli, molti trattatisti ribadiscono quanto la musica abbia bisogno di regole certe, rintracciabili nella scienza dei numeri. Oserei dire che la scelta della sigla con la musica di Bach sia stata quella più ‘logica’ tanto che, pur cambiando i nomi della trasmissione (“Superquark” e altri), era destinata a rimanere. Soffermandoci ancora sulla sigla si osserva che dall’ordito contrappuntistico degli archi si erge il canto affidato ai primi violini i quali, pur ponendosi a guida dell’intera aria, invitano al dialogo gli altri archi. Si potrebbe affermare, metaforicamente, che in quella sigla alberga la sintesi delle trasmissioni di Angela. Per essere più eloquente ed aggiungere un altro tassello, partendo dall’ascolto, prendo in prestito le parole del grande Leibniz che aveva ben compreso quanto la musica corrisponda a «la matematica dell’anima».
A Piero Angela non bastava la musica per addolcire l’orecchio e amava entrare dentro per capire; attraverso lo studio del pianoforte si era nutrito in primis di Bach per poi aprirsi e ‘spaziare’ verso nuovi repertori fino ad approdare al jazz. La stessa scelta, non essendo un compositore, di prodursi come musicista jazz,chiarisce in sostanza la sua visione del mondo. Egli stesso, in un’intervista sul «Corriere della Sera» (14 giugno 2021), in occasione dell’uscita del suo disco jazz e a proposito dell’importanza dell’improvvisazione in musica, aveva affermato che: «Sì, perché nel jazz non sei solo esecutore ma anche compositore. Questa è la grande differenza rispetto alla musica classica. Bach non si può sbagliare, il jazz è creatività pura dove ogni solista può improvvisare su un giro armonico ricomponendo temi e arrangiamenti».
Ritornando alle parole di Leibniz, chiamando in causa l’anima (ànemos, nell’accezione di «soffio»), che rappresenta la parte vitale e spirituale di ognuno di noi, distinta dalla nostra fisicità, c’è bisogno del demiurgo, ovvero di un ‘ordinatore’, una sorta di divino artigiano, che, nel caso di Angela, ha saputo realizzare l’intellegibile attraverso l’essenza di ogni argomento affrontato nelle sue trasmissioni. Mi piace immaginarlo come una specie di divinità archetipica che già da giovane giornalista (esordisce in Rai come cronista radiofonico), inviato e poi volto noto del telegiornale, decide di abbandonare questi ruoli per assumere quello di ‘creatore’ di nuovi programmi ove tutto ruota intorno alle fonti, con la collaborazione di esperti.
Non le opinioni ma la scienza; non la collaborazione dei grandi intrattenitori della televisione ma gli studiosi, gli esperti. Per comprendere il suo insegnamento e il suo successo, tutto ciò non basta. Colpisce subito la sua serietà, l’educazione e il voler prendere per mano il pubblico e condurlo in un viaggio meraviglioso. Per i più piccoli poteva sembrare un buon padre di famiglia che prendeva per mano i figli nella guida di un mondo colmo di stupore.
Poi nel tempo ‘prende per mano’ tutti, istruiti ed analfabeti; chiunque guardava le sue trasmissioni difficilmente cambiavacanale.
A partire dagli Anni Cinquanta gli siamo debitori (giornalisti compresi) e non finiremo mai di ringraziarlo per averci avvicinati il più possibile alla verità. Ogni notizia, prima di essere comunicata, doveva passare dalla sua comprensione e soltanto dopo poteva essere diffusa tanto che, ogni argomento, ogni informazione era sempre vera; mai il sospetto di fake news. Il suo intento pedagogico era stare sempre dalla parte del pubblico con un linguaggio adeguato, lasciando i contenuti agli scienziati.
Com’ è noto, la sua dipartita all’età di 93 anni lascia un vuoto incolmabile: è come aver perduto un ‘padre’, un amico, un educatore, un punto di riferimento e nonostante ciò, per chi lo ha conosciuto poco anche dal punto di vista umano, ecco le sue parole:
«Cari amici, mi spiace non essere più con voi dopo 70 anni assieme. Ma anche la natura ha i suoi ritmi. Sono stati anni per me molto stimolanti che mi hanno portato a conoscere il mondo e la natura umana. Soprattutto ho avuto la fortuna di conoscere gente che mi ha aiutato a realizzare quello che ogni uomo vorrebbe scoprire. Grazie alla scienza e a un metodo che permette di affrontare i problemi in modo razionale ma al tempo stesso umano».
Poi, quasi excusatio per la sua uscita di scena, ma anche testamento di quanto è riuscito a realizzare in questi anni:
«Malgrado una lunga malattia sono riuscito a portare a termine tutte le mie trasmissioni e i miei progetti (persino una piccola soddisfazione: un disco di jazz al pianoforte…). Ma anche, sedici puntate dedicate alla scuola sui problemi dell’ambiente e dell’energia. È stata un’avventura straordinaria, vissuta intensamente e resa possibile grazie alla collaborazione di un grande gruppo di autori, collaboratori, tecnici e scienziati. A mia volta, ho cercato di raccontare quello che ho imparato. Carissimi tutti, penso di aver fatto la mia parte. Cercate di fare anche voi la vostra per questo nostro difficile Paese. Un grande abbraccio».
Prendendo a prestito il suo libro autobiografico Il mio lungo viaggio non ci resta che unirci al saluto del figlio Alberto («Buon viaggio papà») senza dimenticare il suo esempio di uomo colto e curioso. Grazie e adieu, Maestro.
Copyright © È vietata la riproduzione anche parziale