Giustizia, la sfida dell’avvocatura: identità, modernità e dialogo a tutto campo per riforme efficaci

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Lecce – Al via il XXXV Congresso Nazionale Forense in programma a Lecce fino a sabato. Questa mattina, al Teatro Politeama Greco (e in collegamento al Teatro Apollo), la presidente del Consiglio Nazionale Forense Maria Masi ha aperto i lavori leggendo la lettera di saluto inviata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Quindi i saluti delle autorità: dott. Carlo Salvemini, sindaco di Lecce; Avv. Antonio Tommaso De Mauro, presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Lecce; Avv. Stefano Pio Foglia, presidente dell’Unione Regionale delle Curie della Puglia; On. Avv. David Ermini, vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura; dott. Pietro Curzio, primo Presidente della Corte di Cassazione; on. Avv. Francesco Paolo Sisto, sottosegretario di Stato alla Giustizia; dott. Luigi Salvato, procuratore Generale della Corte di Cassazione.

 Le relazioni di apertura sono state dell’avv. Maria Masi, presidente del Consiglio Nazionale Forense; avv. Sergio Paparo, coordinatore dell’Organismo Congressuale Forense; avv. Valter Militi, presidente di Cassa Forense.

La presidente Masi è tornata sul tema dell’identità: «La crisi generale non è solo economica, anche culturale, rischiando di deprimere la creatività e il ruolo innovativo delle professioni intellettuali, compresa la nostra. La professione forense non è una monade, non è avulsa ma strettamente funzionale alla società e non può non risentire degli effetti economici e strutturali. Il Congresso è un’occasione per riflettere, discutere, confrontarci e capire se c’è una crisi identitaria che affonda nell’incapacità di trovare conforto nella consapevolezza del privilegio di difendere i diritti di tutti. Siamo ancora in grado di esprimere valori sociali? La comunità civile ci identifica come portatori sani di valori? Certo che lo siamo, lo dobbiamo essere. E allora quale migliore occasione per interrogarci non tanto su cosa l’Avvocatura non è stata in grado di fare ma sulle altre possibilità di svolgere le nostre funzioni, di collaborazione, di concerto con la magistratura. Per riuscire ad aprire quel recinto che in parte ci siamo costruiti attorno, evitando il confronto con il nuovo che in qualche caso temiamo proprio perché preoccupati che muti o cambi la nostra identità».

Sulla professione, e in particolare sulla riforma professionale, il coordinatore OCF Paparo ha detto che: «Dobbiamo mettere mani e ragionare sulla riforma professionale per modificare e migliorare non solo il nostro ruolo ma anche il funzionamento della giurisdizione. Come assemblea dell’OCF abbiamo individuato tre temi: accessi e tirocinio, sistema formativo e governance. Alcune mozioni sono unanimi, per esempio quelle sul regime giuridico degli ordini. Ma su altri temi ci sono, com’è giusto che sia visto che siamo diverse avvocature, prospettazioni confliggenti tra di loro. Dobbiamo scegliere: dobbiamo presentare una proposta unitaria alla politica che sta per insediarsi e che nella passata legislatura ha sfornato le cose più fantasiose. Abbiamo bisogno di una sessione ulteriore del congresso di due giorni che consenta a tutti di discutere, intervenire, spiegare le posizioni o l’eventuale sintesi che saremo riusciti a trovare così da presentare alla politica, al parlamento, al ministro una proposta che abbia la forza di provenire dall’assise congressuale, non una serie di mozioni da cui il singolo parlamentare può scegliere in base alle convenienze».

Il presidente della Cassa Militi ha invece sottolineato l’esigenza di una nuova politica del lavoro di categoria: «La categoria soffre perché è concentrata su un’attività in crisi, quindi dobbiamo cercare il nostro modello di sviluppo anche in altri ambiti. Quindi la politica del lavoro significa che le istituzioni, le associazioni, gli avvocati devono provare a costruire una serie di spazi, di opportunità per lo sviluppo della professione. Sviluppo significa anche guardare a un altro elemento, non corporativo ma di tutela delle avvocate e degli avvocati: abbiamo un mare di problemi che se non affrontati rischiano di travolgerci. Ora che abbiamo la parità di genere, per esempio, non è pensabile avere una disparità salariale, con le colleghe che hanno guadagni inferiori anche del 50%. È un problema di tutta l’Avvocatura, che deve aggredirlo attraverso una serie di misure strutturali, compensative. Sono le fasce più deboli che vanno sostenute con norme che diano tutele e che guardino alla possibilità di colmare le disuguaglianze. Come Casse stiamo riuscendo a mettere a disposizione della categoria delle risorse per l’assistenza al fine di dare un modello basato su risposte concrete».

Prima delle relazioni, portando i saluti della città di Lecce che ospita di nuovo il Congresso a distanza di 43 anni, il sindaco Salvemini ha sottolineato come in questo delicato momento: «L’Avvocatura con la sua saggezza ed esperienza deve essere riferimento imprescindibile per la politica e la magistratura perché la collegialità delle decisioni è essenziale per raggiungere obiettivi ambiziosi. Ma abbiamo bisogno di risorse e strumenti, e sono felice di annunciare l’impegno di Lecce per il nuovo polo della giustizia. Affinché la giurisdizione sia efficace non basta cambiare le regole del processo, ma investire sull’ossatura del sistema: uffici, strutture e soprattutto personale. L’intenso programma del Congresso vedrà l’Avvocatura riflettere sulla professione, sui cambiamenti, sull’evoluzione tecnologica e della comunicazione, sull’approccio dei cittadini al tema giustizia. L’Avvocatura ha sempre mostrato di essere poco interessata ai discorsi auto-referenziali e molto alla società, per aprire lo sguardo a un mondo che cambia».

L’avv. De Mauro, presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Lecce, ha messo in evidenza: «La sostenibilità dello sviluppo è il tema che affronteremo in questi giorni, sostenibilità normativa soprattutto in un periodo di grandi riforme economiche e professionali. Tutti noi che siamo stati chiamati dalle colleghe e dai colleghi a rappresentare qui l’Avvocatura italiana abbiamo il compito, la forza di proporre, la tenacia nel perseverare, con la certezza che nessuna giustizia predittiva né alcuna intelligenza artificiale potranno sostituire l’essere umano. Non abbicheremo mai a questo compito che la storia e la natura stessa ci hanno assegnato».

Anche il sottosegretario Sisto ha rimarcato che: «Avvocatura, magistratura e politica devono essere sinergiche per raggiungere traguardi che non possono più vedere conflittualità, il paese non se lo può permettere. La riconciliazione è a tutela dei cittadini, per inaugurare una nuova stagione dei diritti». «Le riforme non sono state una fredda riduzione dei tempi come da richiesta del Pnrr – ha poi aggiunto – ma sono state ispirate dal rispetto della persona come da Costituzione». Infine una ‘rassicurazione’ a tutti gli avvocati, e ai professionisti in generale: «La legge sull’equo compenso è nata dagli sforzi di tutte le forze politiche, ma è stata frenata in ultima battuta da alcune di queste forze. Una delle prime leggi che verrà alla luce nella nuova legislatura sarà quella dell’equo compenso, è una promessa».

Di sinergie ha parlato anche il vicepresidente del Csm Ermini, che ha richiamato «a una collaborazione nei mesi a venire pragmatica, realista e dialogante tra tutti gli attori della giurisdizione, in primis avvocati e magistrati. Già ora siamo in una fase di cambiamento della giustizia, in cui dovranno trovare piena applicazione le riforme che hanno ricevuto la loro definitiva approvazione nei giorni scorsi con i decreti legislativi varati dal consiglio dei ministri. So che da parte dell’avvocatura resta l’insoddisfazione e l’amarezza per alcuni contenuti e il timore che le garanzie di difesa siano sacrificate sull’altare dell’efficienza del processo, ma so anche che eventuali aggiustamenti, alla luce della pratica, saranno sempre possibili. E dunque mi sento qui di riproporre l’appello formulato con parole nette e univoche dal capo dello Stato dopo la rielezione alla cerimonia del giuramento dinnanzi alle Camere: “La magistratura e l’avvocatura sono chiamate ad assicurare che il processo riformatore si realizzi, facendo recuperare appieno prestigio e credibilità alla funzione giustizia”».

Il procuratore Salvato ha invece ribadito che: «L’Avvocatura non è solo una professione, è un’istituzione essenziale dell’ordine politico e sociale. La questione per me quindi non è l’ulteriore esplicitazione del ruolo dell’avvocato, quanto i problemi: la globalizzazione che ha investito il diritto; la rivoluzione delle vite per le nuove tecnologie, l’AI che sembra capace di sostituire all’uomo in attività complesse fino a rendere possibile la giustizia predittiva. Nuovi fenomeni spingono quindi a ripensare la professione. Siamo ancora necessari? Sì. In che modo? Il congresso ce lo dirà».

Sul tema delle riforme, il presidente Curzio ha sottolineato che «le risorse normative, i cambiamenti complessi delle norme hanno bisogno di attuazione e quella dell’attuazione è la fase più difficile ed è la fase che stiamo vivendo in questi giorni. Perché sta cambiando tutto il processo civile, il processo penale, il diritto concorsuale, il sistema della giustizia tributaria, che si riflette fortemente sul sistema Cassazione. Per l’attuazione delle riforme è fondamentale l’accordo, la collaborazione tra i protagonisti della giurisdizione e i protagonisti della giurisdizione siamo noi giudici e voi avvocati insieme. In Cassazione non siamo all’anno zero, l’esperienza dei protocolli è da tempo avviata, il processo telematico, come ben sa la presidente Masi, sta andando avanti grazie all’impegno comune di giudici ed avvocati. In futuro dobbiamo proseguire su questa strada, la strada del confronto, la strada del dialogo, la strada della collaborazione. Ci sono le premesse e io sono qui per contribuire a fare ulteriori passi avanti con voi su questa strada».

Infine, l’appello di Pio Foglia, presidente dell’Unione Regionale delle Curie della Puglia: «Cari colleghi, questo è un Congresso anomalo, perché la politica non c’è, non c’è il Ministro, non c’è il governo. Voglio dire che è ora di smettere di essere umiliati dalla politica. Ancora oggi non abbiamo una legge sull’equo compenso e dobbiamo gridare per essere riconosciuti nella Costituzione. Se non entreremo nella Costituzione saremo sempre soggetti ad umiliazioni».