Il mondo della coralità ad Arezzo

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Il volume di Alfredo Grandini, Il Concorso polifonico di Arezzo. Le origini e i primi anni (1952-1962), pubblicato dalla Fondazione Guido d’Arezzo (2021), come dichiarato nella Premessa, fornisce gli esiti di un’indagine volta più che altro «alla cronaca e alla registrazione dei fatti relativi alle prime undici edizioni del Concorso polifonico e dei suoi prodromi».

Da una prima lettura si percepisce la ricerca, da parte dell’autore, sugli esordi del Concorso, soffermandosi più attentamente sul primo decennio.

Siccome Grandini possiede una certa sensibilità verso il mondo della coralità si può cogliere, nelle pagine, un’affettuosa nostalgia di quel periodo vivo, fecondo, di grande entusiasmo, tanto da immaginare il tutto come elegia della passata giovinezza.

Per alcuni aspetti, e nell’ottica del tempus fugit, è un po’ come sfogliare un album di ricordi permettendo, attraverso la lettura, di seguire passo dopo passo la crescita di un bambino che negli anni, dopo varie imprese, diventa un giovane maturo tanto che, dopo solo quattro anni dalla nascita, il Polifonico ha bisogno di una sede più idonea rispetto al Teatro Petrarca, definito da «La Nazione» «insufficiente […] per la manifestazione di chiusura» (21 aprile 1956).

Un valido aiuto alla ricostruzione della gloriosa storia del Concorso è costituito dalle numerose foto, autentici tableaux vivants che raccontano ed evocano momenti colmi di emozioni, pur in silenzio.

Alcune immagini ritraggono i cori durante le loro esibizioni o mentre sono in giro per la città, ognuno con i vestiti del proprio Paese, sfoderando sovente raggianti sorrisi e dichiarazioni positive sull’accoglienza, ecc., elementi che, nell’insieme, fanno presagire il clima che si respira durante il Concorso tanto da non sfuggire alla stampa che conia l’espressione «sana allegria di ogni anno».

Il volume, grazie all’appassionante racconto di Grandini, sembra invitare ad una partecipazione affettiva degli eventi al punto che non mancano momenti in cui si ha l’impressione di trovarsi quasi protagonisti dei fatti. Se il lettore non dotato di alfabetizzazione musicale può assistere allo spettacolo, quello acculturato musicalmente potrebbe anche unirsi (senza stonare) al coro: autentico ‘miracolo’ della lettura come “immortalità all’indietro” (U. Eco).

In alcune situazioni (quasi contesti oratoriali) l’autore veste l’abito dell’historicus; in altre, grazie al suo ampio e variegato background (studi musicali-musicologici, cantante, ha ricoperto per molti anni vari incarichi e – dal 2019- vicepresidente della Fondazione “Guido d’Arezzo”), costituisce una fonte diretta in quanto testimone e spettatore visivo e uditivo. Dalla scrittura emerge una vita trascorsa accanto al mondo della coralità e attraverso la sua interpretazione possiamo immaginare la percezione della realtà corale a partire dagli Anni Cinquanta, le origini della Società aretina del Dopoguerra, dei luoghi, le opinioni intorno al Polifonico ecc.

Ma nel volume c’è tanto altro: alcuni eventi intorno alle celebrazioni guidoniane, nomi di musicisti legati alla città di Arezzo e al Concorso come Francesco Coradini e Arturo Benedetti Michelangeli (quest’ultimo stabilisce un rapporto duraturo e significativo con la città toscana). Ricordo altresì lo storico e critico d’arte Mario Salmi, originario della provincia (San Giovanni Valdarno) il quale, pur non essendo musicista, comprende i valori e il livello del Polifonico: «per venire a Arezzo bisogna essere ben agguerriti e possedere una preparazione molto seria» («La Nazione», 29 aprile 1956) ricoprendo anche l’incarico di presidente dell’Accademia Petrarca.

La pubblicazione inoltre è corredata da due sezioni (Appendici) ove sono inseriti dati importanti ai fini di un ulteriore approfondimento. Nella prima si descrive, anno per anno (Le Schede), tutto quanto appartiene all’organizzazione (brani d’obbligo, elenco dei cori partecipanti e vincitori, la giuria, ecc.), mentre nell’altra (I Personaggi) si citano, con brevi curricula, alcuni tra i musicisti più rappresentativi (nei vari ruoli) che hanno preso parte alle varie edizioni.

Consiglio, in particolare a chi è lontano dal mondo della coralità, di lasciarsi guidare da Grandini perché la sua nascosta ambizione è quella di «ducam caecos in viam quam nesciunt».

Ad impreziosire il volume, «Opera vincitrice del 10 premio sezione saggistica del XXIV Premio Letterario Tagete 2022», si segnalano infine la Prefazione di Ferdinando Abbri e la Postfazione di Claudio Santori.

L’autore, nel ricostruire il Concorso (ancora oggi palcoscenico internazionale per coloro che operano nel mondo della coralità) offre altresì un autentico ‘contrappunto’ con la storia non solo musicale di Arezzo, la “città più canora d’Italia” («La Nazione», 2 agosto 1956), ove ogni istituzione, personaggio della cultura, della politica ecc., presenti nel Concorso a vario titolo, agiscono ed interagiscono in ‘armonia’ tanto da costituire il nucleo dei valori del Polifonico.

Auspichiamo un’ampia diffusione del volume unitamente ad una prossima pubblicazione come continuazione di una storia di cui il nostro Paese può andare orgoglioso.

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Compositore, Direttore d’Orchestra, Flautista e Musicologo. Curioso verso ogni forma di sapere coltiva l’interesse per l’arte, la letteratura e il teatro, collaborando con alcune riviste e testate giornalistiche. Docente presso il Conservatorio di Perugia, membro della SIdM (Società Italiana di Musicologia), socio dell’Accademia Petrarca di Arezzo, dal 2015 ricopre l’incarico di Direttore artistico dell’Audioteca Poggiana dell’Accademia Valdarnese del Poggio (Montevarchi-Arezzo).

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