Due corpi, quelli di un uomo e di una donna. Entrambi vestiti di nero, camicia e pantalone lui, camicia e ampia gonna lei. Sono di fronte al pubblico, sulla destra di un palcoscenico spoglio, e con le mani si coprono il volto. Indietreggiano, e mentre lo fanno, quasi magicamente, lasciano cadere piccoli pezzi di carta colorata. Poi, la luce (disegno luci: Tommaso Contu) ne esalta le forme, le loro mani lentamente si abbassano e la musica (John Surman – Nestor’s Saga), sottolinea l’intensità drammaturgica di questa danza narrativa, che rapisce i presenti, proiettandoli nella dimensione del viaggio.
Le loro braccia nuovamente si sollevano, e le punte delle dita pare vogliano lambire il cielo, poi, ricadono, s’incontrano in un abbraccio, si rialzano. A questo punto sparisce il palcoscenico ed anche i loro corpi, perché grazie alla potenza evocativa del movimento, tutto trova posto in quel luogo chiamato “immaginazione” e si vede il mare, il cielo, il prato, la terra. I danzatori eseguono a tratti movimenti sincronizzati, rallentati, accentati e lo spazio è immenso, perché vasto è il luogo della fantasia, che raccontano con grazia, eleganza, bellezza, in un continuo fluire di segni. Infine, le loro mani tornano sul volto, come a dover rimettere la “maschera”, perché finita la fiaba si torna alla realtà. Buio…
Come spiegheranno gli stessi interpreti, quello presentato in appena 14 minuti, è solo un primo studio detto: “Momento”, che Stefano Mazzotta, coreografo e danzatore ha realizzato per Zerogrammi e ballato in compagnia di Amina Amici (14 Aprile 2023, Cantieri Teatrali Koreja – Lecce). Si tratta del primo capitolo del progetto coreografico “Il racconto dell’isola sconosciuta” liberamente ispirato all’omonima opera di Josè Saramago, scrittore, poeta e critico letterario portoghese, premio Nobel per la letteratura nel 1998 (Azinhaga 1922- Tias 2010).
La fiaba racconta di un uomo che voleva cercare un’isola sconosciuta e per farlo chiede aiuto al Re. Quest’ultimo, troppo occupato a sostare davanti alla “porta degli ossequi”, demandò ai suoi segretari, che a loro volta chiesero alla signora delle pulizie di domandare cosa volesse. L’uomo voleva una barca. Dopo tre giorni, il Re andò alla “porta delle petizioni” e lo ascoltò. Il protagonista della storia non farà un percorso solitario, perché una donna, la signora delle pulizie, deciderà di seguirlo e insieme, navigheranno quel mare sconfinato, alla ricerca dell’isola sconosciuta. Dunque, il mare, la barca e il vento… l’inconscio, la coscienza, il destino, componenti della vita, che concorrono a far emergere il vero “io”, in quel processo che Jung chiama di “individuazione”. Un viaggio nella profondità del sé, terminato il quale, l’uomo può gettare la “maschera”, e vivere.
Quello intrapreso da Zerogrammi è “un percorso di ricerca artistica legato al tema della memoria, del tempo, del suo scorrere e della condizione emotiva e sociale che questa relazione innesca”. Grande attenzione è stata data al gesto, che deve narrare un pensiero e fermarsi all’ Augenblick, “Augen” occhio e “blick” occhiata, ossia “colpo d’occhio” quello che dura non più di un battito di ciglia, un attimo, “supremo” come nel Faust di Goethe, per l’appunto un “momento”.
Zerogrammi è un Organismo di Produzione della Danza fondato nel 2001, diretto dal coreografo Stefano Mazzotta, riconosciuto e sostenuto dalla Regione Piemonte, da TAP Torino Arti Performative/Città di Torino e dal MIC Ministero della Cultura. La calviniana leggerezza cui allude il nome della compagnia è l’obiettivo cui tende la sua ricerca. Ha realizzato oltre 40 produzioni, frutto anche di collaborazioni internazionali con la Francia, Svizzera, Spagna, Finlandia, Olanda, Portogallo, Germania, Russia, Turchia, Singapore, Islanda e ricevuto numerosi premi: Premio Danz’è/Festival Oriente Occidente 2008, Premio Giocateatro 2009, Premio Raduga, Golden Mask,Premio Vignale Danza, Premio Hystrio, CollaborationKids, Premio Danza & Danza, Premio Otello Sarzi.
Stefano Mazzotta è Coreografo, danzatore, diplomato alla Civica Scuola d’Arte Drammatica “Paolo Grassi”. Il suo percorso creativo e produttivo fonda le sue basi su un costante impegno drammaturgico e sulla ricerca di una leggerezza comunicativa. Il suo segno coreografico è frutto della contaminazione tra danza contemporanea (tecnica Cunningham) e teatro di movimento.
Amina Amici si forma come danzatrice presso la Dance Gallery di Perugia diretta da Valentina Romito e Rita Petrone. Si è poi perfezionata attraverso master e seminari in Italia, a Parigi, Londra e New York. Nel 1999 ha iniziato la sua carriera con la Compagnia L’Impasto (oggi Balletto Civile). Numerose le Compagnie con le quali ha lavorato. Dal 2003 firma le sue coreografie. Guarda con interesse alle pratiche coreografiche che riescono a coniugare rigore tecnico e teatralità.