Schivo e riservato, Roberto Vetrano è un artista conosciuto in Italia e all’estero. Le sue composizioni hanno riscosso molto interesse durante i concerti estivi in Salento, esattamente nel Comune di Nardò, Caprarica, Poggiardo e Scorrano, del duo Carrozzo-Fasiello, che nel corso del Jeans Music Festival, ideato da Matthieu Mantanus e organizzato dall’Associazione Orchestra Filarmonica di Lecce, ha proposto “Maiastra”. Il nome prende origine dalle fiabe popolari rumene, si tratta di un uccello dai poteri magici e, come sottolinea l’autore nel corso dell’intervista, fa anche riferimento alla scultura di Costantin Brancusi. Negli scorsi mesi le sue composizioni sono state eseguite ad Hong Kong, Malmo, Berlino, Roma, Milano. Ancora, il Sonar Trio, composto da musicisti salentini, nel mese di luglio ha pubblicato con Tactus il disco “Lithos” all’interno del quale possiamo ascoltare “AcusticA”.
Diplomato in pianoforte e composizione presso il Conservatorio T. Schipa di Lecce, consegue il Master di II livello in Composizione presso il Conservatorio G. Verdi di Milano e si diploma in composizione con il massimo dei voti e la lode presso l’Accademia Nazionale di S. Cecilia (sotto la guida di I. Fedele), vincendo il Premio Petrassi 2013, consegnato direttamente dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ha studiato con S. Sciarrino, B. Furrer, T. Murail, T. Hosokawa, tra i più importanti compositori della scena internazionale. Inoltre, nel 2010 ha approfondito gli studi di musica elettronica frequentando l’Atelier IRCAM a Metz. Ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti: Milano, Premio San Fedele 2010-2012; Torino, Estovest Festival 2013; Perugia, Festival Segnali 2014; Barcellona, Festival Mixtur 2014; Biennale di Venezia 2016; Roma, Premio Valentino Bucchi 2019; altri.
Già docente di composizione presso i Conservatori di Vibo Valentia, Foggia e Trento, attualmente lo è presso il Conservatorio di Musica Egidio Romualdo Duni di Matera, fondato da Nino Rota.
Cosa rappresenta per lei la Musica?
La musica fa parte della mia vita praticamente da sempre, ho iniziato a studiare pianoforte quando avevo 6 anni, ho proseguito gli studi in Conservatorio dove poi ho intrapreso lo studio della composizione. Sono cresciuto con la musica, in ogni tappa della mia vita la musica ne scandiva l’evoluzione.
Che genere di musica contemporanea predilige?
Ho ascoltato e amato molta musica del secondo 900 sino alle esperienze più recenti, è difficile individuare delle preferenze e l’elenco di compositori potrebbe essere molto lungo. Tra tutti però vorrei citare Gyorgy Ligeti e Giacinto Scelsi, due compositori che hanno avuto una forte influenza nei miei primi anni di studio. Non posso poi non citare alcuni maestri con i quali ho studiato: Ivan Fedele, Beat Furrer e Salvatore Sciarrino tra tutti; l’incontro con questi compositori è stato fondamentale per la mia crescita artistica e non solo. Ci tengo a dire che oltre alla musica contemporanea ascolto anche tanta altra musica, jazz, rock, la musica elettronica e ascolto sempre con grande curiosità tanta musica prodotta oggi.
È noto che Cage nel comporre la sua musica, prendesse spunto dal misticismo orientale, lei?
Per quanto mi riguarda non ho particolari punti di riferimento, sicuramente però posso dire che spesso nei miei lavori sono presenti dei richiami (spesso anche nascosti) alla letteratura e alla poesia, al cinema e in generale alle arti visive: Gagarin e il ciclo di Acustica sono legate a delle opere di Gastone Novelli, in altri lavori ci sono dei riferimenti più o meno nascosti a Klee e a Brancusi, la dedica in un altro brano è al poeta Osip Mandelstam, uno dei miei primi pezzi, pur non avendo parti cantate, era costruito su una poesia di Rimbaud.
Senza addentrarsi troppo in tecnicismi, vuole spiegare a coloro che ci leggono come procede nella scrittura di un brano?
Sicuramente non è un percorso lineare ed univoco, alcuni miei lavori hanno avuto una gestazione di pochi giorni o settimane, altri sono durati mesi e anche anni (e qui devo ringraziare gli strumentisti che a volte hanno atteso molto tempo prima ricevere una mia partitura). In generale però potrei individuare varie fasi che vanno da una prima intuizione di un’idea, di una figura musicale o di una particolare dimensione sonora, alla sua prima stesura che non necessariamente è sempre su pentagramma, a volte infatti può essere un disegno o uno schema grafico di riferimento. Dopo questa prima stesura inizia il lavoro di artigianato compositivo per la costruzione di una forma e la definizione delle figure musicali. Questo è il cuore del processo creativo e quasi mai è un lavoro lineare, molto spesso procedo componendo diverse sezioni del pezzo per poi montare il tutto per la stesura finale, questo mi consente di avere nuove prospettive di quello che sto scrivendo permettendomi ulteriori sviluppi della prima idea originale che a volte viene stravolta del tutto. Alla stesura finale del pezzo segue poi la ricopiatura e la verifica con gli strumentisti per poi eventualmente ritornare sulla partitura per le revisioni e correzioni.
Nelle sue opere/brani Ettore Majorana, Nomos, Quarto Divagare, Acustica III, Gagarin etc., evidenzia un interesse verso la qualità del suono, piuttosto che per uno strumento in particolare. È sulla base di questo principio che sceglie gli strumenti per l’esecuzione?
Uno degli elementi fondamentali del mio lavoro è proprio l’esplorazione timbrica della dimensione sonora, sia quando ho a che fare con grandi orchestre sia con piccoli ensemble o strumenti solisti. Solitamente la scelta degli strumenti dipende da chi commissiona il pezzo, dalla formazione dell’ensemble e da circostanze a volte anche molto pratiche (organici orchestrali che non possono subire variazioni, formazioni stabili dove è previsto l’utilizzo di tutti gli strumenti e a cui non se ne possono aggiungere altri ad esempio), quindi posso dire che non sempre un compositore ha la possibilità di scegliere gli strumenti.
A suo avviso, la tecnologia amplifica o riduce la creatività del compositore?
Per quanto riguarda la creatività, credo che meno elementi e materiali si hanno a disposizione più si è costretti a lavorare d’ingegno per creare qualcosa, la storia della musica è piena di esempi, da Palestrina a Bach e Beethoven, sino a Ligeti o Shostakovich. Ai miei alunni consiglio sempre di lavorare con pochissimi elementi proprio per sviluppare le capacità creative legate all’elaborazione e allo sviluppo del materiale. Per rispondere alla sua domanda considero la tecnologia un mezzo come altri che può essere utilizzato per comporre: non è tanto il suo utilizzo che può ridurre o aumentare la creatività ma è più che altro l’utilizzo che se ne fa. Anche in questo caso ci sono numerosi esempi di come l’utilizzo della tecnologia abbia contribuito a dar vita a capolavori della musica del 900: Grisey, Ligeti, Romitelli solo per citarne alcuni.
La musica contemporanea, intesa quella di ricerca e sperimentale, rimane un genere di nicchia. Perché?
Semplicemente perché molto spesso non risponde all’esigenza di immediatezza comunicativa tipica della musica di largo consumo. Succede la stessa cosa anche per le altre arti, la musica però ne paga un prezzo più alto per una serie di motivi legati alle modalità di fruizione e anche perché siamo circondati e sommersi da musica di consumo. Personalmente preferisco comunque parlare di musica d’arte anziché di ricerca o musica sperimentale, queste mi sembrano definizioni un po’ generiche spesso utilizzate per giustificare qualcosa di strano o bizzarro che non si comprende e sotto la cui definizione a volte si cela un dilettantismo che nulla a che fare con l’arte.
Come abituare l’orecchio all’ascolto di una musica, vera e propria architettura, ma corpo sonoro spesso privo di una regolare linea melodia?
Più che abituare l’orecchio, parlerei di educare l’orecchio all’ascolto della musica in generale e non solo di quella contemporanea. Ogni epoca ha sviluppato i propri linguaggi e le proprie estetiche, molto spesso l’ascoltatore comune ha l’aspettativa che la musica si muova sempre all’interno di determinati canoni che utilizzano ad esempio un linguaggio legato all’armonia tonale o modale (con tutte le possibili elaborazioni più o meno semplici o complesse) o che sia strutturata secondo lo schema tipico della melodia con accompagnamento, ma molto spesso non è così. Il primo passo per educare l’orecchio all’ascolto è quello di ascoltare la musica di tutte le epoche e scoprire che ogni repertorio, ogni epoca e compositore costituiscono un mondo a sé che necessita di una chiave di ascolto differente. In questo modo credo sarà molto più naturale e semplice poter apprezzare un lavoro orchestrale di Scelsi, un mottetto di Orlando di Lasso o un album di Coltrane.
I suoi lavori sono stati eseguiti da alcuni dei più prestigiosi ensembles, Direttori e solisti, chi le è rimasto nel cuore e perché?
Ogni collaborazione è stata a suo modo importante e costruttiva, sia quando ho lavorato con grandi direttori o solisti, sia quando ho lavorato con giovani studenti. Non mi sento di indicare un’esperienza in particolare ma posso dire che le collaborazioni a cui sono più legato sono quelle nelle quali ho instaurato con gli strumentisti o direttori un rapporto umano e di amicizia che poi è continuato anche aldilà del concerto.
Cosa si sente di consigliare a chi desidera intraprendere lo studio della composizione?
Disciplina nello studio della tradizione, ascolto e conoscenza del repertorio, non avere nessun pregiudizio ma coltivare sempre un approccio critico nei confronti di qualsiasi repertorio musicale (colto o commerciale che sia), curiosità nell’esplorare nuovi mondi sonori e tanta perseveranza