Come funziona l’attacco provocatorio

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Per provocazione si intende qualsiasi forma verbale e non verbale di attacco, violenza, aggressione più o meno larvata ed offesa volte a generare una reazione che finirà con il mettere in discussione la relazione con l’altra persona. Collera, discussioni talvolta ingiustificate e critica negativa suscitano nel destinatario disagio e sofferenza. Il provocatore agisce più o meno intenzionalmente provando un piacere sadico nell’ osservare l’altro districarsi in tentativi di risposta inadeguata e frustrazione per l’incapacità nel restituire pan per focaccia. L’ingiuria è il termometro che misura il livello del raggiungimento del danno o perlomeno l’imbarazzo arrecato, talvolta pubblico. Le provocazioni stricto sensu consistono in un’escalation e cioè in un crescendo di violenza il cui fine ultimo è poi generare astiosità e dissociazione. A monte della situazione spiacevole spesso si nasconde il tentativo mal riuscito di comunicare in maniera sana, per così dire. Il provocatore rimane soddisfatto a metà poiché codesto gioco perverso gli procura una sorta di gratificazione, se così si può definire, relativa, stante la “fame del sopravvento” risultante dallo scontro. Infatti si legge psicologicamente nel comportamento del violento una fissazione a stati antecedenti dello sviluppo evolutivo, quindi si registra una regressione in ogni senso.  La chiave di svolta è data sempre e comunque dal socratico “conosci te stesso”, basilare per una ottimale inter-azione umana. Non si può correggere il tiro di una provocazione mirante a misurare sé stesso violando le regole primarie del vivere civile. È così difficile correggere sé stessi figuriamoci gli altri. Quindi, pazienza, autoconsapevolezza che vuol dire autoefficacia, creatività sono le parole d’ordine per una buona autodefinizione della propria personalità e integrazione nel tessuto sociale. Dunque, buon lavoro e auguri per ogni passo compiuto sulla via maestra.