Bastano undici minuti e quattordici secondi, per raccontare il dramma esistenziale e familiare che ognuno di noi, nel naturale decorso della vita, in quanto figlio/a deve affrontare, ossia, come spesso accade, la malattia e poi la morte del o dei genitori. La storia, che in questo cortometraggio viene accompagnata da una specifica ed anche metaforica condizione metereologica, è impregnata di sentimenti contrastanti, dove certamente, l’elemento dominante è l’amore. Quello di una madre verso i figli e quello di un figlio che l’accudisce fino all’ultimo istante, e che in alcuni momenti evoca la parabola del figliol prodigo.
La pioggia batte forte sul vetro dietro il quale appare un giovane uomo, interpretato da Paride Napolitano che, dopo aver spostato una tenda, sembra domandarsi quando smetterà. L’immagine, resa sfocata dalla pioggia, resta con l’inquadratura su quel vetro, entrando come un frame nel suo dramma. Maria Ausilia Maglione, nei panni di una donna anziana riposa in un letto, dove di lì a poco, si avvicinerà quell’uomo per svegliarla. Nella scena che segue, la donna è su una sedia a rotelle condotta dallo stesso, che immaginiamo essere il figlio. Non c’è musica se non il continuo scrosciare della pioggia e il rumore d’ambiente. L’anziana, accompagnata al tavolo per la colazione, pare sofferente ma ancora capace di bere in autonomia, presto però s’interrompe, e con tono malinconico chiama più volte il nome di “Edoardo”. Il giovane, seduto alla sua sinistra, manifesta una evidente irritazione e con disappunto gira la testa dal lato opposto. Nella scena successiva la signora è seduta davanti al camino e quando si accorge che qualcuno sta entrando in casa, domanda: “Chi è, Edoardo?”. Interessante il cambio di scena, che fotografa lo scorrere del tempo e le quotidiane cure che il figlio dedica all’anziana madre, che lo ringrazia, pensando però di avere vicino Edoardo. Poi un altro giorno, e di nuovo a tavola e a letto ed il pensiero per Edoardo si fa sempre più forte. Passano i giorni, ma non la pioggia. Evidenziata da una musica dal suono cupo, prende il via il repentino declino dell’anziana signora che non riesce più a mangiare da sola e ancora, chiama Edoardo. È a quel punto che il figlio ha una reazione di stizza e dopo essersi alzato di scatto la scuote e le dice qualcosa sovrastato dal rumore della pioggia, che ancora batte forte sui vetri. Piange, spaventata, mentre il figlio porta alla sua fronte la mano, consapevole di aver sbagliato. Poi il buio. L’immagine riprende così com’è iniziata, la pioggia che batte sui vetri, il giovane che sposta la tenda e che si avvicina alla madre la quale, questa volta, giace nel letto morente. L’arrivo del medico (Fabio Vincenti) e il loro colloquio sempre filtrato dal vetro con la pioggia battente. Poi l’epilogo, al capezzale il figlio le tiene stretta la mano. Ora è solo in quella casa, col suo lutto e la sua solitudine, e nulla lo distrae dalla lettura di un telegramma, neppure il forte e ripetuto squillare del telefono. Pochi giorni dopo, ritrova un vecchio album di famiglia e mentre lo guarda suonano alla porta, è Edoardo (Luca Di Bernardo). Un lungo abbraccio sottolinea il loro affetto accompagnato da una musica incalzante e ritmata (Musiche originali di Gianluca Milanese). La vita porta a voltare pagina proprio come quell’album di foto, che nella scena finale si continua ancora a sfogliare, forse per ricordare i momenti più belli e per fissarli nella memoria come in quell’ultima immagine che ritrae l’anziana signora il giorno del suo ottantesimo compleanno, mentre sorridente abbraccia i suoi due figli.
Interessante la scelta compositiva decisa dagli autori e registi del cortometraggio Francesco Corchia e Andrea Cavalera, che usano come intermediario il tempo e come filtro il vetro, ponendo lo spettatore in una condizione di testimone e ancora, la parola lascia spazio al silenzio che ben racconta gli stati d’animo e la sofferenza umana di questi momenti intimi eppure così universalmente condivisi.
Il cortometraggio “Gli ultimi giorni di pioggia” prodotto da Girasud Film nel 2023 e distribuito da Tersite Film, è stato selezionato al FerFilm Festival in Kosovo e proiettato fuori concorso al Falvaterra Film Festival di Benevento, e ancora selezionato all’Apulia Web Fest di Corato, dove sarà proiettato il 6 settembre.
Francesco Corchia è laureato in Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo ed in Scienze dello spettacolo e della produzione audiovisiva presso l’Università del Salento e l’Università di Bologna. Dal 2005 lavora nel settore della produzione audiovisiva. Il suo primo corto risale al 2010. Dal 2019 è co-direttore artistico dell’Apulia Horror International Film Festival (AHIFF).
Andrea Cavalera è laureato in Giurisprudenza presso l’Università del Salento ed abilitato alla professione di avvocato. Professione che attualmente esercita presso il Foro di Lecce. Nel 2022 si iscrive alla Facoltà di Filosofia presso l’Università del Salento. Il suo primo cortometraggio risale al 2009 (Tu sai cos’è la vita?). Dal 2019 è co-direttore artistico dell’Apulia Horror International Film Fest.