Novoli (Le) – Guardare sempre avanti, proiettarsi nel futuro e innovare là dove non c’è più nulla da inventare è uno dei doveri che ognuno di noi ha. Se questo “compito” viene svolto con lo scudo della memoria addosso, il risultato può essere solamente positivo.
Alcune volte, però, succede che il troppo voler fare sfocia in un mollare gli ormeggi da quella che è la tradizione intesa come radici e dolce passato da ricordare.
A Novoli la festa di Sant’Antonio Abate, da sempre, è l’evento più caro ai cittadini.
È risaputo come i novolesi fuori sede, preferiscono ritornare a festeggiare il Santo Patrono e non altre festività vicine. Riunirsi intorno alla fòcara è un rituale al quale è difficile sottrarsi per chi è nato e cresciuto nella piccola cittadina alle soglie di Lecce.
La festa è cambiata tantissimo negli ultimi anni; un cambiamento a cui non tutti i novolesi hanno assistito senza storcere il naso. Dal 2005 ad oggi, l’evento è diventato di entità maggiore; dalla semplice festa di paese si è sbarcati in una dimensione diversa, dalla quale si ricava una visibilità mai immaginata negli anni scorsi. Da questo è nata l’esigenza di una Fondazione, il vecchio Comitato non bastava più ad organizzare l’evento.
Se tutto però è stato vissuto tra i mugugni di chi voleva conservare “una misura” antica e chi invece sorrideva al futuro, guardando con occhi benevoli ogni cambiamento, quello che molti novolesi non riescono ad accettare è la trasformazione della fòcara in opera d’arte da spettacolarizzare in tutto il bacino mediterraneo se non in tutto il mondo.
L’anno scorso fu denominata la fòcara di Mimmo Paldino, perché il notissimo artista di fama internazionale regalò i calchi di una delle sue opere più importanti, e cioè i “cavalli”, che realizzati da maestri della carta pesta e colorati in modo sgargiante, furono posizionati e fatti ardere dal fuoco della mastodontica pira.
Le polemiche tra i novolesi furono tante e continuano ancora, ma nessuno si è preoccupato di chiedere il parere della cittadinanza, quando anche quest’anno ha deciso di fare qualcosa di simile.
Dopo i cavalli, i “numeri”. Dopo Mimmo Paladino, arriva Ugo Nespolo, artista della pop art nazionale, ad arricchire i tralci di vite, con i suoi numeri.
Nonostante le polemiche e il malcontento dei novolesi, la loro fòcara non sarà più la stessa e, quest’anno, sarà denominata (in modo polemico) come la fòcara di Ugo Nespolo.
Interroghiamoci, però: tutto questo porta benefici economici alla comunità novolese? Cioè, la trasformazione da evento di paese a evento internazionale, reca nelle casse comunali introiti sufficienti ad essere reinvestiti nell’economia locale della cittadinanza?
E ancora, visto il malcontento che serpeggia, evidenziando che la festa di Sant’Antonio è soprattutto un evento religioso da vivere, non sarebbe consigliabile dare voce prima ai cittadini di Novoli, magari con un sondaggio, chiedendo loro e al loro parroco un parere su “cavalli” e “numeri”?
A chi forzatamente asserisce che così si ha una visibilità maggiore, vorremmo ricordare che già negli anni ’70, la fòcara appare sulla copertina della rivista Architettura di Bruno Zevi ed è oggetto dell’attenzione del famosissimo Istituto Luce il quale le dedica diversi documentari, eppure all’epoca i “cavalli” erano nei maneggi e i “numeri” nei libri di matematica.
Intorno al “fuoco buono” della fòcara dei novolesi si alterneranno sul palco con la loro musica: Raiz, Mory Kanté, Enzo Avitabile i Sud Sound System.
Curiosamente questi ultimi, orgoglio salentino della musica, nel loro repertorio annoverano una canzone famosissima canticchiata sempre ovunque: “Le radici ca tieni”.
Ecco il ritornello: “Se nu te scierri mai de du ede ca ieni dai chiu valore alla cultura ca tieni… se nnu te scerri mai le radici ca tieni…”.
Sicuramente la canteranno e sarà la più bella d’ascoltare, magari aiuterà a far capire che Novoli non ha bisogno del Falò delle vanità, ma vuole solo conservare la “sua” fòcara, preservandola da “cavalli” e “numeri”.
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