Il Lecce capitola ancora, ma se a Salerno poteva esserci una mezza giustificazione basata sulla forza dell’avversario e sul fatto che il Lecce abbia più volte mancato l’appuntamento del 2-0 dopo esser passato in vantaggio, oggi, nel giorno susseguente alla débacle contro L’Aquila il quantitativo di giustificazioni sembra ridotto allo zero. Il morale della tifoseria è già sotto i tacchi e la caccia al responsabile sembra aperta.
Errori tecnici o di carattere? – Il match di ieri è cominciato sotto le migliori aspettative per i giallorossi, con un Lecce presente e capace di accumulare possesso palla e quantitativo di gioco. Col passare del tempo però gli aquilani hanno saputo tappare le poche falle del loro schieramento ed imballare la manovra del Lecce, che ha avuto nelle prestazioni horror di elementi chiave come le ali Bellazzini (ossessionato ancora dalla giocata personale) e Ferreira Pinto (statico e con la soluzione sempre sbagliata tra i piedi) la spada di Damocle sulla propria testa. È parso sottotono anche Mariano Bogliacino, ancora in difficoltà nel ruolo di metronomo davanti alla difesa e sempre sul filo del rasoio dell’errore da matita blu in fase di ripartenza dalla propria trequarti di campo . Il centrocampo del Lecce è orfano di un regista arretrato vero e proprio, capace di fare il lavoro che l’anno scorso assicurava la coppia Giacomazzi – De Rose. L’interdizione, l’anno scorso affidata al mediano ora alla Reggina, è stata affidata ieri a Stefano Salvi, unico elemento ad uscire a testa alta dal rettangolo verde del “Via del Mare”. L’ex centrocampista del Treviso ha dimostrato tanto carattere, verve anche comunicativa ed ha tratti ha cercato di occupare anche il ruolo di costruttore di gioco riuscendoci parzialmente. La predica nel vuoto del mediano romano ha fatto sì che il Lecce non riuscisse a pungere e, vedendo il leitmotiv tattico di ieri, riecheggiano le parole del patron Savino Tesoro nella conferenza stampa di venerdì: “questa squadra è fatta di troppi bravi ragazzi, forse ci vorrebbe qualche delinquente in più”. La metafora del presidente è ovvia ma è significativa per una squadra che, più che limiti tecnici, ha dimostrato grossi limiti di personalità contro un avversario ben assortito che ha fatto della concentrazione e dell’ordine tattico la sua forza.
L’Aquila tatticamente perfetta – Il Lecce deve saper ancora attutire il colpo e mister Moriero deve riuscire a cavare qualche ragno dal buco perché il Lecce, squadra candidata alla promozione, non può essere veramente la squadra scialba che si è vista nel secondo tempo dell’”Arechi” e nel match di ieri. Il problema rimane sempre il solito: non c’è collante fra i reparti e, soprattutto ieri nella seconda frazione, il Lecce è parsa una squadra spaccata in due con il blocco dei quattro difensori più Salvi e Parfait ed il blocco delle due punte con gli esterni altissimi ed incapaci di saltare l’uomo a difesa schieratissima. Il tecnico dell’Aquila Pagliari si è trovato davanti esattamente al tipo di partita che aspettava: il gol di De Sousa, arrivato come una doccia fredda per Perucchini e compagni, ha poi permesso a Pagliari, che di squadre abbottonate è uno specialista avendo allenato le outsiders Monza e Foligno, di attuare il secondo step del suo piano: difesa arcigna, schierata e concentrata con perdita di tempo e attacchi esclusivamente in ripartenza, attuati anche grazie all’ingresso di incursori come Ciotola e di boe d’area capaci di tener fermo il pallone come Infantino.
Quali rimedi – il 4-4-2 con un centrocampo così indietro rispetto agli altri reparti va bene in partite dove l’avversario ti aspetta per poi colpirti in ripartenza? Se dovessimo abbozzare una risposta affrettata, essa sarebbe certamente negativa, con un Lecce che non ha avuto quell’uomo capace di trovare la soluzione giusta sulla trequarti. Fabrizio Miccoli non ha acceso la luce come avrebbe voluto trovandosi spesso a ricever palla ben lontano dalle zone pericolose del campo. Ora, premettendo che la partita di domenica prossima al “Santa Colomba” di Benevento sarà ben diversa da quella di ieri, quali soluzioni tattiche potrebbe adottare il mister leccese oltre al suo 4-4-2? Nel finale di match, dal momento dell’uscita di Zigoni per Parfait, si è visto un Lecce schierato con lo spagnoleggiante 4-2-3-1 con Miccoli “falso nueve” (falsa prima punta per essere semplici) ed il trio Doumbia – Bogliacino (chiamato ad agire più a ridosso dell’area) – Bellazzini a supporto. La nuova disposizione tattica non ha fruttato il pareggio ieri ma indubbiamente può far male in partite affrontate a viso aperto anche dagli avversari. È da verificare lo schermo davanti alla difesa formato dagli entrambi centrocampisti di interdizione Parfait e Salvi, da catechizzare nella costruzione di gioco. La ripresa degli allenamenti, fissata per domani alle 15:30 al “Comunale” di Squinzano, sarà portatrice di eventuali risposte al riguardo.
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