Viva la S…quola !!!

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ScuolaQuesto era il tempo in cui, riposti costumi da bagno con annessi e connessi, ci si avviava con una sorta  di rispetto dolce e un po’ timoroso  e con l’emozione dei grandi avvenimenti  verso la cartolibreria di Don Pippi Conte o della signora Sava per entrare in un mondo incantato fatto di pastelli, quaderni, libri. E favole. L’odore magico e inconfondibile,  cristallizzato nella memoria del cuore, era di quelli che nutrivano le nostre anime bambine e donavano conforto e calore. L’autunno alle porte aveva cambiato il volto del mondo, delle case, delle strade e di noi stessi; se avevamo vissuto da discoli per tutta l’estate, improvvisamente rientravamo nei ranghi di modelli educativi insegnati e imparati senza neppure troppi sforzi.

Settembre, andiamo. È tempo di studiare. Non ci si ponevano troppe domande, la scuola era il nostro dovere e lo si affrontava. Punto. Il grembiulino nero era in bella mostra nella camera da letto della mamma e la cartella nuova era il contenitore dei nostri sogni. Io la adoravo come un feticcio, la accarezzavo, le davo un’anima e non vedevo l’ora di entrare in quell’aula buia dell’Istituto Tarantini dove avrei scritto le pagine più belle e luminose della mia vita. In attesa di iniziare la Scuola Media e poi il liceo a Lecce. Un sogno lontano ma certo come la nostra stessa esistenza, una traccia solida che nessun destino avrebbe stravolto.

Erano gli anni 70. Le lotte civili che già avevano marcato la vita di milioni di ragazzi nelle grandi città, erano distanti dal nostro mondo come il sole dalla terra. Vivevamo in un luogo semplice e fatato dove lo studio e il rispetto delle regole costituivano un valore imprescindibile per tutti. E una conquista da tenersi stretta per sempre.

Settembre, andiamo. È tempo di studiare. E qui viene il difficile. Non cadere nella trappola del qualunquismo, del banale è davvero arduo. Nessun parallelo possibile tra questa scuola e quella di un tempo. Risorse finite, scuole martoriate fisicamente ed eticamente, ragazzi figli di un’epoca folle che solo pochi anni fa era inimmaginabile, un Governo che sempre di più  penalizza obiettivamente la scuola pubblica, il precariato degli insegnanti a rappresentare una tragedia umana e sociale dai risvolti spesso sottovalutati come se si trattasse di un problema superficiale e non di  una voragine a scapito di persone che lavorano con la materia umana più fragile In assoluto, quella dei giovani.

Ma tant’è. Guardiamo la realtà sì, certo, ma filtriamola attraverso la speranza che poi ciascuno trovi in sé la strada e la forza per strutturarsi un futuro.

Partiamo da casa nostra e cerchiamo di parlare con i nostri ragazzi, di giocare con i nostri bambini. Prendiamoci  la difficile responsabilità di essere genitori ed evitiamo di sparare indiscriminatamente nel  mucchio, dopo aver delegato senza riserve. Accompagniamoli all’incontro con la scuola dando loro una mano piena di fiducia e preghiamo il destino che ci faccia incontrare degli insegnanti che amino i propri studenti. I nostri figli.

Al di là del saper insegnare l’abc o la numerazione decimale, speriamo che trovino educatori impegnati nel favorire l’integrazione coi bimbi che arrivano nelle nostre comunità da ogni parte del mondo. Insegnanti che si accorgano di eventuali disagi personali ed interiori di chi sta cercando la propria giovane identità in un mondo uniformato a modelli standard. Una scuola che insegni, educhi, formi, sappia ascoltare, sappia parlare con i ragazzi e con le famiglie. Una scuola che riesca a donare l’interesse e la gioia verso il sapere. Che conduca alla scoperta dell’altro in un processo che non metta al centro dell’universo l’IO ma il NOI; il profitto  giudicato (che brutta parola!) in base a criteri meritocratici e non altro.

Una scuola che ami i suoi alunni, dove la differenza la fa sempre l’uomo e la sua capacità di orientare al bene. Una scuola oltre.

E non importerà se pure quest’anno l’acqua, il sapone, i rotoli igienici, la carta per le fotocopie li forniremo noi genitori.

Il cammino è tanto, niente indugi! In bocca al lupo agli insegnanti, agli educatori, a tutti i ragazzi del mondo. E che il lupo abbia lunghissima ed eccellente vita.

Andiamo, ragazzi. È tempo di studiare.

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