Lecce – Ora che è passata ormai una settimana dal “derby-farsa” dell’”Arechi” di Salerno tra la Salernitana e la Nocerina è opportuno descrivere la vicenda non solo facendo una semplice cronistoria dei fatti ma vedendo il contesto generale attorno alla partita contornato da tante variabili degne di attenzione e generanti una serie di spunti che vanno al di là dei fatti e di una serie di cause.
I fatti – Domenica scorsa alle ore 12:30 a Salerno si giocava l’anticipo dell’undicesima giornata di Lega Pro tra la Salernitana e la Nocerina con il divieto, imposto dall’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive, di accesso per i tifosi nocerini all’impianto salernitano per motivi di ordine pubblico anche se provvisti di Tessera del Tifoso. Dopo un normale pre-partita animato dai cortei dei tifosi di casa, lo spettacolo sul campo è a dir poco unico nella storia del calcio con la Nocerina che opera inspiegabilmente tre sostituzioni dopo pochi minuti ed i suoi calciatori che, a turno, escono in barella simulando degli infortuni: la conseguenza dettata dal regolamento del gioco del calcio è la sospensione della partita dettata dall’assenza del numero minimo di calciatori in campo per i Molossi dopo soli 27’ di gioco. Le prime notizie susseguitesi dopo il macabro spettacolo calcistico parlano di una serie di minacce perpetrate dagli Ultrà Molossi ai loro calciatori nel ritiro pre-partita di Mercato San Severino. La pesantezza del gesto sportivo dei giocatori rossoneri ha puntato tutte le luci sulla Lega Pro e sulla “follia ultrà” che non ha permesso il regolare svolgimento della partita dello stadio “Arechi”. La partita è stata caratterizzata da due “strani” avvenimenti che cozzerebbero con la versione della mera minaccia ultrà e che rafforzerebbero l’ipotesi di un “compromesso storico” tra tifosi e società vista anche l’assenza delle retrocessioni di questa stagione: i calciatori della Nocerina sono scesi in campo con una maglietta che recitava la frase “Rispetto per Nocera” e durante i pochi minuti di gioco un aeromobile ha sorvolato lo stadio con uno striscione contenente la stessa dicitura.
Tessera, non tessera – Le ripercussioni alla strana domenica di Salerno hanno portato a un lungo filone di servizi e di opinioni con immagini di repertorio mostranti azioni di guerriglia urbana e disordini che nulla avevano a che fare con i fatti dello stadio “Arechi” di Salerno. Addirittura nei salotti delle élite calcistiche del Bel Paese si è arrivati a pensare (per fortuna solo nelle vesti di provocazione) ad una cancellazione della Lega Pro, in barba a 69 piazze ribollenti di passione per i propri colori. La società nocerina naturalmente si è chiusa in un assordante silenzio che fa addensare nuove nubi di dubbio sui fatti. L’attenzione alle presunte gesta compiute dai tifosi Molossi cela quello che realmente è stato l’esito del programma Tessera del Tifoso, promosso dall’allora Ministro dell’Interno Maroni: un fallimento. La Tessera del Tifoso si prefiggeva l’obiettivo di separare i tifosi “buoni” da quelli “cattivi” creando una sorta di selezione negli stadi italiani; il problema e i dati riscontrati in questi anni però danno in pasto alla realtà proprio il fatto contrario: i disordini non sono diminuiti e di contro sono crollate le presenze allo stadio, falcidiate da un’eccessiva militarizzazione degli impianti e del loro raggiungimento. A tal proposito è da citare il “protocollo d’intesa” del derby di domenica scorsa tra Modena e Carpi con la disciplina capillare delle regole di arrivo allo stadio “Braglia” di Modena ripartita in orari pazzescamente tassativi e consentita solo su alcuni mezzi, naturalmente diversi tra tifosi “tesserati” e “non tesserati”. È superfluo dire che, nell’Italia della demagogia e del simbolismo da divano, schermo piatto, birra e patatine, ad analizzare i fatti di Nocera sono stati chiamati anche il commissario tecnico della nazionale Cesare Prandelli ed, udite udite, il Presidente del Consiglio EnricoLetta che, siccome il nostro Paese non ha bisogno di una legge elettorale e di una regolamentazione utile ad incentivare il lavoro giovanile, ha definito la legge sugli stadi “Una priorità assoluta per sconfiggere gli ultrà”.
Oltre il calcio – Tutto questo carrozzone ha bisogno di una serie di riflessioni che esulano dai fatti dell’“Arechi” di Salerno e vanno a investire la totale assenza di una pianificazione con l’obiettivo di rendere accessibile il prodotto calcio al suo più naturale e primordiale consumatore: il tifoso da stadio che nell’immaginario collettivo del palazzo potrebbe essere comodamente sostituito dal tifoso da poltrona che dà meno problemi e consuma più prodotti diversi. La Tessera del Tifoso doveva essere il primo passo di un famigerato e tanto sbandierato “modello inglese” sulla scorta delle riforme promosse da Margaret Thatcher negli anni Ottanta che hanno (a detta degli osservatori europei) sconfitto gli hooligans; peccato che il “modello inglese” nella sua attuazione ha solo spostato il problema dalle abbaglianti luci degli stadi di nuova costruzione ai fiochi lampioni dei quartieri di periferia. In Italia si voleva prendere e trasportare questa serie di provvedimenti senza tener conto del background calcistico, sociale e culturale del Bel Paese: la riforma è stata promossa da “accademici” che non hanno probabilmente mai messo piede in uno stadio (se non in qualche lussuoso box-lusso) e senza interpellare nessuna associazione di categoria. Dopotutto cosa si può chiedere ad un paese che prova a regolamentare la vita di 47 milioni di persone ma senza riuscire neanche a consentire il regolare svolgimento di una manifestazione sportiva? Impedire ai tifosi di assistere a una partita di calcio per motivi di ordine pubblico non sarebbe come impedire ad una miriade spropositata di ragazzi di uscire il sabato sera ed andare in discoteca per paura di risse e litigi?
Si, è proprio vero… Gli stadi sono vuoti per colpa delle curve.