In questa settimana abbiamo letto, grazie allo scoop della testata La Stampa, rivelazioni inquietanti sulle indagini svolte dal Procuratore Guariniello nei confronti dei cosiddetti protocolli Stamina. Tali protocolli sono stati applicati a pazienti – sull’onda di una battente campagna mediatica – presso un ospedale di Brescia, spesso pagando somme ragguardevoli, a volte appellandosi alla Giustizia amministrativa per vedere rimborsate le cure dal Servizio Sanitario Nazionale.
Abbiamo visto tutti le coinvolgenti immagini delle proteste inscenate a Roma da malati e loro familiari, sotto le sedi istituzionali, con l’obiettivo di ottenere dal Ministero della Salute il via libera a tale presunta sperimentazione scientifica. Abbiamo scritto presunta perché, come spiegato nell’articolo di circa otto mesi fa, la comunità scientifica internazionale aveva disconosciuto il valore scientifico della stessa, mancandone i presupposti minimi. Ma, di fronte all’onda emotiva sollevatasi, anche la giustizia amministrativa ha dimostrato indulgenza, con il risultato di rendere vane tali nette prese di posizione, prese anche a tutela dei malati.
E infatti, inesorabilmente, sono venuti alla luce alcuni sconcertanti particolari sui risultati delle indagini dei NAS e sulle analisi della composizione delle preparazioni iniettate ai pazienti; sono state trovate scarsissime tracce di quelle cellule staminali che avrebbero dovuto curare i malati, è stata registrata una loro attività biologica (e potenzialmente curativa) quasi nulla e verificata la presenza di componenti di origine bovina potenzialmente dannose alla salute, in quanto potenziali vettori del cosiddetto morbo della mucca pazza.
Ora le indagini sembrano vogliano esplorare profili penali molto gravi, quali la truffa o perfino le lesioni colpose, ma questi aspetti interessano marginalmente rispetto al dramma vissuto dai malati.
Eppure è proprio la rete internet, mezzo attraverso il quale le onde di indignazione viaggiano veloci, a fornire facilmente chiavi di lettura del fenomeno Stamina, consultando per esempio Wikipedia alla voce dedicata e leggendo che “Il metodo Stamina è un controverso trattamento terapeutico basato su cellule staminali inventato da Davide Vannoni, laureato in lettere e filosofia (!!!!). Il metodo, al 2013, risulta tenuto segreto (!) dai suoi promotori e privo di una validazione scientifica che ne attesti l’efficacia. Non risulta, inoltre, che Vannoni abbia mai pubblicato alcun articolo sul metodo Stamina su riviste scientifiche…. Umberto Veronesi, tra gli altri, sostiene che il caso ‘ripercorre il canovaccio delle vicende Bonifacio e Di Bella’, cioè di sperimentazioni avviate sotto la spinta della piazza piuttosto che da criteri scientifici…”
È opportuno però ricordare che le vittime di questa bolla mediatica sono pazienti con patologie gravissime, la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) innanzitutto, che ad oggi non hanno cure a disposizione, nonostante ricercatori di tutto il mondo si affannino nel tentativo di scoprire almeno le cause della malattia. Casi disperati, quindi: come ce ne sono in molte famiglie, anche nei nostri paesi. Così come sono giustamente disperati e comprensibili tutti i tentativi di aggrapparsi alle ultime, flebili speranze.
È proprio questo aspetto che, in noi che riportiamo i dati di cronaca, genera le maggiori frustrazioni. Come si può non tenere conto di questa voglia di aggrapparsi alla vita, come non cercare di comprendere la voglia di non arrendersi, di voler tentare anche l’impossibile. Ma proprio per questo e per il rispetto che ciascuno di noi deve alla vita di ogni essere, non ci capacitiamo di come si sia potuti arrivare fino a questo punto. Non ci capacitiamo di come si sia pronti a cavalcare – pur fidando nel pessimismo di questa fase storica e nella disperazione che vediamo in strati sociali sempre più ampi – queste dolorose vicende; di come sia possibile, anche volendo ancora ammettere la buona fede dei protagonisti, non considerare il pericolo di generare false speranze e poi disillusione e sfiducia. Sfiducia nelle istituzioni (che per la verità, negli ultimi tempi, fanno di tutto per meritarla), ma soprattutto sfiducia nella comunità scientifica, insidiata come in tutti i campi dalle logiche del profitto, ma descritta completamente succube delle multinazionali.
È fin troppo facile “condividere” le notizie incontrollate che imperano sui social network, facendosi inconsapevolmente manipolare da abili mani. Siamo sicuri che questa vicenda non servirà a noi italiani ad evitare di ricadere preda delle emozioni e a restare vittima di brutte esperienze come queste; speriamo però che la vicenda stimoli a farsi una propria idea su quello che succede, documentandosi con modalità ormai alla portata di tutti. E Dio solo sa quanto ce ne sarebbe bisogno in questo Paese.