“Nu ffischia”, uno spaccato sulla Puglia attraverso gli occhi di un malato di Alzheimer

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Tra le problematiche della terza età, quella della demenza senile rappresenta una delle malattie di cui sentiamo spesso parlare in questo millennio, caratterizzato da un aumento delle persone anziane, che nella maggior parte dei casi, purtroppo, non coincide con un miglioramento delle condizioni di vita strettamente legate alla salute. Il principale tema trattato in questo cortometraggio è l’Alzheimer, malattia di cui è affetto Mimì, un artigiano pugliese che produce fischietti in terracotta. Una progressiva e lenta degenerazione neurocognitiva, descritta con delicatezza e nello stesso tempo con schiettezza, che mira anche ad evidenziare quale ruolo giochi la famiglia e quanto sia difficile, soprattutto da un punto di vista emotivo, accettare la malattia di un familiare affetto da tale patologia.

Il cortometraggio “Nu ffischia”, presentato nella prima edizione dell’Italian Cinematography Awards, svoltosi a Castellana Grotte nei giorni 1 e 2 agosto 2024, ha ricevuto il premio speciale della giuria tecnica e ha vinto nella categoria “Miglior corto sul sociale”. Prodotto nel 2023 da Liminal Space è stato scritto da Leonardo Piccini che ha trasformato in parole, un’idea dei Directors Antonio Carella e Pierdomenico Minafra, che nel cortometraggio interpretano il ruolo dei nipoti dell’artigiano Mimì, al secolo Rocco Capri Chiumarulo, il nonno affetto da Alzheimer. Con un cameo sul finale, rappresentato dalla voce di Sergio Rubini ed il patrocinio dell’Associazione Alzheimer Bari.

Ad introdurci nella piccola bottega di un artigiano pugliese è la tipica musica della banda, quella che si ascolta nelle feste patronali, col suo immancabile valzer. Mimì è intento a completare la stesura dei colori su un piccolo fischietto, mente il nipotino alla sua destra ripete, sotto la sua supervisione, i nomi dei giocatori della famosa nazionale di calcio: “Zoff, Graziani, Bergomi, Scirea…” alla sua sinistra Domenico, il nipote più grande, si rende conto di aver sbagliato qualcosa nella realizzazione di uno dei fischietti e chiede spiegazioni al nonno, il quale con molta calma, e solo dopo aver estratto il 45 giri dal mangiadischi, gli dice: “Provalo”. E così, Domenico soffia, ma “Nu ffischia”. L’immagine scompare ed il nero sul quale appare il titolo del corto e gli interpreti è anche un espediente per un salto temporale. Un fischietto azzurro è appeso allo specchietto retrovisore di una macchina FIAT Panda, all’interno della quale viene aiutato a salire dai nipoti Santi e Domenico, Mimì, ormai anziano ed in evidente stato di straniamento. Nel frattempo, squilla il telefono, è il padre dei ragazzi, che chiede informazioni sullo stato di salute del nonno. Poi, un frugale pasto su una tavola apparecchiata in aperta campagna, mentre si ascolta la stessa musica di un tempo e si guardano delle vecchie fotografie, nel tentativo di far riaffiorare i ricordi. L’approccio dei due fratelli è differente, Santi è paziente e accomodante, Domenico invece non accetta la malattia del nonno. Quando ritornano alla macchina Mimì guarda il fischietto appeso e Santi glielo prende, ma dopo aver provato a fischiare si rivolge a Domenico e dice “Non fischia!” Poi aggiunge “Questi li faccio io alla bottega”, e continua dicendo che il figlio Tonino non aveva voluto fare il suo mestiere ma aveva scelto di fare l’autista di camion. Rientrati a casa i due fratelli discutono, Domenico è stanco di quelle uscite programmate col nonno, perché ormai non lo riconosce più e decide di partire. Ancora una volta il ricordo va a quando erano bambini, in quella bottega dove si costruivano fischietti e si cresceva con amore ed al nonno, che con pazienza insegnava loro il trucco per sistemare i fischietti difettosi. Domenico è appena rientrato da Roma ed è insieme a Santi, una voce fuori campo, quella di Sergio Rubini recita una preghiera, un particolare eterno riposo. I fratelli raggiungono i parenti, e intorno ad una tavola imbandita c’è un clima sereno e di festa, si raccontano aneddoti e si brinda in onore del defunto Mimì e ancora Domenico osserva a lungo un bambino, forse si rivede piccolo, e dalla tasca estrae il suo fischietto rosso che “Nu ffischia”. Una musica nostalgica e nello stesso tempo incalzante (musiche originali di Alessio Roma), accompagna verso la conclusione, come a voler dire banalmente ma con sincerità: “Questa è la vita”.