Christophe Germain è un operaio francese, e lavora nello stabilimento Badoit a Saint Galmier. È il 2009, e nella sua vita accade il peggiore dei drammi che possa colpire un genitore: il suo bambino Mathys, già affetto da un tumore al fegato, ha una ricaduta che può essergli fatale. Lo spettro della morte e dell’abbandono entra prepotentemente nella vita dell’uomo, e ne sconvolge ogni aspetto.
Christophe vuole vivere vicino al suo bambino, così comincia ad usufruire delle ferie che gli restano dell’anno precedente, poi di quelle dell’anno in corso. Termina i suoi giorni di riposo, comincia a chiedere permessi. Fino a quando non gli resta che tornare al lavoro, per poterlo conservare.
I suoi colleghi lo vedono naturalmente afflitto, disperato, e gli chiedono se possono aiutarlo in qualche modo, e magari organizzare una colletta, immaginando che possa essere in difficoltà economiche.
Christophe risponde che quel che gli serve è solo il tempo da trascorrere col suo bambino.
Il tempo da vivere respirando ogni goccia di vita del figlio, donando una, mille, centomila carezze, temendo ogni volta che possa essere l’ultima. Tempo per imprimere in modo indelebile i riflessi di quegli occhi nei suoi occhi. Tempo per raccontare favole bugiarde e pietose. Per impreziosire gli attimi e trasformare la sofferenza in tenerezza. Per fargli vivere tramonti ed albe superando le notti, e farsi riscaldare da ogni flebile raggio di sole del mattino. Tempo per pettinargli i capelli, lavare delicatamente il viso scarno, tenere la mano piccolina tra le sue, grandi, e fingere di proteggere i sogni futuri ed effimeri. Per sconfiggere i mostri, e regalare un’estate al mare. Per immaginare la giovinezza, gli amici, l’amore di una donna, un figlio. Una vita normale, come quella di tutti. Per parlargli con dolcezza e mettere insieme immagini che possano colmare i vuoti terrificanti dell’esistenza futura. Piano, con amore. Tempo per non morire, per tendere il filo sottile dei giorni finali.
Così, il suo migliore amico propone al resto dei colleghi di regalare a quell’uomo ricco di dignità silenziosa, parte delle proprie ferie. Gli operai si dicono tutti d’accordo e, con il consenso dei proprietari della ditta, riescono a donare a Christophe 170 giorni di allontanamento dal lavoro.
Mathys muore il 31 dicembre 2009.
Ma il suo ricordo resterà per sempre, perché l’esempio dei colleghi del suo papà diventa legge e porta il suo nome.
Approvata dall’Assemblea Nazionale il 25 gennaio 2012, è stata adottata in questi giorni in Senato, e prevede che “un salariato, nel lavoro pubblico o privato, possa rinunciare anonimamente e senza contropartita a tutti o ad una parte dei giorni di riposo arretrati” in favore di un collega che abbia un figlio minore di 20 anni, che sia stato colpito “da una malattia, un handicap o sia stato vittima di un incidente di particolare gravità.”
Un grandissimo esempio di civiltà che colora di umanità una fredda regola. Perché le leggi migliori le fanno i cuori degli uomini.
Un unico appunto, se possibile. Dire “senza contropartita”, a nostro avviso, non è corretto. Nulla, infatti, è più prezioso di una scelta di condivisione che nasca dal sentimento fondante dell’esistenza umana, che è la compassione.
Aver reso felici, per quanto possibile, quel padre e quel figlio è stato un gesto che non può avere rivali di nessun tipo, e che niente può comprare. Men che meno il dio denaro.
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