Lecce – Nella ricorrenza del 49° anniversario della sua Ordinazione presbiterale, l’Arcivescovo di Lecce, Mons. Umberto Domenico D’Ambrosio, ha elevato la sua lode e il suo ringraziamento nella solenne concelebrazione di sabato 19 luglio, in Cattedrale, alle ore 20.
La presenza orante e grata dei presbiteri, dei diaconi, dei consacrati e della rappresentanza delle comunità ha testimoniato e rafforzato la comunione della Chiesa particolare con lui, l’affetto fattosi preghiera a Dio perché mandi operai nella sua messe.
Al termine della celebrazione, l’Arcivescovo ha fatto dono ai presbiteri ed all’intera comunità diocesana, della sua ultima lettera pastorale, “La sfida della Comunione”, comunicando altresì la nomina dei nuovi parroci che, nel prossimo mese di settembre, si avvicenderanno alla guida di alcune parrocchie.
Don Alessandro Saponaro sarà parroco a San Guido, in Lecce, sostituendo Mons. Luigi Sergio; don Mario Pezzuto guiderà la chiesa matrice di Carmiano, al posto di don Franco Frassanito; a Magliano, nella Parr. Maria Ss. Assunta, arriverà don Rodny Mencomo; a Monteroni, nella parrocchia Sacro Cuore di Gesù si insedierà don Giuseppe Spedicato, oggi parroco a Novoli, nelle parrocchie S. Antonio Abate e Maria Ss. del Pane, dove a dargli il cambio sarà don Luigi Lezzi. A Pisignano e Vanze, sarà don Egidio Buttazzo il nuovo parroco mentre, a Villa Convento, nella Parr. Maria Ss. del Buon Consiglio viene ratificata la nomina di don Massimiliano Mazzotta, già insediato pro tempore nel mese di settembre 2013 sostituendo don Bruno Spagnolo.
“Ancora una volta non mi sono sorpreso – ha detto l’Arcivescovo nel corso della sua omelia – per le difficoltà, paure, incertezze, rimandi, anche rifiuti, causa di sofferenze reciproche. Ma di più, devo dire lode al Signore per le generose e pronte disponibilità perché l’obbedienza nasce dalla fede e non può essere suggerita dalla persuasione che obbedire è ragionevole. No, si obbedisce perché si crede, obbedisco perché vedo in questo mio gesto un’espressione sincera di comunione che anche io devo costruire. Obbedisco perché guardo al modello unico, Cristo, il Servo obbediente”. Occorre poi ricordare, ha proseguito l’Arcivescovo, che esiste una “promessa” (nel caso dei Religiosi sarebbe un “voto”) che non contempla alcuna motivazione accessoria che giustifichi eventuali risposte negative. Perché “l’obbedienza è ancora oggi una virtù e fa parte di quel complesso di virtù ed atteggiamenti che costituiscono la solidità del ministero sacerdotale e deriva dalla libertà responsabile del presbitero, che accoglie non solo le esigenze di una vita ecclesiale organica e organizzata, ma anche quella grazia di discernimento e di responsabilità nelle decisioni ecclesiali, che Gesù ha garantito ai suoi apostoli e ai loro successori, perché sia custodito con fedeltà il mistero della Chiesa e perché la compagine della comunità cristiana venga servita nel suo unitario cammino verso la salvezza (Pastores dabo vobis – Giovanni Paolo II).
E allora, per ubbidire con serenità, anche se talvolta non mancherà la sofferenza del distacco da persone, luoghi e cose, occorre predicare questa verità: è il primato del bene delle anime, che non può e non deve essere costretto ad occupare un ruolo secondario a causa di problemi personali, situazioni familiari, difficoltà varie. Al primo posto c’è la Chiesa, al primo posto c’è la comunità e poi noi, a servizio della Chiesa e della Comunità”.
Parole significative, quelle del Metropolita di Lecce, misura di una sofferenza per i tanti “rifiuti” che probabilmente ha dovuto registrare nel tentativo di promuovere un rinnovamento ecclesiale che parta proprio dalle parrocchie e dai parroci, all’indomani della sua prima visita pastorale nella diocesi in cui, per volontà del Papa emerito, Benedetto XVI, si insediò il 4 luglio 2009.
E conclude: “E’ evidente che molto spesso è su questo faticoso incastro tra noi e le esigenze della Chiesa che naufraga l’obbedienza e smarriamo il nostro essenziale contributo alla comunione vera nella nostra chiesa che qualche volta è costretta a subire incrinature che generano sofferenze nelle comunità, nei presbiteri, nel Vescovo”.
Ai nuovi parroci ed all’intero presbiterio, l’augurio più sincero di poter sempre più assimilarsi a quel Cristo che li ha scelti per essere sacerdoti in eterno, affinché possano agire nel suo nome e vivere i suoi stessi sentimenti, esprimendosi nel fervore della preghiera, nella coerenza della vita, nella carità pastorale di un ministero instancabilmente proteso alla salvezza dei fratelli.
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