Brindisi – Non è stata ancora chiarita la responsabilità dell’ordine verbale di effettuare il servizio antidroga durante il quale morì, a causa di un incidente stradale, il carabiniere brindisino Sergio Ragno, a Firenze, quattordici anni fa. Nell’udienza svoltasi il 23 ottobre nel tribunale di Brindisi, infatti, le deposizioni di due ufficiali dell’Arma, che all’epoca di tale decesso erano in servizio presso il Comando provinciale fiorentino, non sono bastate a far comprendere chi avesse impartito al caposquadra dei sei militari l’ordine di effettuare l’arresto di uno spacciatore di droga, al Parco delle Cascine. Operazione prevista per il pomeriggio del 17 giugno, ma poi rimandata alla sera successiva. Ragno e i colleghi si erano già recati nel luogo indicato quando giunse loro il contrordine. Tornando in caserma il carabiniere scelto di Brindisi subì l’impatto fatale.
Nell’udienza volta ad accertare che quella morte fosse accaduta durante il servizio istituzionale non si è chiarito se l’ordine fosse stato impartito dal sottotenente della prima squadra o dal tenente comandante del Nucleo radiomobile. Zone d’ombra in un processo intentato perché Sergio Ragno sia riconosciuto vittima del dovere. I due testimoni, oggi ufficiali, hanno affermato che l’ordine ricevuto riguardasse solo il vicebrigadiere caposquadra. Non erano stati interessati quindi altri militari del Nucleo radiomobile. Versione, questa, che contraddice la testimonianza resa nello scorso 10 luglio da un appuntato scelto, secondo il quale l’operazione di servizio coinvolse sei carabinieri, che uscirono in gruppo, su propri veicoli, in borghese, dal Comando del Nucleo radiomobile e si diressero al Parco delle Cascine. L’appuntato ha anche sostenuto che, rinviata l’operazione, i sei carabinieri fossero tornati alla caserma “Tassi” e che, durante il rientro, Sergio Ragno perì in un incidente stradale.
Vista la discordanza delle versioni fornite dagli ufficiali, i difensori della famiglia Ragno, avvocati Giulio e Valentina Murano, hanno chiesto al giudice di far confrontare i due testimoni. Il magistrato emanerà una ordinanza sull’ammissibilità di tale confronto. Si dovrà chiarire perché fosse stato omessa l’indicazione del servizio compiuto da Ragno nel memoriale del 17 giugno. In tribunale, la scorsa settimana, l’allora sottotenente, alla domanda su quel memoriale da lui firmato, ha risposto che si fosse trattato di un errore del sistema informatico, che quindi aveva omesso di registrare il servizio notturno svolto da due elementi, uno dei quali era Ragno. Quest’ultimo fu richiamato per l’operazione del pomeriggio.
Anche la tesi dell’Avvocatura dello Stato appare in bilico, giacché, se i sei militari avessero agito in aggregazione spontanea, privi del comando degli ufficiali, sussisterebbe l’ omessa vigilanza dei comandanti del Nucleo radiomobile, e sarebbe quindi stata omessa l’informativa al Comando provinciale, allora retto dal Giovanni Nistri, attuale comandante generale dell’Arma, e al Comando regione Toscana, allora guidato dall’ex comandante generale dell’Arma, Tullio Del Sette. I quali dunque, in ragione delle suddette omissioni, avrebbero dovuto avviare le opportune indagini e verifiche interne.
Bisognerà anche scrivere una parola definitiva sul rientro in caserma di Sergio Ragno. Ai fini del riconoscimento della causa di servizio e della liquidazione dell’equo indennizzo, infatti, il ministero della Difesa aveva interpellato il Comando regionale dei carabinieri: la risposta fu che «concorde la scala gerarchica, il militare non rientrava, dopo aver svolto attività di servizio, regolarmente comandata». Per chiarire queste incongruenze, il 29 gennaio prossimo si svolgerà un’altra udienza. In aula compariranno il comandante generale dell’Arma, Giovanni Nistri, e il generale Tullio del Sette.