Trepuzzi (Le) – L’ennesima chiacchiera nata dalla discrezione che solo il credo social sa professare. Sembrava essere semplicemente questa la storia di “fragolina”, pseudonimo con cui una donna originaria di Trepuzzi offriva prestazioni sessuali alla modica cifra di 100euro. Un prezzo accessibile ai più, quello del suo corpo, rivelatosi però troppo caro per le tasche di chi indossa una fede al dito.
Con un falso profilo creatosi su Facebook, infatti, il marito della donna avrebbe deciso di portarla sull’orlo del fallimento impersonando il ruolo di una moglie tradita che dà libero sfogo alla sua rabbia nei confronti del marito e la sua “fragolina” di turno. ‹Cari compaesani – si leggeva sulla fanta-bacheca ad oggi segnalata e rimossa dai carabinieri – 14 anni di matrimonio buttati al vento per una donna che si faceva chiamare Fragolina, per cui mio marito aveva perso la testa. Altri uomini sono caduti nelle sue grinfie e non ho paura a fare i loro nomi›. E così fioccano nomi e professioni dei presunti clienti, una descrizione accurata della donna e della sua autovettura, con l’amorevole invito conclusivo a munirsi di “un sacco di patate” da indossare nei giorni successivi. Un vero e proprio atto punitivo che finisce in Procura.
Oggi i risvolti, però, portano la vicenda ben oltre il semplice gossip di paese. Il Pubblico Ministero, Carmen Ruggero, ha aperto un fascicolo d’inchiesta dove il marito, che finora avrebbe abilmente vestito i panni del moralista padre di famiglia, tradito codardamente dalla quarantenne, compare nel registro degli indagati con le accuse di induzione alla prostituzione e stalking. Secondo fonti indiscrete, la donna, che inizialmente aveva deciso di assecondare le fantasie sessuali del marito, conducendo una vita parallela ed unendosi ad altri uomini, nella garanzia dell’anonimato, sarebbe poi passata ad una svolta “imprenditoriale”: il marito avrebbe deciso di prendere in mano le redini della sexy attività, comprensiva poi di annunci su siti di incontri e video dimostrativi.
Nel Gennaio 2015 la stanchezza avrebbe avuto la meglio: la signora denuncia in caserma ‹mio marito mi obbliga a prostituirmi›, fornendo ulteriori dettagli utili alle indagini: tipologia degli incontri, location, clienti e strumenti impiegati per gestire l’attività. Alla disperata richiesta d’aiuto sarebbe poi seguita una perquisizione nella casa della coppia, organizzata e diretta dal Maresciallo Giovanni Papadia, comandante della locale stazione dei Carabinieri, per il sequestro di computer e cellulari che potessero fornire qualche dettaglio utile alle indagini. Da quel giorno quel matrimonio dai risvolti hard si sarebbe tramutato in un incubo: nonostante la separazione dei due presunti “soci in affari”, l’uomo non si sarebbe arreso, guadagnandosi con i suoi atteggiamenti ossessivi e persecutori un’ulteriore accusa di stalking.
Nelle ultime ore il vortice social ha accolto le prime smentite di chi, a causa dell’omonimia con i clienti citati dal fanta-profilo, ha preferito non perdere tempo nel rassicurare i propri compaesani: ‹l’uomo di cui si parla non sono io›. Continuano quindi le indagini su quello che, più che un triangolo, sarebbe diventato nel tempo un affermato e sfaccettato poligono amoroso che ormai cade a pezzi. Del resto si sa: quando si arriva alla frutta, rimane sempre un certo amaro in bocca.