Arriva al caffè letterario ”Macondo” di Casamassima (Ba ), portando con sé una ventata di gioia pura, tanti sorrisi per tutti e allegria contagiosa. Entra in un posto dove non conosce nessuno e nessuno l’ha mai vista di persona, prima di oggi.
Ma sembra non sia così. Avete presente una vecchia amica che torna a casa?
Catena.
La prima caratteristica che non passa inosservata è l’empatia che apre la strada ai suoi passi; che la precede come un’aura magica. Nessun imbarazzo, nessuna timida distanza. È informale, indossa jeans, scarpe da ginnastica e un gran sorriso.
È lì per presentare il suo ultimo libro “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”,ma non ha bisogno di mediatori, di presentatori. È una persona sui generis. Si basta, e basta a chi ha di fronte.
Lei conversa generosamente col pubblico, rispondendo a ogni domanda, intervallando il racconto con aneddoti e siparietti fuori programma. Resta in piedi, per agevolare tutti i convenuti. Non vuole il microfono, tra amici non serve.
Il libro. La storia di una famiglia come tante. La storia di un miracolo nato dalla forza, dal sacrificio, dall’unico punto fermo da cui, al tempo dei fatti narrati, si poteva partire: l’amore reciproco.
La storia della sua famiglia. Dove una madre casalinga e un padre appuntato della Guardia di Finanza dovevano far crescere nel migliore dei modi quattro bambini, inventandosi, laddove non bastava il denaro, un’alternativa fantasiosa ma plausibile per farli sentire comunque appagati e felici.
Il racconto si snoda sulle strade della provincia siciliana dove si viveva in comunità molto semplici e amiche, dove non ci si sentiva mai soli e si aveva, facendo grossi sacrifici, la possibilità di affrontare ogni oggettiva limitazione con una certa libertà. Quella di andare dalla bottegaia, fare la spesa e pagare il 27 di ogni mese, ad esempio. Quella di sentirsi felici mangiando una granita o di non aver bisogno di partire per le vacanze, per fare una vacanza.
Lei racconta e tu vedi quella madre che, vestita di tutto punto, si avvicina ai fornelli come il pittore alla tela immacolata e inventa un pranzo da Re, usando poveri ingredienti, la sua fantasia e la voglia di far felice la famiglia. Pranzi indimenticabili, così come gli odori.
Lei racconta e tu senti il profumo ecumenico del pane, che è di tutti ed è quotidiano. Dove per pane si intende l’alimento base di ogni comunità e il seme di ogni vita.
Niente è più metaforico del pane.
Lei parla di un padre capace di una generosità illimitata che nasceva da un altissimo senso di curiosità e immedesimazione verso le condizioni dei suoi simili. Bellissimo il racconto dell’incontro tra il papà ed una famiglia di Milano che chiedeva indicazioni su un albergo. Lui, gentile e disponibile, diede le informazioni, ma gli alberghi erano pieni e dunque la famiglia di Milano era senza alloggio. Dove poteva andare a cercare ristoro dopo un viaggio così lungo? A casa Fiorello, naturalmente.
Una dimora non proprio comoda, diciamo pure modesta. Ma piena delle caratteristiche che trasformano i muri in casa. Calore, affetto, condivisione, parole, sorrisi. Cura dell’altrui felicità.
Una casa che crea nostalgia in chi ascolta.
Una famiglia che non ha mai messo veti ma che ha accompagnato i figli nel percorso della crescita, dando loro fiducia e libertà, mostrando comprensione sempre.
Due genitori che hanno fatto delle loro vite un esempio da seguire.
Da quelle esistenze, i giovani Fiorello hanno preso ogni goccia, unendo una grande umanità alla curiosità, alla limpidezza di sé stessi e nei rapporti con gli altri. Da quei modelli hanno tratto la forza per affrontare la vita contando esclusivamente sulle proprie risorse, non perdendosi mai d’animo, cercando e trovando sempre una via d’uscita, sia a situazioni economiche critiche, sia ai dolori che, inevitabili, si sono prepotentemente presentati sul cammino.
Il più grande, la morte improvvisa del padre a soli 56 anni.
Non ce l’ha fatta Nicola a vedere il successo straordinario dei suoi figli. Straordinario e pure semplice; di cui sarebbe andato fiero, ben sapendo che loro sarebbero rimasti per sempre i suoi ragazzi, quelli che aveva cresciuto nella dignità assoluta di un padre perbene e ben disposto nei confronti del mondo.
Il racconto di Catena è coinvolgente ma sereno e dona molti spunti di riflessione.
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In chiusura, tra le tante dediche da scrivere sui libri, che si trasformano in colloqui cordiali e mai vissuti al risparmio, troviamo il tempo per porre a Catena alcune domande .
D. In questa storia c’è tutta l’inedita intimità del tuo vissuto familiare. Perché nasce questo libro?
R. Nasce dopo le notizie dei primi suicidi avvenute in questo tempo di crisi. Mi sembrava che parlare della situazione familiare non proprio comoda in cui ha vissuto per anni la mia famiglia potesse dare un contributo e un incoraggiamento a resistere, a non abbattersi, a usare mille mezzi per farcela. Proprio come abbiamo fatto noi.
D. Tuo padre e tua madre, un’unione felice.
R. Sì, una semplice, grande storia d’amore. Lui allegro, vitale, aperto, fiducioso, illuminato; lei pragmatica, attenta, severa, a volte sospettosa. Entrambi tesi a dare un’educazione che mi piace definire elegante. Entrambi con l’obiettivo comune di condire i giorni dei quattro figli con l’amore e nei modi che ciascuno di loro poteva dare. Mamma si è inventata di tutto per non farci mancare niente a tavola, ben sapendo che quei momenti condivisi andavano al di là del loro stretto significato. Papà si è inventato di tutto per farci accettare con originalità ogni ristrettezza che gli sembrava dovessimo subire.
D. Quando è venuto a mancare vostro padre vi siete inventati una nuova vita.
R. Sì, io mi sono trasferita a La Spezia e, pur continuando a studiare giurisprudenza, ho iniziato a fare la rappresentante di vari oggetti, tra cui le macchinette da caffè per uffici; successivamente ho avuto l’idea di mettere su un’agenzia matrimoniale serissima, che ha avuto un notevole successo e che mi ha regalato un agio insospettato. Posso ben dire di aver usato mente e fantasia per inventarmi un lavoro che potesse darmi il pane quotidiano.
D. E la passione per la penna?
R. Quella l’ho sempre avuta, ma ho potuto esprimerla solo quando ce ne sono state condizioni economiche favorevoli.
D. Dove trovi l’ispirazione?
R. Nella vita, in generale. A partire dalla ragazza che è in comunità per salvarsi dalla droga, passando per l’ anziano lasciato solo da tutti, per giungere all’amore tra due ragazzi. La vita trabocca di spunti di ogni genere.
D. Tu vivi a Roma, ma la Sicilia?
R. Io mi definisco una siciliana che abita a Roma.
D. Ne hai nostalgia?
R. No, anche perché ci torno ogni mese e non ho il tempo di essere nostalgica. Lì è sepolto il mio papà e io col cimitero ho un rapporto confidenziale, non posso fare a meno di andarci.
D. Il tuo rapporto con la fede?
R. Sono cresciuta in un clima religioso, ma senza imposizioni. I miei genitori ci parlavano di Gesù e dei Santi come fossero degli amichetti. E io credo. Anche se la mia è una religione un po’ anarchica.
D. Paura della morte?
R. Ho paura del passaggio che precede quel momento. Ma non della morte.
D. Vostro padre non ha vissuto il vostro successo.
R. Rosario era diventato speaker a Radio DJ e mio padre addirittura si costruì un banchetto sul terrazzo per seguirlo in santa pace, senza le interferenze di mia sorella Anna e mie, che lo prendevamo in giro. Era molto orgoglioso di quel successo. Un ragazzo di Augusta, suo figlio, approdato a una radio nazionale, rappresentava una conquista enorme.
D. Ora la tua famiglia continua ad essere molto unita.
R. Come sempre. Non è cambiato nulla tra noi. I rapporti sono forti e i legami tenuti stretti da valori mai tralasciati o trascurati.
D. E il papà?
R. È con me in ogni momento. Lo sento vicino, lo sento presente.
E sorride, Catena. Senza alcuna traccia di amarezza. Una donna serena, forte di una vita formatasi in una famiglia come ce ne sono tante nel nostro Paese. Eroi di ogni giorno, che aprono gli occhi e si inventano un futuro. E non mollano mai.
Persone da lodare, da ammirare.
Il suo libro è davvero molto bello, sentimentale, sincero. Profondo.
E lei, Catena, una magnifica conferma. Ama la Puglia, questa bella signora. E promette che presto tornerà.
Noi l’aspettiamo. Il tempo è volato, stasera, a Macondo.
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