Novoli (Le) – Il 12 Gennaio, a seguito della presentazione del libro “Cartoline memoriali di un iperluogo nomato Novoli”, l’incontro con la cultura è proseguito in grande stile con la rappresentazione della “Medea” di Euripide, portata in scena dai componenti della Compagnia “La Busacca” Teatro Stabile del Salento o, secondo la modifica apportata di recente, Studio Salento, Scena di Francesco Piccolo.
Quest’ultimo, più volte attore in precedenti rappresentazioni nello stesso Teatro Comunale di Novoli, stavolta ha vestito esclusivamente i panni di regista. L’introduzione alla messa in scena, sempre intrisa di sapiente dialettica, mai fine a se stessa, si è aperta con un invito alla memoria della compianta Mariangela Melato, ricordata con un caldo e sentito applauso. A richiamare i meriti dell’attrice, definitivamente sconfitta l’11 Gennaio scorso dal tumore al pancreas che l’ha prostrata per diversi anni, è bastato riportare il commento del giornale francese “Le Figaro” relativamente alla celebre Medea del 1986 rappresentata a Parigi, per la regia di Giancarlo Sepe: “Melato, la più brava attrice del mondo”.
Un notevole apprezzamento nei suoi confronti da parte di Piccolo si è manifestato nella costruzione del carattere della sua Medea. Un temperamento rude, violento come si conviene alla vicenda: una follia senza pudore, uno scandalo che nasce e affoga nel sangue degli innocenti. La Melato aveva certamente lasciato posto ad un maggiore senso di pietà, a un malcelato nostalgico sentimento di dolore per ciò che la barbara maga assetata di vendetta aveva ormai perduto, a tratti ben più evidente della manifesta ira priva di ogni razionalità. Più madre, più esclusa e diversa, ma i colori erano gli stessi.
Tuttavia in teatro non esiste giusto o sbagliato e prendere spunto, ispirarsi, emulare i grandi maestri non è certo un delitto. Il teatro è la vita stessa, è l’uomo con le sue passioni, pertanto ammirevole e incontestabile sotto ogni aspetto la scelta interpretativa della Medea pensata da Piccolo e dalla sua giovane interprete, Claudia Mancino. Assolutamente positivo il giudizio complessivo, abbondantemente condiviso. Ciascun personaggio ha saputo rendere coerentemente e appieno, senza un solo momento di stasi (chè “la pausa nel corso di una tragedia”, aveva anticipato il regista, “è opera di macelleria”)ma con viva, coinvolgente tensione e suspence il dettato dello scritto del tragediografo greco. Semplice, simbolica, diretta, giusta la scenografia: pannelli immacolati su sfondo nero e oggetti tipici della oikos greca a contornarli.
Appropriata anche la scelta dei brani musicali che erano poi i fili conduttori di una trama in crescendo, angosciante, didascalica: e su questo si avrebbe materiale sufficiente per scriverci dei manuali, qualcuno ci ha già pensato. “I greci”, ha ribadito Piccolo “hanno già detto tutto in queste tragedie tramandate a noi che altro non sono se non racconti, favole”. In quella lontana Grecia del V secolo a.C. la gente veniva pagata – pagata! – perché si recasse a teatro, perché qualcosa gli venisse insegnato, e da questa Medea c’è tanto da apprendere. La vicenda è famosa, perché sintetizzata male: la storia di una donna che uccide i propri figli. Sarebbe questa una dinamica “oscena”, fuori dalla scena, insomma. Non è così: la catarsi, che è purificazione come liberazione dei sentimenti, non potrebbe attuarsi se il nucleo di una complessità così ben intrecciata fosse tutto qui. E allora, non è mai troppo tardi per comprendere. Proprio Mariangela Melato nel 2001 e nel 2008 aveva visitato il nostro Salento e invitato noi tutti, la nostra terra erede di quella Grecia, a smettere di pensare il teatro come semplice diletto, perché il teatro è cultura, storia di valori profondi, alterità e identità, raffronto e punto di contatto tra il Mediterraneo e l’Europa intera. Gli sfortunati assenti del 12 gennaio si rifacciano, fruiscano di questa risorsa che è il teatro, per la vita che vi si respira. “La Busacca” ritornerà il 19 Gennaio per una parentesi comica e il prossimo anno con una rappresentazione che avrà ad oggetto la focara di Sant’Antonio Abate. Si spera per allora in una maggiore affluenza anche e soprattutto di giovani, considerato che l’età media di questa serata si aggirava attorno ai 60 anni di età.
Sarebbe un vero peccato, non lasciamoci sfuggire simili occasioni.
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