Giuseppe Pellegrino, medico e psicoterapeuta, con Mostruosità Letterarie, agile volume edito da Milella, intraprende un viaggio, una ricerca, un’introspezione, coraggiosa e accorta, nella propria interiorità, pronto e attento a riportare in superficie tutto ciò che quest’immersione nell’anima può rivelargli. Un mettersi a nudo, un dare voce, un ascoltare i propri vissuti, i propri pensieri soprattutto quelli più cupi che gli consentiranno di approdare da un “pessimismo ad uno speranzoso ottimismo”.
Un bel libro “sentito” come tutte le cose profonde e vere, dove Mostruosità, ha un rimando ad un evento improvviso e inaspettato che porterà lo scrittore a guardarsi dentro… A seguire il dipanarsi dei suoi intensi pensieri e riflessioni, per poi “emergere” con nuove consapevolezze che gli consentiranno di confrontarsi sperimentandosi con una rinascita che placa, acquieta.
“Sono salpato dalla terraferma in un giorno di calma e bonaccia… mi sono trovato da lì a poco naufrago di me stesso, senza bussola, senza riferimenti, sballottato dalle correnti…”. Il lettore attento ravviserà nel libro, un monito, un invito all’introspezione, a guardarsi dentro, per dare il giusto volto ai fantasmi/mostruosità che albergano in ognuno di noi; un invito ad essere migliori e a creare un contatto più forte con noi stessi, perché solo chi sa ascoltare attentamente se stesso è in grado di ascoltare gli altri. Nel libro inoltre, viene enfatizzato, oltre che “il guardarsi dentro” anche “ lo scrivere” come potente strumento di conoscenza e di esplorazione di sé. Pensieri, riflessioni, racconti, aforismi, poesie scorrono come delle “diapositive” nel tessuto narrativo del libro, fatto di pezzi di intensi vissuti dell’autore impegnato ad “entrare in intimo contatto con se stesso, con le proprie emozioni e pensieri, teso all’ascolto di sé” cogliendone sfumature e complessità. Un raccontarsi accorato fatto di fluidità e di “risvegli” intrisi dalla voglia di rompere schemi appresi e consolidati sostituendoli con nuove visioni della realtà.
L’autore ci conduce in questo libro lungo un percorso profondo, cercando di emergere da un vortice di sofferenze: “Voglio parlare di me, voglio raccontarmi”, “parlando mi prendo cura di me”; pezzi di interiorità quindi, vengono così rivelati ed esternati, sul filo a volte di un velo di nostalgia, a volte rabbia, altre volte con fare gioioso avvalendosi di suoni onomatopeici, in un’ incessante oscillazione tra passato e presente, tra malinconia e dolore e speranza, tra morte e rinascita. Il tutto contemplato da un uomo, lo scrittore attento a ritrovarsi dopo al termine di quel suo lungo viaggio interiore, riscoprendosi un uomo nuovo: “Mi sento più forte..sono un altro me, non ho più schemi precostituiti, sono aperto alla vita ed alla fruizione della bellezza del creato, perché una cosa fondamentale che ho imparato dall’esperienza dell’essere a rischio di vita è che non c’è più niente di più vitale dell’ammirazione disinteressata della bellezza della vita stessa, in tutte le sue forme e manifestazioni”. Lo scrittore “naufrago” alla fine del suo “viaggio” approda ad un risveglio emotivo ed esistenziale, scoprendo di essere capace di “meravigliarsi ancora” e di “guardare alla vita” con occhi nuovi segnati dalla consapevolezza più profonda.