Teresa Cacciatore nasce a Gallipoli e, dopo aver concluso gli studi a Parma, si trasferisce in Trentino dove vive e svolge la professione di Ostetrica. Scrittrice, poetessa, ha ottenuto numerosi riconoscimenti partecipando a concorsi letterari, tra cui l’ultimo il Premio letterario “La Città della Rosa” 2019 (Aulla), in cui si classifica al primo posto nella sezione poesia inedita col testo dal titolo “Le parole che non amo”; a seguire: 45° Premio Letterario Casentino 2020, con segnalazione di merito per poesia inedita; Premio Internazionale di Poesia e Letteratura “Ascoltando i silenzi del mare”, Isola d’Elba 2020; VIII Premio Internazionale di Poesia e narrativa “Città di Sarzana” 2020. Nel 2019 è stata pubblicata la sua prima raccolta poetica ”Idume”. “Intimo Cielo” 2021 è la sua seconda silloge.
Il fiume Idume attraversa con le sue acque il suggestivo centro storico di Lecce, facendo capolino nei sotterranei di antichi palazzi nobiliari prima di raggiungere il mare. Come nasce la sua silloge e perché ha scelto questo titolo?
La mia silloge nasce dal bisogno di dare voce a un mondo interiore e Idume è quel fiume sotterraneo, quel luogo nascosto, esiliato, muto ma profondamente sentito, apparentemente oscuro che attende di essere celebrato e portato alla luce attraverso la parola.
Dai suoi versi traspare un’inquietudine accolta, analizzata, scandagliata. Un’inquietudine protesa a dare un senso profondo alla vita. Qual è il suo rapporto con questo stato d’animo?
L’acqua, per eccellenza simbolo archetipico dell’inconscio, è l’elemento naturale che più mi rappresenta. Nel suo fluire, è movimento della vita, visto anche sotto l’aspetto dell’inquietudine che non va confusa con fragilità o qualche forma di nevrosi, ma che aiuta a riconoscere ciò che si sta muovendo o smuovendo dentro di noi. Ci sono infinite potenzialità della vita che restano nell’ombra, nel desiderio inespresso, al di sotto della coscienza. E’ quindi un’ inquietudine sana, una molla che ci proietta in avanti, apre scenari nuovi e mette in atto forze dello spirito rimaste latenti.
Pessoa afferma: “E’stato in un mare interiore che il fiume della mia vita è finito”. Quanto questa citazione è colonna portante della sua silloge?
Il fiume discende, tende verso il basso, cerca il profondo. Nel suo scorrere passa la nostra storia, passa il tempo, che non risale più alla sua sorgente, fatto non solo di lancette d’orologio o clessidre, ma è un tempo vissuto, interiore. E, forse, in quell’acqua sapevamo d’essere, ciò che di noi abbiamo riconosciuto d’essere, compreso, accettato, liberato. Oppure siamo passati senza capirlo, senza riconoscerci, anche se poi si giunge sempre al mare, in un abbraccio. E’ un po’ come tornare a casa dentro di noi. Accettarci come essere finiti perché dentro abbiamo l’infinito.
Cos’è, per lei, la Poesia’?
Ci sarebbe molto da dire e ancora tanto da scoprire, capire, riflettere, soprattutto leggendo e rileggendo i grandi autori che hanno fatto la storia della letteratura, i cui versi restano ancora attuali e vivi ai giorni nostri. La Poesia è uno spazio intimo della persona in relazione con l‘universo: un ponte tra interno ed esterno, la cui unica protagonista diventa la Vita, attraverso lo sguardo sulla natura che ci circonda, sulle cose, sulle vicende umane. Ha molto a che fare anche col sacro, con la preghiera. Ma soprattutto la Poesia deve essere utile, riflettere la società, cercare di dare una direzione. Credo molto nella potenza della parola poetica come strumento per sancire i diritti umani, reclamare la dignità umana e combattere o denunciare le ingiustizie per costruire un mondo migliore.