Leggere i versi di Marcello Buttazzo è come intraprendere un cammino fantastico e avvincente che porta verso i luoghi dell’anima. Un cammino interiore inquieto, introspettivo, a volte anche “faticoso” ma sempre appassionato e appassionante, che conduce verso una luce cercata e puntualmente trovata, svelandone i moti interiori più profondi.
La raccolta prende il titolo da un verso del testo numero quarantuno: “Il cielo degli Azzurri destini”. Tema dominante dell’intera silloge è l’Amore declinato in tutta la sua dualità: estasi e tormento, gioia e dolore, luce e ombra. Da sfondo la quotidianità dello scrittore, ma non solo, c’è: la Madre terra salentina “scorticata da venti di tramontana”; “la voce del mare, il suo rumore che evoca vite-tempeste e vite limpide azzurrate”; c’è un tempo che “lentamente và”; la scoperta del “bello che si cela nelle piccole cose”; l’esplodere della Passione: “sul sogno ritorni come sposa arresa nei rosai di rose roventi”; “nuda verrai come anima velata di spudorati pensieri”; “ascolterò le tue parole, parole seducenti che sono la più vera filosofia che vorrei praticare”. C’è la profondità dello scrittore in tutta la propria consapevolezza. Ci sono i ricordi di famiglia e principalmente il ricordo del padre e della madre alla quale la silloge è dedicata.
I versi dello scrittore attingono a moti di malinconia e solitudine, “ad un cuore perennemente in subbuglio”, ad un intenso mondo emotivo scandagliato e rivelato al lettore, risuonatore di affetti, emozioni, sentimenti, sensazioni, sogni, illusioni. Nella vena poetica di Buttazzo la tristezza non è mai uno stato d’animo negativo, tutt’altro, è un forte contenuto e ha una funzione preparatoria vitale, portatrice di vita e speranza. Ed ecco che tutto ciò che dallo scrittore viene scrutato, è osservato con gli occhi dell’Anima, occhi che fanno luce anche nel buio più profondo. Il dolore viene esorcizzato, svestito dalle sue cupe brume: “catturare nel pugno il dolore e farne bellezza”, “la vita è foschia che va rischiarata”. Non è un caso se, il sole è molto evocato nell’intera silloge: “il sole saetta, giallo vivo folgore e ardore”; “dimmi del sole che continua a lumeggiare sulle umane miserie”; “berrò il sole per vedere di giorno”; “c’è il sole stasera per strada. C è il sole nei piani obliqui dell’anima”; “una voglia insaziata di sole eterno”; “vorrei portare il sole a te che sei strabilio e bocciolo d’incanto”; “Sei sole. Il sole che scalda”; Vedrai nel sole la mia danza frenetica di rondini fanciulle”.
Il lettore viene immerso in una scrittura meditativa, in grado di metterlo in contatto con “il punto luce che ognuno ha in sé nel profondo”. Stile, raffinatezza, eleganza, si rincorrono nei versi, dove l’Io poetico dello scrittore è intriso di ritmi ovattati, rallentati, fermati in un “non tempo”, un tempo che fluendo lentamente ferma le cose, le accarezza … il tutto calato in una malinconia cullata, desiderata e preziosamente “accolta”. Buttazzo ancora una volta illumina e incanta con la sua inconfondibile alchimia di delicatezza e profondità.
Marcello Buttazzo è nato a Lecce. Vive a Lequile, nel cuore della Valle della Cupa Salentina. Ha studiato biologia con indirizzo antropologico alla Sapienza di Roma. Ha pubblicato decine di opere, la maggior parte di poesia. Scrive periodicamente su Spagine, del Fondo Verri. Tra le pubblicazioni in versi ricordiamo: “E’ l’alba” (Manni Editore), “Origami di Parole” ( Pensa Editore), “Verranno rondini fanciulle” (i Quaderni del Bardo Edizioni).