Giuseppe Pascali, ne “Il sigillo del marchese” la fragilità di un uomo.

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Il sigillo del marcheseNovoli (Le) – Continua la rassegna letteraria organizzata dal web giornale “Paisemiu.com – Notizie dal salento”, che ieri sera ha visto tenersi il suo quarto appuntamento.

La serie di incontri, inaugurata lo scorso 24 ottobre, ha ospitato la grafologa Candida Livatino, la scrittrice novolese Giulia Reale e i fratelli Franco e Antonella Caprio. Ieri sera, dunque, è stata la volta di Giuseppe Pascali e del suo romanzo storico “Il sigillo del marchese” (Lupo Editore).

L’incontro, tenutosi come di consueto nella Saletta della Cultura “G. Vetrugno” in via Matilde, a Novoli, è stato moderato da Marcella Negro e Peluso Dalila (redattrici della testata giornalistica).

Giuseppe Pascali, oltre che scrittore anche giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno, ci ha tenuto a sottolineare che “con Il sigillo del Marchese si è voluta pubblicizzare la storia e la cultura dei Cavallinesi e del nostro sud in generale. Io stesso – ha dichiarato l’autore – pur abitando a quattro passi dal Castello di Cavallino e dal Convento non conoscevo la storia dei due cuori. Avevo sempre visto le statue, del marchese e della machesa, come se si tenessero per mano. Solo dopo alcune ricerche nell’archivio di Cavallino, casualmente sono venuto a conoscenza della vicenda e ho notato che le statue tengono tra le mani un cuore. Con il mio libro, molti miei compaesani mi hanno ringraziato per aver messo luce sulle nostre origini”.

Il romanzo rende noto, infatti, un avvenimento davvero singolare realmente accaduto: il marchese Francesco Castromediano, alla morte prematura della moglie, la marchesa Beatrice Acquaviva d’Aragona, le fa estrarre il cuore, che conserverà poi in una cassetta dopo averlo fatto imbalsamare. All’interrogativo posto all’autore se quest’atto non abbia rasentato davvero la follia piuttosto che “l’amore folle”, Pascali ha risposto così: “In effetti, parliamo di un gesto di disperazione. Io ho voluto soffermarmi su un aspetto in particolare perché lampante: un uomo distrutto per la perdita della sua amata, un cavaliere impavido che viene messo a tappeto dalla morte, sebbene non fosse la sua. Ho raccontato tutta la fragilità di un uomo…”.

L’incontro si è poi concluso con una domanda personale e più diretta all’autore: se gli piace scrivere più da giornalista o da scrittore. Giuseppe Pascali ha risposto senza perplessità: “Scrivere un romanzo è sicuramente più soddisfacente che scrivere un articolo. Si mette in moto la nostra fantasia e si parte. Ma devo dire che il mio mestiere mi aiuta molto a controllarmi: la fantasia senza controllo non è sempre positiva, può diventare un fiume in piena. Proprio in questo mi aiuta essere un giornalista, a trovare l’equilibrio che sta nel mezzo”. 

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