I proverbi: saggezza senza tempo

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È noto che il racconto dei proverbi costituisce sempre un momento in cui necessita di un’attenzione particolare come ricordano le parole di Salomone: «Inclina il tuo orecchio ed ascolta le parole dei saggi».

In effetti, dalla loro narrazione emerge la memoria di un’esperienza che viene da molto lontano; trattasi di saggezza popolare reiterata e perpetuata di generazione in generazione fino ad essere tesaurizzata, divenendo prudenza pratica ed insegnamento per tutti, tanto che nessuno, letterati ed artisti compresi, riesce a sfuggire al suo fascino.

Interessante a questo proposito l’opera pittorica I Proverbi fiamminghi realizzata dall’artista olandese Pieter Bruegel il Vecchio. Il collezionista Pieter Stevans di Anversa, nel 1668, nel suo inventario, lo cataloga come Le Monde reversé, représenté par plusieurs proverbes et Moralités. Attraverso ognuna delle circa 80 scene rappresentate si esprime un autentico riconoscimento del valore e dell’ironia della saggezza popolare.

È però risaputo che non tutti sono disponibili a seguire e recepire i consigli dell’ “orrenda vecchiaia” tanto che non deve stupire se il personaggio Olivetta, ne Le finte gemelle, o sia Le germane in equivoco (1774), del compositore pugliese Niccolò Piccinni, arriva ad esternarsi in questo modo: «Ma con que’ proverbi, / con quelle sentenze / mi secca».

Ma cosa sono in realtà i proverbi, spesso citati dalle persone anziane, depositarie di quel sapere che in una società di ‘esperti’ ed opinionisti rischia di diventare cosa di altri tempi?

A chiarire dubbi e quant’altro ci ha pensato Giuseppe Giusti nei suoi Proverbi toscani (metà del XIX secolo). Egli, rivolgendosi all’amico Francioni, riferisce: «intendo quel dettato che chiude una sentenza, un precetto, un avvertimento qualunque […] Di fatto troverai qui, oltre un tesoro di lingua viva e schiettissima, una raccolta d’utili insegnamenti a portata di tutti, anzi un manuale di prudenza pratica per molti e molti casi che riguardano la vita pubblica e privata».

Un esempio che mi piace citare è tratto dal romanzo I Malavoglia di Verga ove l’anziano pescatore e capofamiglia Padron ‘Ntoni si esprime così: «Ognuno all’arte sua, e il lupo alle pecore». Trattasi di un proverbio colmo di ‘veridicità’ tanto da non stupire la sua diffusione, pur in presenza di varianti, attraverso altri dialetti.

Ecco allora che nella versione calabrese diventa: «Ognunu all’arte sua e ru lupu a re piecure», mentre in Puglia si conoscono ben due  trasposizioni: Arte chi àrte e u lùpe a re pècre, oppure L’arte all’arte e lu lupu a li pecri; curiosa anche la versione friulana: «Ognidun al à la so art» ove, ancora una volta, si afferma che ognuno deve fare il proprio mestiere che, detto in altri termini, chi non possiede capacità, ovvero una preparazione specifica per una determinata professione conviene lasci fare a chi possiede competenze piuttosto che, per dirla con Landino,  avventurarsi in quelle situazioni spiacevoli di presuntuosa ignorantia.

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Compositore, Direttore d’Orchestra, Flautista e Musicologo. Curioso verso ogni forma di sapere coltiva l’interesse per l’arte, la letteratura e il teatro, collaborando con alcune riviste e testate giornalistiche. Docente presso il Conservatorio di Perugia, membro della SIdM (Società Italiana di Musicologia), socio dell’Accademia Petrarca di Arezzo, dal 2015 ricopre l’incarico di Direttore artistico dell’Audioteca Poggiana dell’Accademia Valdarnese del Poggio (Montevarchi-Arezzo).

1 COMMENTO

  1. Ecco un articolo di piacevolissima lettura, che rappresenta la quadratura del cerchio, mettendo insieme cultura d’élite, saggezza biblica e leggerezza “calviniana”.
    Grazie,maestro!

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